Terapia della sincope
Maurizio
Santomauro, Livio Benedetto Tecchia,
Carmine Liguori, Gennaro
Galasso, Pasquale Abete, Gianluigi
Galizia, Massimo Chiariello
Dipartimento di Scienze
Cardiovascolari, Università Federico II,
Napoli
La necessità di iniziare una
terapia preventiva e la relativa importanza di perseguire uno
o entrambi questi obiettivi variano
in relazione a molte circostanze cliniche specifiche. Gli
obiettivi della terapia sono: la prevenzione delle recidive
sincopali e dei traumi associati; il miglioramento della qualità
di vita. In generale, la terapia iniziale di tutte le forme di
sincope riflessa neuromediata
comprende l’insegnamento di misure comportamentali atte a
evitare le circostanze scatenanti (ad es.,
gli ambienti caldi e affollati, l’ipovolemia,
l’effetto della tosse, un colletto stretto, ecc.), a riconoscere
i sintomi prodromici e a compiere
manovre in grado di far abortire l’episodio
sincopale (ad es., assunzione
della posizione supina). Inoltre, se possibile, le strategie
terapeutiche dovrebbero essere indirizzate direttamente verso i
fattori scatenanti (ad es., trattare
la causa della tosse in caso di sincope da tosse).
Sincope
vasovagale
Nonostante il fatto che la sincope
vasovagale sia probabilmente la causa più frequente di
tutte le perdite di conoscenza, le strategie terapeutiche sono
ancora basate su una incompleta
comprensione della fisiopatologia della sincope. D’altra parte,
data la frequenza con cui la sincope
vasovagale si manifesta, esiste una ricca esperienza
clinica cui attingere. Le Linee guida per la diagnosi ed il
trattamento della sincope vasovagale
necessitano principalmente di rassicurazione
ed educazione riguardo la natura del disturbo. Questa
affermazione deriva dalla consapevolezza della natura benigna
della malattia. In particolare, sulla base dell’analisi
della loro storia clinica i pazienti
dovrebbero essere informati sulla probabilità di recidiva
sincopale. I consigli iniziali dovrebbero anche includere una
rianalisi dei sintomi premonitori
tipici che possono permettere a molti pazienti di riconoscere un
episodio imminente e quindi evitare una franca sincope. Di
conseguenza, quando possibile, è necessario evitare punture
venose (ad es.,
evitare donazioni di sangue), ma può essere anche necessario un
decondizionamento psicologico.
Inoltre, dovrebbero essere discusse ulteriori misure di buon
senso, quali evitare l’ipovolemia,
la stazione eretta prolungata e/o gli ambienti caldi e
ristretti. Molti farmaci sono stati usati nel
trattamento della sincope vasovagale
(beta-bloccanti, disopiramide,
scopolamina, clonidina,
teofillina,
fludrocortisone, efedrina,
etilefrina,
midodrina, clonidina,
inibitori della captazione della serotonina, ecc.). Nella
sincope vasovagale è stato
ipotizzato che i betabloccanti,
grazie al loro effetto inotropo
negativo, riducano il grado di
attivazione dei meccanocettori
associata a un’improvvisa riduzione del ritorno venoso e
blocchino gli effetti di elevate concentrazioni di adrenalina
circolante, ma questa teoria non è stata supportata dai fatti.
Il razionale per l’uso dei beta-bloccanti viene a mancare in
altre forme di sincope neuromediata
e può risultare dannoso nelle sindromi da insufficienza del
sistema nervoso autonomo. I beta-bloccanti possono aggravare la
bradicardianella sindrome
senocarotidea e in tutte le altre
forme cardioinibitrici di sincope
neuromediata. Poiché l’incapacità a
mantenere un’adeguata vasocostrizione dei vasi periferici è
comune a tutte queste condizioni cliniche, si possono impiegare
farmaci ad azione vasocostrittrice. I farmaci vasocostrittori
sono potenzialmente più efficaci nell’ipotensione
ortostatica causata da disfunzione
neurovegetativa che nelle sincopi
neuromediate. Sebbene efficaci, i farmaci vasocostrittori
usati in passato (cioè l’amfetamino-
simile metilfenidato e le
catecolamine) presentano parecchi
effetti avversi maggiori dovuti al loro potente effetto sul
sistema nervoso centrale. L’alternativa è rappresentata
dai nuovi agenti alfa-stimolanti,
midodrina ed
etilefrina. L’etilefrina è
stata studiata in un braccio dello studio
randomizzato controllato contro placebo VASIS. L’etilefrina
si è mostrata inefficace e il braccio dello studio è stato
interrotto. La paroxetina è
risultata efficace in uno studio controllato contro placebo che
includeva un gran numero di pazienti severamente sintomatici
arruolati in una singola istituzione. Dai risultati dei
laboratori dove si esegue il tilt test emerge che in genere l’elettrostimolazione
cardiaca non è in grado di prevenire la sincope, sebbene
possa prolungare la fase prodromica.
