L’oggi e il domani
della cardiologia ospedaliera
Francesco Chiarella
U.O. di Cardiologia - Osp. Santa Corona - Pietra Ligure (SV)
Le acquisizioni scientifiche
generate dai grandi trial e lo straordinario sviluppo della
tecnologia e dell’informatica hanno impresso negli ultimi
decenni una formidabile accelerazione a molti settori della
Medicina ed in particolare alla Cardiologia. Non si può parlare
del presente e del futuro della Cardiologia senza parlare del
presente e del futuro della figura del Cardiologo e senza
considerare lo specifico contesto del sistema sanitario del
nostro Paese. Il profilo del Cardiologo, fin dall’origine
caratterizzato da una forte impronta umanistica e generalista,
sta evolvendo condizionato dai nuovi assetti del Servizio
Sanitario Nazionale e dalla crescita della tecnologia. In pochi
lustri si è passati dalla specialità alle superspecialità, oggi
appare riduttivo essere semplicemente un Cardiologo, occorre
essere almeno un Cardiologo Intensivista o un Esperto dell’imaging,
un Emodinamista o un Elettrofisiologo. La figura del Cardiologo
Clinico, ancorchè con competenze specifiche, sembra perdere
rilievo e spessore. Affiora una crisi di identità, per certi
aspetti sintonica con la crisi di identità del Medico, sempre
meno clinico, sempre più tecnico, talvolta anche burocrate.
Proviamo a guardare al domani, a
gettare l’occhio avanti di dieci, di venti anni: la Cardiologia
da che cosa verrà caratterizzata? Dalla caduta di molte
barriere, dalla multimedialità, dalla globalizzazione,
dall’automazione, dalla disponibilità di qualsivoglia conoscenza
rintracciabile via Internet in tempo reale. I percorsi saranno
sempre più standardizzati, anche la Cardiologia risentirà della
crescita del sistema assicurativo e del clima indotto
dall’incremento dei contenziosi. L’intero comparto
dell’emergenza migliorerà sul piano della organizzazione e
dell’efficacia, i giovani cardiologi saranno meglio preparati e
meno disponibili ed avranno maggiori difficoltà nel ricondurre a
sintesi un eccesso di informazioni. Diminuirà la durata dei
ricoveri ed il numero dei posti letto, crescerà il ricorso alle
degenze giornaliere (day hospital, day service), verranno
fortemente sviluppate le cure domiciliari. Per motivi economici
la scure dei tagli si abbatterà sulle strutture scarsamente
produttive, si imporranno piani di ristrutturazione e tagli
drastici, per nulla confrontabili con le attuali sforbiciature.
Si ridurrà l’inappropriatezza per incompetenza o per
superficialità e si diffonderà un nuovo tipo di inappropriatezza,
indotta dalle pretese dei cittadini condizionati da persuasori
mediatici più o meno occulti sulla necessità di accedere a
prestazioni o sottoporsi a procedure poco utili e molto costose.
Si risentirà, più di quanto accada oggi, delle politiche di
marketing e dei numeri delle prestazioni, una inarrestabile
frenesia spingerà verso trattamenti le tecnologie d’avanguardia,
di cui verranno minimizzati gli effetti collaterali. Ma la
criticità maggiore investirà proprio l’identità del Cardiologo.
Senza un adeguato rinnovamento riguardante le motivazioni, la
professionalità ed il “capitale umano” l’intero sistema
tenderà al collasso (1). Come Antony De Maria, uno dei grandi
maestri della Cardiologia mondiale, afferma in un recente
editoriale (2), i Cardiologi del futuro considereranno
irrinunciabile la qualità della propria vita, guarderanno con
distacco ai tempi in cui la passione guidava il lavoro dei loro
predecessori, si differenzieranno sulla misura del tempo e della
remunerazione, non accetteranno di svolgere ricerche
scientifiche senza remunerazione, non saranno disponibili a
lavorare in Cardiologia Interventistica sottonumero per coprire
gg 365 h 24 come in tante realtà è finora accaduto. La
cardiologia ospedaliera dovrà riorganizzarsi inventando nuovi
modelli, ancorandosi alla centralità della clinica, operando
una decisa valorizzazione delle risorse umane, dando
funzionalità e fluidità a percorsi oggi lenti e tortuosi. Per
poter mantenere la peculiarità cardiologica nella trasformazione
delle realtà ospedaliere i Cardiologi dovranno ridisegnare con
coraggio il loro lavoro, aprire gli spazi alla valorizzazione
del merito (riconoscimento retributivo e di carriera) accettare
differenti gradi di competenza e di posizione, verticalizzando
l’attuale appiattimento dei ruoli. Si apriranno i fronti della
genetica e della genomica, l’applicazione delle nanotecnologie e
della robotica, verranno prodotti ed impiantati devices e
sistemi miniaturizzati sempre più intelligenti. Le
modificazioni demografiche e l’aumento dell’età media della
popolazione con i conseguenti problemi legati a cronicità e
polipatologia apriranno spazio alla figura del Cardiogeriatra.
I sistemi di monitoraggio a distanza trasformeranno le modalità
di cura, i parametri biologici e funzionali verranno
costantemente monitorati con la conseguenza di ridurre i momenti
di rapporto umano e di aumentare il senso di solitudine dei
Pazienti. Gli Psicologi verranno chiamati per fornire supporto
ai cardiopatici con plurimi devices in costante monitoraggio a
distanza e concluderanno che nessun monitoraggio vale l’incontro
personale con il Cardiologo: il problema della solitudine del
Paziente non sarà simbolico ma reale.
Si riproporrà ad oltranza il
problema della centralità della clinica, della posizione del
Paziente / domanda che dà ragione della competenza del
Cardiologo / risposta. Diverranno ineludibili le problematiche
connesse con il fine vita, le coscienze saranno fortemente
interrogate e scosse dalle decisioni riguardanti la sospensione
delle cure e l’accanimento terapeutico. I Cardiologi lotteranno
per respingere l’esclusività di una ricerca orientata a ricadute
produttive e per affermare una ricerca non limitata a centri
elitari ma intesa come educazione alla riflessione critica e
alla investigazione libera e originale. Andrà riscoperta e
riproposta la dignità della professione e tutto quanto viene
racchiuso nell’aggettivo “professionale”.
Bibliografia
1.
Vittadini G. Il Capitale umano
2. De Maria A.:
Of Cardiologists, Future and Past.
J
Am Coll Cardiol, 2008; 51:2370-2371
