L’OGGI E IL DOMANI DELL’INFERMIERE IN CARDIOLOGIA
Claudio Coletta
Area Nursing ANMCO – Azienda USL RME – ROMA
Essere
infermiere in un moderno reparto ospedaliero di cardiologia
comporta, allo stato attuale delle conoscenze tecniche e con gli
standard organizzativi vigenti, l’acquisizione di competenze,
capacità, spirito d’iniziativa ed esperienza di altissimo
livello. Tutto questo viene attualmente richiesto al personale
infermieristico di cardiologia, sia che esso operi in una unità
di terapia intensiva, sia che si trrovi a svolgere assistenza
clinica nell’ambito di un reparto di degenza riabilitativa,
tanto per citare due situazioni contrapposte.
L’implementazione
di protocolli terapeutici infermieristici autonomamente gestiti,
ad esempio nel trattamento insulinico ed eparinico in terapia
intensiva, o nella somministrazione della TAO, è stata
confermata come pratica estremamente diffusa dal recente
Censimento Infermieristico delle UTIC presentato al
Cardionursing ANMCO del 2007, e comporta l’assunzione di un
livello di responsabilità sostanzialmente analogo a quello
comunemente accettato per il cardiologo clinico, nell’ambito
delle linee guida di trattamento concordate e fatte proprie dal
personale della singola unità operativa complessa. D’altra
parte, la sempre più comune e diffusa implementazione delle
apparecchiature di emodialisi, dei contropulsatori, dei sistemi
di assistenza maccanica respiratoria, anche in questo caso
dimostrata dai risultati del Censimento Infermieristico,
comporta la necessità che l’infermiere di cardiologia apprenda e
faccia proprie le nozioni tecniche, sia teoriche che
applicative, necessarie al corretto utilizzo di tali
strumentazioni, di regola decisive per la sopravvivenza del
paziente critico.
Ecco allora come
nell’ambito della stessa figura professionale, in relazione alle
conoscenze specifiche richieste, debbano forzatamente venirsi a
coniugare competenza clinica ed esperienza, manualità tecnica e
conoscenza avanzata dei sistemi di diagnosi e cura, incluso il
loro funzionamento e la possibilità di errore diagnostico,
insita in tutte le procedure tecnologiche, e non solo
nell’uomo.
Anche nell’ambito
dei servizi di diagnostica, sia essa invasiva o non invasiva, le
competenze richieste all’infermiere di cardiologia sono
molteplici, complesse, e vengono necessariamente integrate su
piani sovrapposti, esattamente in modo analogo a quanto avviene
per il cardiologo clinico moderno. Ecco allora che
all’infermiere sarà richiesto di saper montare e smontare un ECG
Dinamico, ed eventualmente di saperne scaricare e filtrare
preventivamente i dati sulla relativa unità pc, di saper
assistere un test ergometrico o un test cardiopolmonare, di
saper gestire in prima persona tutti i compiti della complessa
assistenza infermieristica all’ecocardiografia da stress, o di
conoscere le tecniche di assistenza all’intubazione e di
disinfezione delle sonde nell’ambito dell’ecocardiografia
transesofagea. E’ evidente come tutto questo comporti una
preparazione specifica estremamente avanzata, al punto tale che
nei servizi di diagnostica è regola comune la suddivisione delle
competenze infermieristiche nell’ambito dei singoli laboratori,
spesso in maniera ancora più specifica e paradossalmente
“rigida” di quanto non avvenga per il cardiologo. E’ superfluo
citare come tutto questo si verifichi anche nell’ambito della
diagnostica invasiva e nella cardiologia interventistica,
laddove ormai è universalmente accettata l’esistenza di
infermieri competenti in elettrofisiologia ed
elettrostimolazione o di infermieri esclusivamente addetti alla
sala di emodinamica, questi ultimi di regola inseriti, non
casualmente, nei turni di reperibilità per le procedure di
angioplastica primaria.
Tutto questo è
chiaro, dunque, e risulta comunemente accettato e praticato
nella realtà operativa quotidiana. Ancora, in obbedienza alle
più comuni regole del risk management e della clinical
governance, tutte le procedure necessarie per la correzione
degli errori, compreso lo strumento degli audit periodici,
vengono implementate nella pratica quotidiana parallelamente
all’utilizzo delle linee-guida di trattamento infermieristico,
intese nell’accezione più generale del termine.