Di conseguenza esiste un forte consenso di opinione che l’elettrostimolazione
cardiaca dovrebbe
svolgere
solo un ruolo minore nel trattamento dei pazienti con sincope
vasovagale. A questo
proposito,
la maggior evidenza a sostegno di tale terapia è fornita dal
North American
Vasovagal Pacemaker Study e
dallo studio europeo VASIS pubblicato recentemente. In ambedue
gli studi, l’obiettivo era il trattamento di pazienti che
manifestavano prevalentemente sincopi
cardioinibitrici. Nel caso del North
American Study, la recidiva
sincopale era significativamente minore nel gruppo pacemaker
rispetto ai pazienti di controllo. Tuttavia, questi studi
presentano dei lati deboli e dovranno essere completati
ulteriori trial di follow-up
indirizzati a chiarire molte di queste limitazioni (in
particolare il potenziale effetto placebo
dell’impianto del pacemaker) prima che l’elettrostimolazione
cardiaca possa essere considerata una terapia affermata non solo
in un gruppo selezionato di pazienti con
sincope vasovagale
recidivante.
Sindrome
senocarotidea.
La sindrome senocarotidea è stata
da molto tempo riconosciuta come una
potenziale causa di sincope. Tuttavia, nella pratica clinica la
sua importanza probabilmente è stata spesso sottostimata. È
controversa la frequenza con cui l’ipersensibilità
senocarotidea sia responsabile di
episodi sincopali spontanei (cioè la sindrome
senocarotidea). Questa controversia
può essere in parte risolta considerando separatamente la
sindrome carotidea “spontanea” e
quella “provocata”. Si può definire “sindrome
senocarotidea spontanea” la sincope
che, in base all’anamnesi, si manifesta in stretta correlazione
con una compressione accidentale dei seni
carotidei e che spesso può venire
riprodotta dal massaggio del seno carotideo.
La sindrome senocarotidea spontanea
è rara e rappresenta solo l’1% di tutte le cause di sincope.
Dall’altro lato, la “sindrome senocarotidea
provocata” è una definizione più generica e tale diagnosi può
essere fatta anche nel caso in cui non si
dimostri una stretta relazione tra la compressione del
seno carotideo e la sincope. Di
conseguenza, la sindrome senocarotidea
provocata viene diagnosticata nei
pazienti che presentano una risposta patologica al massaggio del
seno carotideo e hanno una
valutazione negativa per altre cause
di sincope. Così definita, la sindrome
senocarotidea è molto più frequente,
venendo riscontrata nel 26-60% dei pazienti affetti da
sindrome di natura indeterminata. Inoltre, la sindrome
senocarotidea può essere
responsabile di molti casi di sincope o
caduta inspiegata nei pazienti anziani.Il
trattamento deve essere guidato dai risultati del
massaggio del seno
carotideo. L’elettrostimolazione
cardiaca risulta efficace nella sindrome
senocarotidea ed è riconosciuta terapia di scelta in caso
di documentata bradicardia. Nella maggior parte dei casi
viene preferita l’elettrostimolazione
cardiaca bicamerale sebbene sia stato
dimostrato che l’elettrostimolazione
cardiaca monocamerale
ventricolare possa essere sufficiente
in quei casi relativamente infrequenti in cui manca sia una
marcata componente vasodepressiva
sia il cosiddetto “VVI pacemaker effect”.
Sincope
situazionale.
