La Terapia con statine
fra note Ministeriali ed evidenze cliniche
Luigi Di Gregorio
Medico di Medicina generale, ASL SA3 Vallo della Lucania
«Più
si allarga l’isola della conoscenza
e più si allunga il confine del mistero»
John Wheeler, fisico
E’ quello che accade normalmente in ogni ricerca scientifica ed
il vecchio aforisma evidenzia come i risultati di ogni studio
possono dar luogo, nel tempo, a nuove prospettive di conoscenza
ed a inesplorati angoli bui. La terapia ipolipemizzante, frutto
di molteplici ed importanti lavori scientifici, non fa
eccezione alla regola ed impone una riflessione non equivoca,
fra costi e benefici in termini clinici, sociali ed economici.
Le affezioni cardio-vascolari su base aterosclerotica
rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità nei
Paesi Occidentali e l’assetto lipidico è di fondamentale
importanza sia come fattore di rischio indipendente sia in
associazione con altri (diabete, obesità, ipertensione, fumo
etc.)
Le Statine
Negli ultimi vent'anni sono state acquisite conoscenze di
rilievo sulla prevenzione di queste malattie, in particolare si
è arrivati:
1.
A riconoscere l'esistenza di un legame tra la riduzione
del colesterolo circolante e quello del rischio coronarico
assoluto (del 2 per cento ogni mg / dL);
2.
A definire che, a parità d'età e di livelli lipidici nel
sangue, la mortalità coronarica a dieci anni è nettamente
superiore nei diabetici che nei non diabetici;
3.
A precisare l'importanza, più che del colesterolo totale,
della quota LDL che innesca, accresce e destabilizza la placca
aterosclerotica sulle pareti vasali, e della quota HDL che
invece rimuove il colesterolo dal circolo verso il magazzino
epatico e frena l'ossidazione delle LDL e la chemiotassi
leucocitaria nell'endotelio.
Tali risultati rappresentano il traguardo di un percorso
utilizzato per testare l'efficacia e il meccanismo d'azione di
una classe di farmaci: gli inibitori dell'HMG CoA reduttasi
(enzima che catalizza, negli epatociti, la trasformazione dell'idrossi-metil-glutaril
coenzima A in mevalonato, precursore del colestero).
Comunemente noti come statine, essi sono in grado di
ridurre gli eventi patologici già dopo il primo anno di terapia,
non solo perché abbassano il tasso di LDL e incrementano l'HDL,
ma anche perché modificano gli ateromi già presenti, rendendoli
più fibrosi e quindi più resistenti alla rottura e meno
trombogenici.
Evidenze cliniche
In contrasto con la vecchia teoria, secondo cui era
l'accrescersi della placca aterosclerotica sull'intima a
produrre ischemia, ora sappiamo che il vaso si rimodella: la
parete si estroflette affinché il lume si mantenga il più
possibile libero ed entro certi limiti una riduzione del flusso
si verifica solo in condizioni di aumentata richiesta. Il
pericolo non sta tanto nell'aumento di volume, quanto nella
destabilizzazione della placca, che si frammenta, liberando
sostanze trombogeniche. La placca instabile (la cui evoluzione
sfavorevole è più probabile in soggetti giovani) è spesso
piccola, ma con un nucleo ricco di monociti che hanno conglobato
le molecole di LDL ossidate (cellule schiumose) e da cellule
infiammatorie che rilasciano una metalloproteinasi (MMP-9) che
distrugge la matrice proteica della capsula fibrosa, rendendola
più suscettibile alla rottura. Se, in realtà, è ormai stabilito
che le statine riducono di circa il 30 per cento il rischio
relativo di eventi coronarici maggiori, la comprensione della
modalità del beneficio è ancora in via di precisazione; accanto
alla teoria causale, secondo la quale l'azione di abbassamento
dei lipidi è determinante, esiste una teoria non causale, che
individua il meccanismo protettivo soprattutto nei cosiddetti
effetti pleiotropici delle statine. Quest'ultimo punto di vista,
attualmente accreditato dalle ricerche internazionali, sposta le
indicazioni di questa famiglia di farmaci da agenti
ipolipemizzanti ad agenti anti aterosclerotici. E' noto che, a
livello dell'endotelio, l'ipercolesterolemia riduce la
produzione di ossido nitrico (NO) e ne aumenta la degradazione;
tuttavia, sia simvastatina sia pravastatina hanno dimostrato di
incrementare l'NO endoteliale (in modelli sperimentali) e di
proteggere dagli eventi ischemici (in osservazioni cliniche) con
un meccanismo che non è associato al grado di abbassamento di
LDL. Tra l'altro, le statine ridurrebbero la produzione del
MMP-9.
