L’ecocardiogramma transesofageo: che cos’è, come si esegue, a che cosa serve

Marco M. Patella, Rodolfo Citro, Giovanni Gregorio

U.O. Utic-Cardiologia Ospedale San Luca Vallo della Lucania

Dipartimento Cardiovascolare ASL SA 3 Vallo della Lucania

 

Che cos’è  L’ecocardiogramma transesofageo (ETE) è una metodica di esplorazione ultrasonografica del cuore per mezzo di un trasduttore montato sulla punta di un endoscopio, che, con opportune e caute manovre, viene introdotto in esofago attraverso la bocca e le fauci del paziente. Data la vicinanza anatomica dell’esofago al cuore e all’aorta toracica discendente, l’esame permette l’acquisizione d’immagini bidimensionali ad alta risoluzione delle camere cardiache e dei grandi vasi (aorta, vene cave, arteria e vene polmonari). Inoltre, per mezzo del modulo Doppler e color-Doppler, è possibile ottenere informazioni sulla funzione valvolare e sui flussi intracardiaci. Vengono usati trasduttori da 5 o 7 MHz, di dimensioni diverse per pazienti adulti o pediatrici, ma in genere di larghezza inferiore a 1.5 cm (1-2) I trasduttori per ETE di prima generazione (monoplano) avevano un solo piano di scansione, orizzontale (traversale); i trasduttori di seconda generazione (biplano) due gruppi di cristalli ultrasonori, che permettevano di acquisire immagini secondo due piani ortogonali (orizzontale e longitudinale). Le sonde oggi in uso, cosiddette multiplano, sono dotate di un trasduttore rotante che permette di acquisire immagini tomografiche continue circolari su 180°, in modo da esplorare tutti i piani adiacenti in tale spazio con minimi movimenti della sonda. L’acquisizione delle immagini avviene su piani anatomici di profondità via via maggiore (esofageo alto, medio-esofageo, transgastrico) posti a distanza crescente dalla rima buccale (o, per convenzione, dagl’incisivi), distanza indicata da tacche centimetriche segnate sul tubo dell’endoscopio. La sonda è dotate inoltre di due manopole che permettono la flessione della punta dell’endoscopio in direzione antero-posteriore e  medio-laterale (1-2). Quindi, la posizione dell’endoscopio su piani a diversa distanza dalla rima buccale, la rotazione del trasduttore da 0 a 180°, la flessione antero-posteriore e medio-laterale della sonda ed infine i movimenti impressi ad essa dalla rotazione oraria-antioraria del polso e della mano dell’operatore, permettono di acquisire informazioni anatomo-funzionali molto particolareggiate e peculiari della metodica. Un limite anatomico tradizionale dell’ETE (soprattutto con i primi trasduttori) è considerata l’esplorazione dell’aorta ascendente distale e dell’arco prossimale, per l’interposizione della trachea e dell’aria in essa contenuta; ma tale ostacolo è oggi in gran parte superabile dall’alta tecnologia dei trasduttori nonché dall’abilità ed esperienza dell’operatore.