Con il termine di sincope situazionale
si fa riferimento a quelle forme di sincope
neuromediata associate a specifiche circostanze (ad
es.,
minzione, tosse, defecazione, alzarsi dalla posizione
accovacciata, ecc.). Il meccanismo dell’ipotensione differisce
da un caso all’altro. In alcuni casi (ad es.,
la sincope da tosse e la sincope che segue la minzione
[cosiddetta sincope post-minzionale])
la condizione sembra essere principalmente su base riflessa
neuromediata. In altre situazioni
(ad es.,
sforzo, accovacciamento) il
meccanismo risulta in gran parte non correlato a un’attività
riflessa. Tuttavia, poiché le strategie di trattamento sono
simili, è logico trattarle insieme. La terapia della maggior
parte delle forme di sincope situazionale
neuromediata si basa principalmente
sull’evitare o correggere gli eventi scatenanti. Analogamente,
nella sincope da tosse (ad es.,
nella bronchite cronica ostruttiva o
nell’asma bronchiale) è facilmente
identificata la tosse quale evento scatenante, ma non si riesce
a ottenere facilmente la completa soppressione (il trattamento
ideale). In altri casi è impossibile evitare
l’esposizione alle situazioni scatenanti (ad
es., imprevedibili disturbi emotivi
o stimoli dolorosi, motilità intestinale [sincope da
defecazione], svuotamento della vescica [sincope
post-minzionale]). Nelle condizioni
in cui non è possibile evitare completamente le circostanze
scatenanti, possono essere intraprese alcune strategie generali
di trattamento: mantenimento della volemia;
postura protetta (ad es.,
posizione seduta piuttosto che eretta); cambiamenti lenti della
postura (ad es., attendere di
alzarsi dopo aver defecato); consapevolezza del maggior rischio
ad alzarsi da un letto caldo. In condizioni specifiche possono
essere utili alcuni ulteriori consigli, come l’impiego di
accorgimenti che ammorbidiscano le
feci nei pazienti con sincope da defecazione, evitare un
eccessivo introito di liquidi (soprattutto alcool) prima di
coricarsi nel caso di sincope
post-minzionale ed evitare bevande troppo fredde, grossi
bocconi di cibo o uno spasmo esofageo nella sincope da
deglutizione. I pazienti con sincope
situazionale spesso hanno una risposta positiva al
massaggio dei seni carotidei e/o al
tilt test. In uno studio81 questa correlazione era presente
rispettivamente nel 33% e nel 49% dei casi. Di conseguenza, è
stato suggerito che il trattamento della sincope
situazionale può essere guidato
dalla risposta a questi test soprattutto per
decidere l’impianto di un
elettrostimolatore cardiaco permanente. Tuttavia,
sono necessari ulteriori studi per stabilire se questo
sia il caso.
Ipotensione
ortostatica.
Gli obiettivi del trattamento sono: la prevenzione delle
recidive sincopali e dei traumi associati; il miglioramento
della qualità di vita. Nei pazienti con ipotensione
ortostatica è cruciale definire la
diagnosi della malattia sottostante. L’insufficienza
neurovegetativa indotta dai farmaci è probabilmente la causa più
frequente di ipotensione ortostatica.
La principale strategia terapeutica consiste nell’eliminare il
farmaco responsabile. Solo in casi sporadici questo non è
possibile per il carattere indispensabile del farmaco
responsabile. I farmaci più importanti in questo contesto sono i
diuretici e i vasodilatatori. L’alcool, a prescindere dal fatto
che può causare una neuropatia sia neurovegetativa sia somatica,
è anch’esso comunemente associato all’intolleranza
ortostatica. Il meccanismo di
quest’ultimo effetto comprende sia un’azione acuta diretta sul
sistema nervoso centrale sia una deplezione
centrale di volume. La principale strategia di trattamento
consiste nell’evitare l’agente causale. Una conoscenza dinamica
della fisiologia e della fisiopatologia del controllo della
pressione arteriosa è cruciale nel trattamento dei pazienti con
insufficienza neurovegetativa primitiva
e secondaria. Il principale obiettivo della terapia dovrebbe
consistere nel migliorare la sintomatologia dovuta a
ipoperfusione cerebrale (ad
es.,
sincope, presincope,
stato confusionale, ecc.). Il
trattamento può migliorare i sintomi
ortostatici in maniera rilevante, anche quando
l’incremento della pressione arteriosa
sistolica è relativamente
modesto (10-15 mmHg); un incremento
della pressione arteriosa media appena sufficiente a far sì che
la pressione arteriosa si trovi nuovamente nella zona di
autoregolazione può rappresentare una
differenza funzionale sostanziale. L’espansione cronica del
volume intravascolare, ottenuto
incoraggiando un maggior introito alimentare di sodio e un
apporto di liquidi di 2-2,5 litri al
giorno. Opzioni terapeutiche addizionali sono
rappresentate dall’impiego del
fludrocortisone a basse dosi
(0,1-0,2 mg al giorno) e l’inclinazione della testata del letto
per mantenere il capo sollevato al fine di permettere
l’attivazione durante il sonno dei
meccanismi di compenso attivati dalla gravità. Ridurre
l’accumulo di sangue nelle estremità, che avviene per effetto
della gravità, per mezzo di calze o tute
elastiche che fascino le cosce e l’addome.Utilizzare
seggiolini portatili. Pasti piccoli e frequenti con ridotto
contenuto di carboidrati. Adottare contromanovre fisiche quali
incrociare le gambe e l’accovacciamento.Un
prudente esercizio fisico delle gambe e dei
muscoli addominali, in particolare il nuoto. Nei casi in
cui i metodi non farmacologici sono
inefficaci, il trattamento
farmacologico può essere indicato
come misura aggiuntiva. I farmaci, tuttavia, possono aggravare
l’ipertensione supina. Inoltre, la terapia
farmacologica è spesso meno utile nel contesto di
ipotensione in corso di esercizio fisico o in ambiente caldo.
