I punti di attacco della terapia ipocolesterolemizzante

 

Enzo Manzato

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche

Università di Padova

 

            Le linee guida che propongono degli obiettivi terapeutici nel controllo delle dislipidemie si basano su dimostrazioni della loro utilità partendo dal rapporto tra colesterolo e malattia aterosclerotica. Questo rapporto è documentato con esperimenti nell'animale e con osservazioni su pazienti; con osservazioni epidemiologiche e con la dimostrazione che la riduzione della colesterolemia porta alla prevenzione degli eventi cardiovascolari.

Nel 1913 Anitschkow dimostrava che alimentando conigli con colesterolo purificato si producevano lesioni vascolari simili a quelle dell’aterosclerosi umana (1). Macheboeuf nel 1929 individuò le lipoproteine plasmatiche (2). Nel 1951 Russ, Eder e Barr dimostrarono che nelle donne vi erano maggiori quantità di HDL rispetto a quelle degli uomini (3). Nel 1939 Carl Müller, segnalò la associazione familiare di xantomatosi, ipercolesterolemia e coronaropatia (4). Nello stesso periodo si dimostrò che in questi pazienti l'aumento del colesterolo era dovuto alle LDL. Lo studio delle sette nazioni (Seven Countries Study) venne fatto in sette nazioni nel mondo nelle quali si andava da livelli di colesterolo molto bassi a livelli molto alti e dimostrò una correlazione tra mortalità coronarica e concentrazioni di colesterolo nel sangue (5).

            Nel 1950 a Framingham vennero rilevati i fattori di rischio di coronaropatia a quel tempo noti: colesterolo, pressione, fumo di sigarette, obesità, diabete e storia familiare. Dalle prime osservazioni apparve evidente che fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa e ipercolesterolemia costituivano fattori di rischio di eventi coronarici (6). Lo studio MRFIT nel 1986 dimostrava che su 361.662 uomini esenti da patologia coronarica, di età compresa tra 35 e 57 anni osservati per circa 6 anni a partire dal 20° percentile di colesterolemia (corrispondente a 181 mg/dl) in su la mortalità coronarica aumentava progressivamente (7). Nello studio di prevalenza delle Cliniche dei lipidi Americane (Lipid Research Clinics Prevalence Study) emergeva come la presenza di patologia vascolare costituisce un fattore che incrementa la probabilità di un secondo evento. Si dimostrava anche che la mortalità coronarica è condizionata dai valori di colesterolo, sia nei soggetti sani che nei coronaropatici (8).

            La riduzione della colesterolemia fu abbastanza limitata fintanto che si usarono la dieta o farmaci come le resine. L’introduzione delle statine nella terapia ipocolesterolemizzante ha rappresentato un’importante evoluzione sia per l’entità della riduzione del colesterolo sia per quello che tale riduzione ha comportato sugli eventi clinici (9). Una meta-analisi di 14 studi di intervento condotti con le statine su 90.056 pazienti, nei quali erano inclusi 18.686 pazienti diabetici ha riconfermato l’utilità di questo tipo di terapia nella prevenzione cardiovascolare anche dei pazienti diabetici (9). Riconsiderando questi studi appare evidente che la riduzione degli eventi cardiovascolari è stata ottenuta ogniqualvolta si sia ridotto in modo significativo il valore della colesterolemia: la colesterolemia resta dunque il parametro più strettamente legato agli eventi anche in soggetti sottoposti a terapia.

I risultati degli studi di intervento sopra riassunti hanno costituito le basi per le revisioni delle Linee Guida Americane per il trattamento dell’ipercolesterolemia (ATP III), nelle quali è stata ampliata la definizione di rischio cardiovascolare e sono stati rivisti i livelli di colesterolemia al di sopra dei quali è utile il ricorso alla terapia farmacologia (Tabella)(10). In particolare veniva introdotto il concetto dei 100 (opzionale 70) mg/dl di colesterolo LDL come obiettivo da perseguire nella prevenzione secondaria cardiovascolare (11). L’ obiettivo terapeutico per il colesterolo è il valore che in un singolo paziente (tenuto conto delle sue caratteristiche cliniche) deve essere raggiunto in seguito ad interventi di tipo comportamentale e/o farmacologico. Il raggiungimento degli obbiettivi terapeutici per quanto riguarda la colesterolemia è facilitato da quando sono a disposizione le statine. Con questi farmaci, infatti, il raggiungimento dell’obbiettivo terapeutico nella maggior parte dei pazienti è condizionato dal dosaggio della statina, dal momento che un raddoppio del dosaggio della stessa si accompagna in genere ad un incremento dell’attività ipocolesterolemizzante dell’ordine del 5-7%.

