Resincronizzazione cardiaca:
le indicazioni certe e quelle possibili
Andrea Campana
Dipartimento “Cuore”Azienda Ospedaliera Universitaria
San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona SALERNO
Lo scompenso cardiaco è tra le
più importanti cause di morte nei paesi industrializzati. La
prevalenza è di 3-20 casi per 1000 soggetti, raggiungendo i 100
casi per 1000 nell’età>65 anni; l’incidenza annuale è di 1-5
nuovi casi per mille, raddoppiandosi per ogni decade di età
oltre i 45 anni (1,2,3). Tali dati spiegano come lo scompenso
cardiaco sia responsabile del 5-10% di tutte le
ospedalizzazioni; in particolare, si stima che in Italia, ogni
anno, vengano ricoverati 65000 pazienti con questa diagnosi (3).
Il 30% circa dei pazienti con scompenso presenta una
compromissione funzionale cardiaca di grado avanzato ( classe
III-IV NYHA), con prognosi infausta a breve-medio termine: la
mortalità annuale è del 24.8% nei soggetti in classe NYHA III e
del 36.7% in quelli in classe IV; inoltre, mentre nei pazienti
in classe NYHA II la mortalità risulta essere prevalentemente di
tipo improvviso aritmico, nelle classi più avanzate essa è
legata alla progressione della disfunzione ventricolare (4).
Benché la progressiva
introduzione nella terapia dello scompenso di farmaci come gli
ACE-inibitori, i beta-bloccanti, lo spironolattone, abbia
migliorato la sintomatologia dei pazienti scompensati, la loro
prognosi rimane deludente; per tale motivo vi è stato un
crescente interesse scientifico sui fattori clinici e
strumentali che potessero ricoprire un ruolo nel deterioramento
della meccanica cardiaca, come ad esempio i ritardi della
conduzione; il blocco di branca sinistra (BBS) è presente in
oltre il 30% dei pazienti in classe III-IV NYHA(5) ed è
responsabile di importanti alterazioni della cinetica
ventricolare sinistra e della sincronia di contrazione tra i
due ventricoli (6).
Sulla base di tali
considerazioni fisiopatologiche, era stato ipotizzato che la
stimolazione artificiale precoce della parete ventricolare
sinistra potesse essere capace di ripristinare l’attivazione
sincrona tra setto e parete libera, con ripercussioni positive
sulla meccanica ventricolare, agendo anche sulla componente
funzionale dell’insufficienza mitralica, a sua volta determinata
dall’asincrona contrazione dei muscoli papillari. I primi
tentativi di stimolare il ventricolo sinistro furono effettuati
mediante elettrodo epicardico da Cazeau e Coll. nel 1994 (7);
successivamente, Daubert e Coll. introdussero la stimolazione
transvenosa del ventricolo sinistro in una casistica di 47
pazienti con QRS>150 msec, denominando tale approccio “terapia
di resincronizzazione cardiaca” ( CRT) (8).
Studi in acuto dimostrarono
effetti senza dubbio favorevoli sui parametri emodinamici di
funzione sistolica ventricolare sinistra; successivi “trials”
controllati evidenziavano benefici sui sintomi, sulla morbilità
e sulla mortalità; tali benefici apparivano correlati alla
durata basale del QRS e alla ottimizzazione degli intervalli A-V
e V-V, benchè studi con ampie casistiche evidenziassero una
percentuale non trascurabile di “non responders” (9).
Partendo da tali premesse,
l’attenzione dei ricercatori si è andata concentrando sulla
ricerca di parametri ecocardiografici in grado di definire
accuratamente il grado di dissincronia elettromeccanica,
localizzando la parete ventricolare più ritardata; sono stati
individuati numerosi indici di ritardo intra ed
interventricolare, misurati con ecocardiografia tradizionale,
“Doppler Myocardial Imaging”, “Strain Imaging” ed
ecocardiografia tridimensionale.
L’uso di tali parametri, insieme
alla presenza di fattori clinico-elettrocardiografici,
consistenti nella presenza di BBS con durata del QRS tra 120 e
150 msec, frazione di eiezione ventricolare sinistra (FE)
ridotta (30-35%) e sintomi di insufficienza cardiaca nonostante
terapia medica ottimizzata, è servito ad individuare i pazienti
con indicazione alla CRT.