L’impiego di steroidi mineraloattivi
(ad es.,
fludrocortisone) va preso in
considerazione in prima istanza. Ulteriore beneficio si può
ottenere con i farmaci che aumentano le resistenze
periferiche e riducono la tendenza
allo spostamento gravitazionale del volume centrale nei
distretti periferici. La midodrina
risulta di particolare interesse, considerati il
crescente impiego e un’esperienza
generalmente positiva. Se l’associazione di
fludrocortisone e farmaci
vasocostrittori non produce l’effetto desiderato, si dovrebbe
considerare la consulenza di centri specializzati nella
valutazione e nel trattamento dell’insufficienza
neurovegetativa. È stata impiegata l’elettrostimolazione
cardiaca a frequenza relativamente elevata, ma non è stata
oggetto di rigorosi studi e attualmente non è considerata di
valore terapeutico.
Aritmie cardiache come causa
primaria di sincope.
Gli obiettivi del trattamento
sono: la prevenzione delle recidive sincopali, il miglioramento
della qualità di vita, la riduzione del rischio di mortalità.
Per aritmie cardiache quali causa principale di perdita di
coscienza si intendono i disturbi del ritmo associati a
cardiopatia organica o altre anomalie strutturali (ad
es.,
presenza di vie accessorie
atrioventricolari) e sono tra le cause più frequenti di
sincope. In questo gruppo sono inclusi la malattia intrinseca
del nodo del seno (bradi- e tachiaritmie),
i disturbi del sistema di conduzione, le
tachicardie sopraventricolari e ventricolari. Il
meccanismo della perdita di conoscenza in queste situazioni è
multifattoriale e dipende dalla
frequenza dell’aritmia, dalla funzione ventricolare sinistra e
dall’adeguatezza dei meccanismi di compenso vascolare
(includendo il ruolo potenziale dei
riflessi neuromediati).
Malattia del nodo del seno
(inclusa la sindrome bradicardia/tachicardia).
La decisione
riguardo la strategia terapeutica
deve considerare obbligatoriamente la gravità e la natura delle
aritmie sintomatiche, così come il contesto clinico. Recenti
acquisizioni suggeriscono che, quando la sincope avviene nei
pazienti con bradicardia sinusale,
frequentemente la causa è un disturbo del sistema nervoso
autonomico. In generale, l’elettrostimolazione
cardiaca è indicata e si è dimostrata
altamente efficace nei pazienti con bradicardia
sinusale quando viene dimostrato che
una bradiarimia è responsabile della
perdita di coscienza. L’elettrostimolazione
cardiaca permanente riduce frequentemente i sintomi, ma non
influisce sulla sopravvivenza dato che essa non dipende
dall’aritmia. Inoltre, poiché una diagnosi di disfunzione
sinusale è strettamente associata a
una risposta cronotropa
inappropriata, può essere giustificato l’impiego di
elettrostimolazione
rate-responsive (in particolare
elettrostimolazione
rate-responsive
atriale) anche con lo scopo di
evitare l’obnubilamento del visus o la sincope durante
sforzo fisico. Nella disfunzione sinusale,
la stimolazione fisiologica (atriale
o bicamerale) si è dimostrata definitivamente
superiore alla stimolazione VVI. La
stimolazione fisiologica riduce il rischio di sviluppare
fibrillazione atriale ed
embolismo sistemico. Questa può
anche migliorare la qualità della vita,
migliorando i sintomi di scompenso cardiaco
congestizio, bassa portata e angina
pectoris e quindi migliorare la
sopravvivenza. Nella malattia del nodo del seno, pertanto, la
stimolazione VVI o VVIR dovrebbe essere evitata. I pazienti con
disfunzione sinusale sono spesso
trattati con un’ampia varietà di farmaci che possono aggravare o
smascherare una sottostante suscettibilità alla bradicardia e
provocare pause di durata sufficiente per causare una sincope.