Come si esegue L’esame è eseguito da un medico (di solito cardiologo o, più raramente, anestesista rianimatore) che abbia acquisito solida esperienza in ecocardiografia transtoracica e sicura manualità nell’intubazione esofagea. Il medico è assistito da un infermiere professionale opportunamente addestrato. Il paziente dovrebb’essere digiuno da almeno quattro ore (tranne casi di particolare urgenza) e senz’anamnesi di disfagia o malattie dell’esofago. Dopo incannulazione di una vena periferica (preferibilmente del braccio o avambraccio destro), applicazione di monitoraggio elettrocardiografico continuo e rimozione di eventuali protesi dentarie mobili, il paziente viene posto in decubito laterale sinistro e blandamente sedato. Il faringe posteriore viene anestetizzato con lidocaina spray; quindi si pone fra le arcate dentarie del paziente un boccaglio di materiale monouso o disinfettabile. La sonda, lubrificata con lidocaina gel o altra sostanza inerte, viene introdotta in esofago attraverso la bocca e le fauci del paziente. La procedura avviene in ambiente (ospedale o ambulatorio) attrezzato per fronteggiare condizioni di urgenza-emergenza fino alla rianimazione cardiopolmonare. L’esame viene in genere registrato su nastro e/o videoclip per permetterne una successiva analisi off-line o la discussione di reperti rari o controversi (1-2).  Le complicanze dell’ETE (tranne i casi di malattie gastro-esofagee misconosciute) sono rare e, in laboratori dedicati, addirittura aneddotiche (4-5); esse però vanno sempre tenute in considerazione ed opportunamente affrontate. Tra esse ricordiamo: lesioni traumatiche (fino alla rottura) di ipofaringe, esofago o stomaco; tachiaritmie sopraventricolari o ventricolari, bradicardia, laringospasmo, crisi ipertensiva, ipotensione transitoria, ipossia, peggioramento dello scompenso cardiaco. D’altra parte, è stata anche descritta la conversione a ritmo sinusale di fibrillazione o flutter atriale durante ETE (cardioversione spontanea o indotta da stimolazione vagale). Rarissimi i casi di decesso (p. es. un solo caso su 10419 esami raccolti in uno studio europeo multicentrico) (4). Più frequenti invece effetti indesiderati come fastidio, senso di vomito o agitazione del paziente (soprattutto nei primi due-tre minuti), che talora costringono all’interruzione dell’esame. Tali inconvenienti sono in genere agevolmente superabili con opportuni accorgimenti (completa spiegazione al paziente della procedura ed importanza dell’esame, blanda sedazione, cauta introduzione dell’endoscopio). Nei casi d’intolleranza all’ETE e necessità assoluta di esso, si può ricorrere alla sedazione profonda del paziente, in genere con la collaborazione dell’anestesista rianimatore.

Controindicazioni all’esame sono considerate le seguenti: malattie gravi dell’orofaringe, stenosi esofagee, varici gastro-esofagee, recenti sanguinamenti del tratto digestivo superiore (9).Segnaliamo infine che l’ETE può essere agevolmente eseguito al letto del paziente (in UTI o in reparto ospedaliero) in caso di condizioni cliniche particolarmente instabili o anche soltanto per comodità di luogo.

A che cosa serve L’ecocardiogramma transesofageo, come illustrato sopra, permette, in tempo reale, una visione ecocardiografica ad alta risoluzione delle camere e valvole cardiache, dei grandi vasi (origine e tratto prossimale) e dell’aorta toracica discendente. È inoltre una procedura ormai ampiamente diffusa sul territorio, facilmente ripetibile, di rapida esecuzione, che non espone a radiazioni ionizzanti o mezzi di contrasto iodati, eseguibile anche al letto dell’ammalato e in condizioni di urgenza (1-3). Per tutte queste caratteristiche, nello studio delle patologie cardiache, aortiche e pericardiche esso si pone come metodica d’immagine peculiare ed insostituibile, dotata di sensibilità e specificità diagnostica maggiore dell’ecocardiogramma transtoracico e generalmente non inferiore rispetto alla tomografia computerizzata (TC) e alla risonanza magnetica nucleare (RM). Tra gli svantaggi della metodica ricordiamo il fastidio per il paziente, la necessità di operatori esperti e dedicati, l’impossibilità di esplorare strutture toraciche extracardiache. Elenchiamo qui di seguito i principali campi di applicazione dell’ETE nella pratica clinica quotidiana (cardiologica, cardiochirurgica, internistica).

Fibrillazione atriale (F.A.) e flutter atriale (6-7) Nella F.A. e, meno spesso, nel flutter atriale d’incerta datazione, la cardioversione a ritmo sinusale (elettrica o farmacologica) è in genere preceduta da un ecocardiogramma transesofageo che escluda la presenza di trombi in auricola sinistra o nelle cavità atriali. In quest’applicazione l’ETE è metodica d’indagine molto accurata, soprattutto nello studio dell’auricola sinistra, sede preferenziale della formazione di trombi durante F.A. e poco esplorabile con l’esame transtoracico. La cardioversione ETE-guidata permette un più rapido ripristino del ritmo sinusale e minori complicanze emorragiche rispetto alla strategia tradizionale, che consiste nell’eseguire la cardioversione dopo tre-quattro settimane di terapia anticoagulante orale (TAO).