Ecco allora, alla
luce di questa realtà nuova e complessa dal punto di vista
gestionale, peraltro evidente in tutti i settori della medicina
e della chirurgia e non solo in cardiologia, la necessità di
ridefinire il ruolo dell’infermiere, sia che si trovi a operare
nelle strutture ospedaliere sia che venga assegnato
all’assistenza sul territorio (dove i problemi sono diversi, ma
la complessità operativa è altrettanto in crescita di quella
descritta per i reparti di degenza). Di pari passo, occorre
ridelinearne l’iter formativo a partire dalle stesse procedure
di ammissione ai corsi universitari.
Il legislatore è
stato sensibile a queste istanze, ed è così che negli ultimi
dieci anni molto è cambiato delle norme che regolano la fase
formativa dell’infermiere, attraverso l’introduzione degli
stessi strumenti didattici e dello stesso schema già in uso per
il personale medico laureato, fatto salvo, ovviamente, la durata
e la tipologia del corso di studi. Allo stato attuale, dunque,
per il giovane infermiere che si accinge ad intraprendere la
professione scelta, si offre la possibilità di intraprendere un
perfezionamento tecnico-culturale attraverso l’ingresso in un
Master di I Livello, che offrirà un’ampia rosa di scelte
professionali, ben al di là della tradizionale formazione per
Infermiere Coordinatore (la vecchia funzione di caposala,
originariamente quasi unica possibilità di avanzamento di
carriera nell’ambito della professione infermieristica). Fra
queste opportunità mi sembra importante ricordare i numerosi
Master formativi per infermieri di Area Critica, sia essa
cardiologica o no, e la possibilità di accedere ai Master per
Infermiere Specialista, vera e propria rivoluzione culturale e
“ideologica” nell’ambito della professione.
Non è un caso che
sulla via segnata dalle leggi del 2001 (1) e del 2006 (2), in
quasi tutte le facoltà di infermieristica clinica stiano
nascendo Master d I livello dedicati alla formazione di
infermieri specialisti in ecocardiografia clinica, in ergometria
e valutazione funzionale, in elettrofisiologia, in emodinamica,
tanto per rimanere nel solo ambito cardiologico. Spetta adesso
ai decisori pubblici valutare le modalità tecnico-amministrative
per inserire tali nuove figure professionali, formate e
preparate al compito specifico, nell’ambito delle piante
organiche delle nostre aziende, ma sarà necessario fare in
fretta, considerando la spietata concorrenza che le strutture
sanitarie private, specialmente nel nord del paese, stanno
operando in tale ambito, rivolgendosi agli infermieri
specialisti ove questi siano disponibili, ovviamente.
Resta infine il
biennio di specializzazione, finalizzato al conseguimento della
laurea magistrale, a numero rigorosamente chiuso e di difficile
accesso allo stato attuale (le ultime statistiche del 2007
citano un rapporto fra ammessi e partecipanti alle prove di
ammissione di oltre 1:11!) anche per lo scarso numero di facoltà
dove è stato attivato. Eppure sarà proprio ed esclusivamente
dalle scuole di specializzazione che potranno uscire i futuri
dirigenti della professione, che si troveranno ad operare
nell’ambito di dipartimenti “trasversali” di assistenza
infermieristica all’interno delle aziende sanitarie, reali e
definitivi modelli di organizzazione dell’attività lavorativa
affidati esclusivamente a chi appartiene a “quella” professione,
e non, come accade finora, delegati ai sanitari e semplicemente
applicati nelle realtà locali dai coordinatori dei servizi di
reparto.
RIFERIMENTI
1)
“Disciplina
delle Professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della
riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica”
Legge n° 251 – GU 10 Agosto 2000
2)
“Disposizioni
in materia di PS infermieristiche, ostetrica, riabilitative,
tecnico-sanitarie e della prevenzione: delega al Governo per
l’istituzione dei relativi Ordini Professionali “ Legge n° 43
- GU 01 Febbraio 2006