Per esempio, la digitale, i beta-bloccanti, i
calcioantagonisti e i farmaci
antiaritmici attivi sulla membrana
(soprattutto sotalolo e
amiodarone) sono utilizzati per
trattare le tachiaritmie
atriali coesistenti. Alcuni di
questi stessi farmaci e molti altri farmaci
simpaticolitici che causano
bradicardia sono utilizzati per trattare l’ipertensione
arteriosa, un problema comune nella popolazione, generalmente
anziana, affetta da disfunzione sinusale.
Pertanto, un provvedimento importante
nella prevenzione delle recidive sincopali è la sospensione dei
farmaci potenzialmente dannosi. Tuttavia, quando non è possibile
sostituire tali farmaci, può essere
necessaria l’elettrostimolazione
cardiaca. In pazienti selezionati, affetti dalla variante
bradicardia-tachicardia della malattia
senoatriale, le tecniche ablative cardiache
percutanee per il controllo delle
tachiaritmie
atriali stanno assumendo una crescente importanza, ma
raramente sono utilizzate per la prevenzione della sincope.
Malattia del sistema di
conduzione atrioventricolare.
Di regola, sono più
frequentemente correlate con una sincope le forme più gravi di
blocco AV acquisito (cioè il blocco Mobitz
tipo II, il blocco di grado “avanzato” e il blocco AV completo).
In questi casi il ritmo cardiaco può diventare dipendente da
segnapassi sussidiari (spesso
inaffidabili). La sincope (descritta nel 38-61% dei casi)
è dovuta alla lunga pausa che precede
l’emergenza dell’attività del ritmo di scappamento. Inoltre,
questi segnalassi
di scappamento hanno una frequenza
relativamente bassa (da 25 a 40 batt/min);
di conseguenza la sincope o la presincope
possono essere conseguenza di una inadeguata
perfusione cerebrale. La bradicardia, inoltre, prolunga
la ripolarizzazione e predispone
alla tachicardia ventricolare polimorfa, soprattutto la torsione
di punta. A parte l’impiego di atropina (o
isoprotenerolo) in alcune forme di blocco AV transitorio
(ad es.,
quello associato a eventi a genesi
neuromediata, incluso l’infarto
miocardio acuto della parete inferiore), l’elettrostimolazione
cardiaca permanente ha sostituito la terapia
farmacologica nel trattamento della
sincope con blocco AV sintomatico. Una deduzione logica, ma non
provata, è che la cardiostimolazione
può risultare salvavita anche nei pazienti con blocco di branca
e sincope nei quali si sospetti che il meccanismo della perdita
di coscienza sia un blocco AV intermittente. Tuttavia, è
fondamentale considerare la possibilità che una
tachiaritmia ventricolare sia
responsabile della perdita di coscienza, poiché molti pazienti
che presentano diversi gradi di malattia del sistema di
conduzione hanno una concomitante significativa disfunzione
ventricolare sinistra.
Tachicardie parossistiche
sopraventricolari e tachicardie
ventricolari.
Di regola, le tachicardie sopraventricolari sono meno
frequentemente considerate quale causa
di sincope tra i pazienti inviati a valutazione
elettrofisiologica per una perdita
di conoscenza da causa indeterminata.