Ricerca di fonti emboliche intracardiache (8-9) Nell’iter diagnostico dell’ictus cardio-embolico e criptogenetico, nonché nelle embolie arteriose periferiche, è ormai frequente l’esecuzione di un ecocardiogramma transesofageo per esplorare le possibili fonti emboliche intracardiache (presenza di trombi in auricola sinistra o nelle cavità atriali, pervietà del forame ovale, masse o tumori intracardiaci, grossolane calcificazioni dell’anello mitralico, ateromasia parietale dell’arco aortico e dell’aorta discendente). In tale campo di applicazione l’ETE è esame insostituibile per la corretta diagnosi e la conseguente strategia terapeutica (trattamento con ASA o anticoagulanti orali, chiusura del forame ovale per mezzo di devices, terapia chirurgica).

Protesi valvolari (1-3, 9) Lo studio delle protesi valvolari cardiache, meccaniche o biologiche, con ecocardiogramma transtoracico soffre di molte limitazioni, dovute in primo luogo alla struttura stessa delle protesi. Il materiale metallico di cui esse sono costituite è infatti molto ecorifrangente ed ostacola l’analisi con ultrasuoni delle protesi stesse e delle strutture contigue (cosiddetto “sbarramento” o “ombreggiamento acustico”). Lo stesso, anche se in misura minore, vale per le protesi biologiche, soprattutto se calcificate e in via di degenerazione. Nello studio delle protesi valvolari e della loro patologia (trombosi, endocardite, distacco, degenerazione), l’ETE permette di superare molti dei limiti descritti ed ha pertanto potere diagnostico notevolmente maggiore dell’esame transtoracico, che rimane però utile nella valutazione iniziale ed è, per molti reperti, complementare all’ETE.

Endocardite infettiva (10) La valutazione ecocardiografica dell’endocardite infettiva, su valvole native o protesiche, ha lo scopo di confermare la diagnosi (presenza di vegetazioni e/o ascessi) e stabilire severità e meccanismo di un eventuale danno valvolare (causato in genere da rigurgito e più raramente da ostruzione valvolare). Molti studi della letteratura ed anche la pratica clinica quotidiana dimostrano che, in questo campo, l’ETE ha sensibilità e specificità diagnostica molto alte. Esso rivela la presenza di vegetazioni troppo piccole per essere riconosciute dall’esame transtoracico e, in generale, consente una valutazione morfo-funzionale più accurata e completa della malattia. Ciò è particolarmente evidente in alcune condizioni cliniche specifiche, come p. es. l’endocardite su catetere di pace-maker o su cateteri venosi centrali.

Malattie dell’aorta La diagnosi di dissezione aortica e del tipo anatomico di essa è stato, storicamente, uno dei primi e più importanti successi dell’ETE. L’ETE infatti è più accurato dell’ecocardiogramma transtoracico nella dimostrazione del flap intimale e del doppio lume nella radice aortica e nell’aorta ascendente (dissezione di tipo A), ed è inoltre metodica d’indagine privilegiata nello studio dell’aorta toracica discendente (nella dissezione di tipo A e B). L’accuratezza diagnostica complessiva dell’ETE nella dissezione aortica è paragonabile a quella dell’angio-TC (più usata sul territorio) e della risonanza magnetica (considerato da molti l’esame preferenziale nel follow up). Inoltre, l’ETE può essere eseguito più rapidamente ed anche al letto dell’ammalato, il che risulta particolarmente utile in condizioni d’instabilità emodinamica (11-12). L’ETE, per la sua alta risoluzione anatomica, permette uno studio morfologico accurato della parete aortica (intima, media, avventizia); è quindi esame fondamentale nella diagnosi di ematoma intramurale ed ulcera aterosclerotica penetrante (che, con la dissezione aortica classica, formano il substrato anatomico della sindrome aortica acuta). Dell’importanza dell’ETE per lo studio dell’ateromasia aortica si è già detto sopra (vedi “Ricerca di fonti emboliche intracardiache”). Nelle lesioni dell’aorta da trauma chiuso del torace (caduta dall’alto, incidente d’auto), che, nella maggior parte dei casi, coinvolgono l’istmo aortico, l’ETE ha una notevole accuratezza diagnostica, derivante da caratteristiche anatomiche (stretta vicinanza dell’esofago con l’aorta toracica discendente) ed operativo-logistiche (eseguibilità al letto del paziente ed anche in condizioni cliniche instabili) (13). Segnaliamo infine la possibilità del monitoraggio intraprocedurale, mediante ETE, dell’impianto di endoprotesi in aorta toracica discendente.