Le statine sono i farmaci con la più potente azione di riduzione del colesterolo LDL, a questa si accompagna un modesto incremento del colesterolo HDL ed una riduzione dei trigliceridi. L’enzima che regola la sintesi del colesterolo è l’idrossi-metil-glutaril-coenzima-A (HMG-CoA) reduttasi. Le statine sono analoghi strutturali dell' HMG-CoA e quindi inibiscono in maniera competitiva l’enzima HMG-CoA reduttasi. A seguito della ridotta disponibilità intracellulare di colesterolo si attivano i recettori che legano le LDL con una maggiore rimozione di LDL dal plasma (12). L’entità dell’effetto ipocolesterolemizzante delle statine è variabile tra il 20 ed il 60% ed è in parte legata al dosaggio delle statine stesse: il raddoppio della dose di statina porta, come detto, ad un maggior effetto ipocolesterolemizzante dell’ordine del 5-7%. Il mancato raddoppio dell’efficacia delle statine al raddoppiare del loro dosaggio viene in parte spiegato dal fatto che l’organismo mette in atto un meccanismo compensatorio alla riduzione della sintesi di colesterolo nel fegato. Questo meccanismo compensatorio si estrinseca in un aumento dell’assorbimento intestinale del colesterolo stesso, che in parte vanifica l’effetto del maggiore dosaggio della statina.

            Ezetimibe è l’ultimo farmaco ipolipidemizzante introdotto nell’uso clinico. Le principali fonti del colesterolo plasmatico sono la biosintesi epatica e l’assorbimento intestinale. Ogni giorno si introducono con la alimentazione circa 300-500 mg di colesterolo che nell’intestino si mescolano con i circa 1.000 mg di colesterolo che è contenuto nella bile. Circa il 50% del colesterolo presente nell’intestino tenue viene assorbito ed il rimanente viene perso con le feci. Il nostro organismo ha poche possibilità di eliminare l’eventuale colesterolo presente in eccesso: ciò può avvenire soprattutto con la trasformazione del colesterolo in acidi biliari (13).

           

. Classificazione dei valori lipoproteici ed obiettivi terapeutici (mg/dl) in vari sottogruppi di soggetti secondo le linee guida NCEP ATP III.

 

colesterolo LDL

<100                       ottimale

100-129  quasi ottimale o sopra-ottimale

130-159  moderatamente alto

160-189  alto

≥190                       molto alto

colesterolo totale

>200                       desiderabile

200-239  moderatamente alto

≥240                       alto

colesterolo HDL

<40                         basso

≥60                         alto

 

 

obiettivi terapeutici del colesterolo LDL

 

Rischio alto: in presenza di malattia coronarica o di equivalente di malattia coronarica (rischio a 10 anni >20%):    LDL <100 mg/dl (opzionale <70)

 

Rischio moderatamente alto: in presenza di 2 o più fattori di rischio (rischio a 10 anni 10-20%):                                                      LDL <130 mg/dl

 

Rischio moderato: in presenza di 2 o più fattori di rischio (rischio a 10 anni <10%):                                                                                         LDL <130 mg/dl

 

Rischio basso: da 0 a 1 fattore di rischio: LDL <160 mg/dl

 

Fattori di rischio: fumo di sigaretta, ipertensione (≥140/90 mm Hg o terapia antiipertensiva), basso colesterolo HDL (<40 mg/dl), storia familiare di cardiopatia ischemica precoce (nei parenti uomini di primo grado prima di 55 anni e prima di 65 anni nelle parenti donne di primo grado), età (≥45 anni negli uomini e ≥55 anni nelle donne).

 

Fattori di rischio equivalenti alla presenza di malattia coronarica: manifestazioni cliniche di malattia aterosclerotica in distretti non coronarici (arteriopatia degli arti inferiori, aneurisma dell’aorta addominale e malattia delle carotidi [attacco ischemico transitorio o ictus di origine carotidea o stenosi >50% di una carotide] diabete e presenza di 2 o più fattori di rischio con un rischio a 10 anni di eventi coronarici >20%).

 

Tabella I

 

Il colesterolo viene assorbito dalla mucosa intestinale grazie all’azione specifica di una proteina trasportatrice (NPC1L1) che è fondamentale nel controllare le concentrazioni di colesterolo nell’enterocita (14). Un ridotto assorbimento intestinale di colesterolo comporta una minore disponibilità epatica dello stesso. In condizioni di ridotta disponibilità di colesterolo l’epatocita tende ad incrementarne la sintesi ed al tempo stesso aumenta la captazione delle LDL, con una riduzione delle concentrazioni ematiche del colesterolo LDL. Ezetimibe, legandosi alla proteina NPC1L1 nell’enterocita produce una riduzione dell’assorbimento intestinale del colesterolo di circa il 50% (13). Questo farmaco, se utilizzato da solo, porta ad una riduzione del colesterolo delle LDL di circa il 15-20%.

Ezetimibe trova la sua applicazione di elezione quando associato con una statina, perché così si ottiene una duplice inibizione sia della sintesi che dell’assorbimento del colesterolo (15). La duplice inibizione dell’assorbimento intestinale del colesterolo prodotta da ezetimibe e della sintesi epatica dello stesso prodotta dalla statina ha un effetto di potenziamento dell’azione ipocolesterolemizzante. La combinazione di queste due farmaci con meccanismi diversi ma che influenzano entrambi i meccanismi di  controllo della colesterolemia rappresenta oggi un approccio ottimale per raggiungere l’obbiettivo terapeutico in pazienti a rischio vascolare (13).