Al contrario, le tachiaritmie
ventricolari tendono a essere una più frequente e seria causa di
sincope. La frequenza della tachicardia, la
volemia, la postura del paziente al momento dell’inizio
dell’aritmia, la presenza di malattie
cardiopolmonari associate e l’integrità dei riflessi
vascolari periferici di compenso sono i fattori chiave nel
provocare un’ipotensione di gravità tale da causare la perdita
di coscienza. Di regola, se si manifesta una sincope o una
presincope, questo avviene
all’inizio di una tachicardia parossistica prima che i
meccanismi di compenso vascolare (la vasocostrizione)
possano intervenire. Tuttavia, la
sincope si può anche manifestare al termine della tachicardia se
interviene una pausa prima del ripristino di un ritmo
atriale stabile. Un importante
esempio di quest’ultimo scenario è
rappresentato dai pazienti con fibrillazione
atriale parossistica e disfunzione
del nodo del seno. Una componente riflessa (che impedisce
o ritarda la vasocostrizione
compensatoria) può svolgere un ruolo
importante quando la sincope si manifesta in associazione a una
tachiaritmia sopraventricolare,
soprattutto quando la frequenza
cardiaca non è particolarmente elevata. Analogamente, l’azione
dei farmaci può interferire con i meccanismi di compenso
vascolare.Nel caso di
tachiaritmie sopraventricolari,
esistono pochi dati relativi a studi con
follow-up a lungo termine che abbiano
esaminato l’efficacia di una terapia
farmacologica antiaritmica convenzionale quando la
manifestazione clinica di presentazione era la sincope.
L’ablazione transcatetere è
divenuta un’opzione terapeutica con
un alto rapporto costo- efficacia e nelle tachicardie
parossistiche sopraventricolari è probabilmente il trattamento
di scelta. La sincope causata da torsione di punta non è rara e
rappresenta, nella forma acquisita, la conseguenza dell’uso
di farmaci che prolungano
l’intervallo QT. Il trattamento consiste nell’immediata
sospensione dei farmaci sospetti .
Nel caso di sincope dovuta a tachicardia ventricolare, la
terapia farmacologica può essere
utile nel contesto di un cuore normale o di una lieve
disfunzione cardiaca. Vanno presi in considerazione in prima
istanza i farmaci di classe III (soprattutto l’amiodarone),
considerati il loro basso rischio
proaritmico e l’impatto emodinamico
ben tollerato. Ciò nonostante, nei pazienti con funzione
cardiaca depressa, data la difficoltà a garantire un’efficace
profilassi in questa popolazione ad alto rischio, è raccomandato
l’impiego del defibrillatore automatico impiantabile (ICD).
Attualmente, le tecniche ablative risultano metodiche
appropriate di prima scelta solo in pochi casi di tachicardia
ventricolare, specificatamente la tachicardia del tratto di
efflusso del ventricolo destro, la tachicardia da rientro
branca-branca e le cosiddette tachicardie ventricolari sinistre
sensibili al verapamil. A proposito
di dispositivi impiantabili per
tachiaritmie ventricolari sintomatiche, numerosi studi
prospettici di trattamento forniscono l’evidenza dell’efficacia
dell’ICD in termini di rischio di morte rispetto a un approccio
farmacologico convenzionale. Sebbene
questi studi non siano indirizzati direttamente ai pazienti con
sincope, è ragionevole estendere le osservazioni a quei pazienti
con sincope nei quali sono evidenziate
tachiaritmie ventricolari e
ridotta funzione ventricolare sinistra. Esistono alcune
situazioni, in accordo con questi studi, nelle quali il
trattamento con ICD è considerato utile nell’interrompere le
tachiaritmie ventricolari sincopali
e forse nell’aumentare la sopravvivenza .
Disfunzione del dispositivo
impiantato (pacemaker, ICD).Raramente,
i dispositivi impiantabili di
elettrostimolazione sono stati ritenuti responsabili di
sincope o presincope. Più
frequentemente, tuttavia, la sincope in tali
pazientinon è correlata con il
dispositivo. Quando la sincope è attribuibile al dispositivo
impiantato, questa si può verificare come il risultato di un
esaurimento della batteria, di un guasto del generatore o dell’elettrocatetere
in un paziente pacemaker-dipendente. In questi casi è indicata
la sostituzione del dispositivo o dell’elettrocatetere
che elimina il problema. In alternativa, alcuni
pazienti possono sviluppare tali
sintomi come risultato di una “sindrome da pacemaker”. In caso
di sindrome da pacemaker, la
riprogrammazione del pacemaker per eliminare il problema
è in genere fattibile, sebbene occasionalmente sia necessaria la
sua sostituzione (cioè, la sostituzione
di uno stimolatore singola camera con uno atrio-guidato). Anche
gli ICD possono essere associati alla sincope se essi falliscono
di riconoscere e/o trattare un’aritmia
sintomatica o se un trattamento efficace avviene in
ritardo. La riprogrammazione
dell’ICD generalmente risolve il problema. Non vi sono ampi
studi che hanno esaminato tali
problemi, ma l’esperienza clinica ne suggerisce l’adeguatezza .