Valvola mitrale Gl’interventi di riparazione della valvola mitrale, soprattutto in caso d’insufficienza severa da malattia degenerativa (mixomatosi, prolasso, rottura di corde) sono oggi molto diffusi e, in caso di condizioni anatomiche favorevoli, preferiti rispetto alla sostituzione valvolare. L’ETE è l’esame di scelta nella valutazione della severità dell’insufficienza valvolare, del meccanismo anatomico che ne è causa, del lembo (anteriore e/o posteriore) e del segmento di esso coinvolti (A1-A2-A3; P1-P2-P3). Pertanto l’ETE è considerato fondamentale per la pianificazione dell’intervento chirurgico (14), ed è inoltre usato per il controllo intraoperatorio della corretta esecuzione e riuscita della valvuloplastica.

Masse cardiache e paracardiache Nella valutazione delle masse cardiache (tumori primitivi o metastatici, vegetazioni, trombi intracavitari), l’ETE è particolarmente utile per la definizione di caratteristiche anatomiche e funzionali, come dimensioni, mobilità, presenza di peduncolo, ecotessitura, impegno emodinamico, infiltrazione di strutture contigue. Tali informazioni sono fondamentali per una diagnosi presuntiva di natura e per la pianificazione dell’eventuale intervento chirurgico (1-3). Condizioni cliniche particolari sono lo studio dell’infiltrazione delle camere cardiache, dell’aorta o dell’arteria polmonare da parte di neoplasie polmonari e, più raramente, il riscontro occasionale di masse intra- o paracardiache durante ETE eseguito per altri quesiti clinici.

Insufficiente finestra acustica transtoracica Per la miglior risoluzione anatomica delle immagini, l’ETE è integrativo e sostitutivo dell’ecocardiogramma transtoracico nei casi di cattiva finestra acustica (BPCO, obesità etc.) Condizioni particolari sono lo studio di cuore e grandi vasi nei pazienti traumatizzati, nei quali concorrono varie condizioni anatomiche ostacolanti l’esecuzione o la risoluzione d’immagine dell’esame transtoracico (presenza nel torace di aria, essudati o sangue; drenaggi, strutture contentive). Discorso simile per i pazienti sottoposti da poco ad intervento cardiochirurgico (presenza di aria intratoracica, drenaggi etc.) (1-2)

Tromboembolia polmonare L’esame fondamentale e più diffuso per la conferma diagnostica e la valutazione di estensione della tromboembolia polmonare è oggi l’angio-TC del torace. Ciononostante, con l’ETE è possibile diagnosticare la presenza di trombi nel tronco principale e nel ramo destro e tratto prossimale del ramo sinistro dell’arteria polmonare, sia direttamente sia come minus di riempimento dopo somministrazione di soluzione salina ev (1-3). Ciò è particolarmente utile in pazienti che presentino controindicazioni all’angio-TC (insufficienza renale grave, allergia certa al mdc) o che siano in condizioni emodinamiche particolarmente instabili.

Arterie coronarie Mediante ETE, nel normale, è possibile la visione del tratto prossimale dell’arteria coronaria sinistra e destra (1-2). Ciò risulta particolarmente utile nel sospetto di anomalie anatomiche congenite delle coronarie. Descritta anche la valutazione ultrasonografica della riserva di flusso coronarico, basale e dopo stimolo iperemico farmacologico, nel tratto prossimale della coronaria sinistra e destra.

Monitoraggio intraoperatorio ed intraprocedurale Oltre che nella valvuloplastica mitralica, l’ETE può essere usato per la valutazione intraoperatoria di qualsiasi tipo d’intervento cardiochirurgico, soprattutto se di particolare complessità, nonché di varie procedure di elettrofisiologia e cardiologia interventistica (valvuloplastica mitralica con palloncino, puntura del setto interatriale durante studio elettrofisiologico intracavitario, applicazione di devices sul setto interatriale o in auricola sinistra, impianto di endoprotesi in aorta toracica discendente) (1-2, 6).

Bibliografia essenziale

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