            Diversi studi hanno valutato la capacità ipocolesterolemizzante di ezetimibe in monoterapia e dello stesso in associazione con statina. Uno tra i più significativi studi finora fatti  per valutare l’efficacia ipocolesterolemizzante di ezetimibe in associazione alle statine è lo studio multicentrico EASE (Ezetimibe Add-on to Statin for Effectiveness)(16). Questo studio ha valutato l'effetto del trattamento per 6 settimane con ezetimibe 10 mg/dì associato alla terapia con una statina in 3.030 pazienti con diverso profilo di rischio cardiovascolare, i cui valori di LDL risultavano elevati secondo le linee guida dell’ATP III. Un gruppo di pazienti (n = 1.010) è stato trattato solo con  statina, ottenendo una riduzione aggiuntiva (rispetto al precedente identico trattamento con statina) delle LDL del 2,7%. Nel gruppo di pazienti trattati con statina ed ezetimibe (n = 2.020) la riduzione aggiuntiva (ottenuta dall’aggiunta di ezetimibe alla terapia con statina già in atto) delle LDL è stata invece pari al 25,8%, con una riduzione significativa nei diversi sottogruppi di pazienti con differente profilo di rischio.

            I livelli target di LDL stabiliti dalle linee guida dell’ATP III sono stati raggiunti nel 71% dei pazienti trattati con statina più ezetimibe, mentre tali livelli sono stati ottenuti solo dal 21% di quelli che avevano ricevuto esclusivamente la statina; nel gruppo a più alto rischio cardiovascolare il target è stato ottenuto rispettivamente nel 69% e nel 17% dei pazienti.

Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, le percentuali di effetti collaterali di ezetimibe più statine sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle delle sole statine e non sono state finora osservate significative interazioni con farmaci di impiego comune (13).

            Diversi studi attualmente in corso intendono valutare l’effetto di ezetimibe sulle lesioni vascolari, tra questi l'ENHANCE (Ezetimibe and simvastatiN in Hypercholesterolemia enhANces atherosClerosis rEgression), che valuterà la regressione dello spessore medio-intimale carotideo in 725 pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote trattati con simvastatina 80 mg più ezetimibe 10 mg o placebo. Lo studio SEAS (Simvastatin and Ezetimibe in patients with Aortic Stenosis) prevede il coinvolgimento di 1400 pazienti a elevato rischio coronarico trattati con simvastatina 40 mg + ezetimibe 10 mg o placebo, valutando la progressione della stenosi e la prevenzione degli eventi cardiovascolari. Nello studio  SHARP (Study of Heart And Renal Protection) pazienti nefropatici cronici saranno trattati con 20 mg di simvastatina + 10 mg di ezetimibe, con l’intento di valutare la protezione nei confronti di eventi cerebro- e cardiovascolari maggiori. Infine, lo studio IMPROVE-IT valuterà, su 10.000 pazienti con sindrome coronarica acuta, l’efficacia nel ridurre morte, infarto del miocardio e riospedalizzazione per sindrome coronarica acuta o rivascolarizzazione,di ezetimibe 10 mg più simvastatina 40 mg verso simvastatina 40 mg in monoterapia.

            In conclusione, è dimostrata l’utilità della riduzione della colesterolemia per un’efficace prevenzione cardiovascolare. Ezetimibe, riducendo l’assorbimento intestinale del colesterolo, comporta una significativa riduzione dei valori di colesterolo LDL se usato in associazione con una statina, dal momento che questa associazione produce un vicendevole potenziamento dell’effetto ipocolesterolemizzante. Ezetimibe, che si è dimostrato efficace in tutte le forme di ipercolesterolemia, presenta un ottimo profilo di sicurezza e, quando associato alla statina, permette ad una percentuale molto maggiore di pazienti di ottenere gli obbiettivi di colesterolo suggeriti dalle attuali linee guida per la prevenzione cardiovascolare.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

1 - Anitschkow, N. 1913. Ueber die Veranderungen der Kaninchenaorta bei experimenteller Cholesterinsteatose. Beitr. Pathol. Anat. 56: 379–404.

 

2 - Macheboeuf, M. A. 1929. Recherches sur les phosphoaminolipides et les sterides du serum et du plasma sanguins. Bull. Soc. Chim. Biol. 11: 268–293.

 

3 - Russ, E. M., H. A. Eder, and D. P. Barr. 1951. Protein-lipid relationships in human plasma. I. In normal individuals. Am. J. Med. 11: 468–479.

 

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16 - Pearson TA, Denke, Mcbride PE, Battisti WP, Brady WE, Palmisano J. A community-based, randomized trial of ezetimibe added to statin therapy to attain NCEP ATP III goals for LDL cholesterol in hypercholesterolemic patients: The Ezetimibe Add-On to Statin for Effectiveness (EASE) Trial. Mayo Clin Proc 2005;80:587-95.