Cardiopatia organica o malattia
cardiopolmonare.
Gli obiettivi della terapia sono:
prevenzione delle recidive sincopali, riduzione del rischio di
mortalità. Una cardiopatia organica o una malattia
cardiopolmonare sono spesso presenti
nei pazienti anziani affetti da sincope. Tuttavia, in questi
casi, le cause più frequenti della perdita di coscienza sono le
aritmie associate alla cardiopatia organica. In termini di
sincope direttamente attribuibile a una cardiopatia organica la
più comune è quella che si manifesta durante
ischemia o infarto
miocardico acuti. Altre condizioni
cliniche acute relativamente frequenti associate con una sincope
sono l’embolia polmonare e il tamponamento cardiaco. Il
meccanismo della sincope in queste condizioni è
multifattoriale, comprendendo sia l’effetto
emodinamico della lesione specifica sia meccanismi
riflessi. Questi ultimi sono particolarmente rilevanti nel
contesto di eventi ischemici acuti,
esemplificati da bradicardia e ipotensione,
frequentemente associati all’infarto miocardio della parete
inferiore e che rispondono alla somministrazione di atropina. La
sincope ha un particolare significato quando
è associata a condizioni in cui esiste un’ostruzione fissa o
dinamica all’efflusso ventricolare sinistro (ad
es., stenosi
aortica, cardiomiopatia
ipertrofica ostruttiva). In questi
casi i sintomi sono spesso provocati dall’esercizio fisico, ma
possono anche manifestarsi in presenza
di un’aritmia di significato altresì benigno (ad
es., fibrillazione
atriale). La causa della perdita di
coscienza è in parte dovuta all’inadeguatezza del flusso ematico
secondario all’ostruzione meccanica. Tuttavia, soprattutto nel
caso della stenosi valvolare
aortica, un disturbo riflesso del
controllo vascolare rappresenta un’importante concausa
dell’ipotensione. Anche nella
cardiomiopatia ipertrofica (con o
senza ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro), i
meccanismi neuromediati possono
avere un ruolo, ma una tachiaritmia
atriale (in particolare la
fibrillazione atriale) o una
tachicardia ventricolare (anche con
una frequenza moderatamente elevata) sono importanti cause di
eventi sincopali. Altre cause meno comuni di sincope in questa
categoria sono rappresentate dall’ostruzione dell’afflusso
ventricolare sinistro nei pazienti con stenosi
mitralica o
mixoma atriale, l’ostruzione all’efflusso del ventricolo
destro e lo shunt destro-sinistro
secondario a stenosi polmonare o ipertensione polmonare. Il
meccanismo della perdita di conoscenza può
essere ancora una volta multifattoriale
con meccanismi emodinamici, aritmici
e neuromediati. Nella sincope
associata a ischemia
miocardica la terapia
farmacologica e/o la
rivascolarizzazione miocardia
rappresentano la strategia appropriata nella maggior
parte dei casi. Analogamente, quando
la sincope è strettamente associata a lesioni trattabili
chirurgicamente (ad es. stenosi valvolare
aortica, mixoma
atriale, cardiopatia congenita)
un approccio correttivo diretto è possibile in gran parte
dei casi. D’altra parte, quando la sincope è causata da alcune
condizioni cliniche difficili da trattare, quali l’ipertensione
polmonare primitiva o la cardiomiopatia
restrittiva, spesso è impossibile migliorare adeguatamente la
condizione clinica sottostante. Non esistono dati sull’effetto
della riduzione del gradiente nel tratto di efflusso sulle
recidive sincopali nella cardiomiopatia
ipertrofica.
Sindromi da furto vascolare.