Tuttavia, uno studio
multicentrico recente ha dimostrato che, benché alcuni
parametri potessero predire in maniera statisticamente
significativa un miglioramento clinico e lo sviluppo di un
rimodellamento inverso del ventricolo sinistro, la sensibilità e
la specificità di essi appariva piuttosto modesta; i risultati
del PROSPECT suggeriscono che le varie misure ecocardiografiche
usate in questo studio per definire la dissincronia
ventricolare, sono state inefficaci nel distinguere i
“responders” dai “ non responders” e non dovrebbero costituire
un elemento decisivo nel processo di “decision making” (11).
A fugare ogni dubbio sulla
consolidata importanza della CRT, una recente metanalisi su
sei grandi studi, ha dimostrato che essa riduce la mortalità per
ogni causa del 28% e la riospedalizzazione per peggioramento
dell’insufficienza cardiaca del 37% in pazienti con scompenso
cronico ( 12).
Le linee-guida 2008
dell’ American College of Cardiology/American Heart Ass./
Heart Rhythm Society indicano la
terapia di resincronizzazione in Classe I con livello di
evidenza A per i pazienti con sintomi gravi di insufficienza
cardiaca che abbiano FE ≤ 35%, un QRS di durata ≥ 120 msec,
ritmo sinusale ed una classe funzionale NYHA III o IV nonostante
una terapia medica ottimale (13).
Tale tipologia di pazienti è
quella dalla quale ci si aspetta il migliore risultato dalla
CRT; difatti, in questo caso, la stimolazione biventricolare
viene guidata dall’attività sinusale, potendo ottenere, in tal
modo, un aggiustamento non solo dei tempi di attivazione V-V, ma
anche la non trascurabile opportunità di regolare un
intervallo A-V ottimale.
Tuttavia, le stesse linee-guida
prevedono , in Classe IIA, due altre categorie di pazienti
suscettibili di CRT: la prima, con livello di evidenza B, è
quella dei pazienti in fibrillazione atriale (FA) e con restanti
caratteristiche identiche a quelle dei soggetti con indicazione
di classe I; la seconda categoria, con livello di evidenza C, è
quella dei pazienti in Classe NYHA III-IV e con F.E.≤ 35% e che
abbiano dipendenza frequente dal “pacing” per un blocco
atrio-ventricolare avanzato ( il QRS largo di base non è una
condizione necessaria per questa indicazione).
Nel primo caso, benchè un trend
verso il miglioramento della sopravvivenza e la riduzione delle
riospedalizzazioni sia stato dimostrato in pazienti con FA
trattati con CRT (14), vi è necessità di una maggiore quantità
di studi randomizzati per dimostrare che tale terapia possa
produrre un significativo beneficio in questa categoria di
pazienti.
Nei pazienti che necessitano di
elettrostimolazione permanente, una strategia “ minimamente
desincronizzante”, soprattutto in quelli con segni di
compromissione funzionale del ventricolo sinistro, sarebbe una
scelta desiderabile (15) ; due studi controllati inerenti questo
argomento, il BIOPACE ed il BLOCK-HF Study, daranno delle
risposte più sicure nel giro di qualche anno. Nell’attesa, la
CRT potrebbe essere applicata ai pazienti anche senza BBS, che
necessitino di “pacing” permanente per blocco atrio-ventricolare
totale e che rispondano alle caratteristiche previste dalle
linee-guida ACC/AHA/HRS, che, a questo proposito, coincidono con
quelle dell’ESC. In un recente studio di Shimano e Coll., la
CRT si è rivelata efficace nel risolvere segni clinici e
strumentali di insufficienza cardiaca, sviluppatasi dopo un
lungo periodo di stimolazione apicale destra in 19 pazienti
stimolati per blocco atrio-ventricolare (BAV) primitivo (16).
La possibile esistenza di dissincronia ventricolare in pazienti
con blocco di branca destra (RBB) anche senza deviazione assiale
sinistra (17), apre le porte ad una possibile indicazione alla
CRT anche in questa tipologia di pazienti, tenendo ben presente
che per essi , diversamente dai pazienti con BBS, assumerebbero
un maggior ruolo nel processo decisionale gli indici
ecocardiografici di dissincronia, insieme, ovviamente, ai dati
clinici della Classe NYHA e della F.E.
La CRT trova una indicazione
emergente nelle cardiopatie congenite, laddove la correzione
chirurgica abbia dato esito ad un BAV completo o ad un
prolungamento patologico dell’intervallo HV ( situazione che può
esitare nello sviluppo successivo di morte improvvisa), o anche
come ponte al trapianto cardiaco, quando ci si trovi in presenza
di evidenti manifestazioni cliniche di insufficienza cardiaca
(18).
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