La sindrome da furto
della succlavia è una condizione rara, ma che rappresenta la più
frequente condizione in questo gruppo. Questa situazione si può
realizzare su una base congenita o
acquisita, con una riduzione di pressione all’interno
dell’arteria succlavia che provoca un flusso retrogrado
nell’arteria vertebrale omolaterale
(soprattutto durante sforzo dell’arto
superiore). La conseguenza è una riduzione del flusso ematico
cerebrale. La sincope associata allo sforzo degli arti superiori
nel contesto di una sindrome da furto della succlavia può
richiedere un intervento chirurgico o un’angioplastica
percutanea. L’angioplastica
diretta o l’intervento chirurgico sono di
norma eseguibili ed efficaci .
Sincopi metaboliche.
I disturbi metabolici sono una
causa relativamente infrequente di una vera perdita di
conoscenza. Più spesso questi disturbi sono responsabili di uno
stato confusionale o di turbe del comportamento. Tuttavia, sulla
base dell’anamnesi non sempre è possibile una netta distinzione
tra tali sintomi e una sincope. In questa categoria, l’iperventilazione,
che causa ipocapnia e alcalosi
transitoria, può rappresentare la più importante condizione
clinica associata a compromissione
dello stato di coscienza. Non è noto se tramite l’iperventilazione
si possa avere vera perdita di conoscenza. Le basi della perdita
di conoscenza non sono chiare. Una vasocostrizione cerebrale,
causata dall’ipocapnia e
dall’alcalosi, con conseguente riduzione del flusso cerebrale, è
stata comunemente ritenuta la causa della perdita di conoscenza.
D’altra parte, la sola iperventilazione
non è in grado di provocare una perdita di conoscenza in
soggetti in posizione supina. Di conseguenza, sia che l’iperventilazione
possa o non possa causare una perdita di conoscenza, la
frequente associazione clinica con episodi di ansia e/o attacchi
di panico fa sì che questi debbano essere presi in
considerazione nella diagnosi differenziale della vera sincope.
Il paziente con perdita di conoscenza recidivante associata a
iperventilazione può avere
un’importante componente psichiatrica che può richiedere una
consulenza specialistica.
BIBLIOGRAFIA
-Levine MM.
Neurally-mediated syncope in
children: results of tilt testing, treatment, and long-term
follow-up. Pediatr
Cardiol 1999;20:331-335.
-Lewis DA,
Zlotocha J, Henke L,
Dhala A. Specificity of head-up tilt
testing in adolescents: effect of various degrees of tilt
challenge in normal control subjects. J Am
Coll Cardiol 1997;30:1057-1060.
-Perry JC, Garson A
Jr. The child with recurrent
syncope: autonomic function testing and beta-adrenergic
hypersensitivity. J Am Coll
Cardiol 1991;17:1168-1171.
-Saul JP. Syncope:
etiology, management, and when to
refer. J S C Med Assoc 1999;95:385-387.
-O’Marcaigh
AS, MacLellan-Tobert SG, Porter CJ.
Tilt-table testing and oral
metoprolol
therapy in young patients with unexplained syncope.
Pediatrics 1994;93:278-283.
-
Strieper
MJ, Campbell RM J. Efficacy of alpha-adrenergic agonist therapy
for prevention of
pediatric
neurocardiogenic
syncope.
Am
Coll Cardiol 1993;22:594
-597.
- Deal BJ,
Strieper M, Scagliotti D, et
al.
The medical therapy
of
cardioinhibitory
syncope in
pediatric
patients.
Pacing Clin
Electrophysiol 1997;20:1759-1761.
- Herner
B, Smedby B,
Ysander L. Sudden illness as a cause of
motorvehicle accidents. Br J
Int Med 1966;23:37-41.
- Driving and heart
disease. Task Force Report.
Prepared on behalf of the Task Force by MC
Petch.
Eur Heart J 1998;19:1165-1177.
- Epstein AE, Miles
WM, Benditt DG,
Camm AJ, et al. Personal and public safety issues related
to arrhythmias that may affect consciousness: implications for
regulation and physician recommendations. Circulation
1996;94:1147-1166.
-
Brignole M,
Gianfranchi L, Menozzi C,
et al.
Role of autonomic reflexes in syncope associated with paroxysmal
atrial fibrillation.
J Am
Coll Cardiol
1993;22:1123-1129.
- Alboni
P, Menozzi C,
Brignole M, et
al.
An abnormal neural
reflex plays a role in causing syncope in sinus
bradycardia. J Am
Coll Cardiol
1993;22:1130-1134.
-
Dermkasian G, Lamb LE.
Syncope in a population of healthy young
adults. JAMA 1958;168:1200-1207.