Il primo
studio clinico randomizzato che ha impiegato una statina per la
riduzione degli eventi cardiovascolari è stato lo studio 4S,
pubblicato nel 1994, che è risultato fondamentale nel dimostrare
l’utilità della simvastatina nella prevenzione cardiovascolare.
Da lì è stato un crescendo di studi di ogni tipo lievitati per
l’immissione in commercio delle altre statine, che hanno
confermato il dato della riduzione della mortalità e morbidità
tra i pazienti con malattia cardiovascolare.
Le altre indicazioni
Grazie ai
loro effetti pleiotropici, le statine si sono dimostrate
efficaci anche nella prevenzione del diabete mellito,
dell'osteoporosi, dell'Alzheimer e della demenza in generale.
Sono poi in grado di inibire la proliferazione di linfociti e
altre cellule mononucleate del sangue, tanto da essere allo
studio per un possibile impiego nella terapia delle leucemie. Le
proprietà antireattive della pravastatina, infine, fanno sì che
essa riduca l'incidenza di rigetto nei trapiantati di cuore e di
rene. Il comportamento da immunomodulatori di questi farmaci è
ancora oggetto di molte ricerche. Desta interesse anche
l'associazione notata tra impiego di statine e diminuzione del
rischio di degenerazione maculare senile, che, nel mondo
occidentale, è la prima causa di cecità: potrebbero prevenire il
danno ossidativo sulla retina o l'apoptosi delle cellule
endoteliali, preservando la vascolarizzazione della macula.
Gli
effetti collaterali
La via epatica di degradazione delle statine può indurre un
rialzo delle transaminasi, specie se vi è concomitante abuso di
alcol. Nell'uno per cento dei pazienti trattati con statine, il
valore delle transaminasi può essere fino a tre volte quello
normale; in tal caso il farmaco va interrotto e in genere gli
enzimi si
La nota 13
Ipolipemizzanti:
Fibrati:
-
bezafibrato
-
fenofibrato
-
gemfibrozil
Statine:
-
atorvastatina
-
fluvastatina
-
lovastatina
-
pravastatina
-
rosuvastatina
-
simvastatina
-
simvastatina + ezetimibe
Altri ipolipemizzanti
- omega-3- |
La prescrizione a carico del SSN è limitata ai pazienti
affetti da:
- dislipidemie familiari
bezafibrato, fenofibrato, gemfibrozil
atorvastatina, fluvastatina, lovastatina, pravastatina,
rosuvastatina, simvastatina,
simvastatina + ezetimibe
omega 3 etilesteri
-ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta:
• in soggetti a rischio elevato di un primo evento
cardiovascolare maggiore (rischio a 10 anni > 20% in
base alle Carte di Rischio del Progetto Cuore
dell’Istituto Superiore di Sanità) (prevenzione
primaria)
• in soggetti con coronaropatia documentata o pregresso
ictus o arteriopatia obliterante periferica o pregresso
infarto o diabete (prevenzione secondaria)
atorvastatina, fluvastatina, lovastatina,
pravastatina, rosuvastatina, simvastatina,
simvastatina + ezetimibe
• in soggetti con pregresso infarto del miocardio
(prevenzione secondaria)
omega 3 etilesteri
-iperlipidemie non corrette dalla sola dieta:
• indotte da farmaci (immunosoppressori, antiretrovirali
e inibitori della aromatasi)
• in pazienti con insufficienza renale cronica
atorvastatina, fluvastatina, lovastatina,
pravastatina, rosuvastatina, simvastatina,
simvastatina + ezetimibe
bezafibrato, fenofibrato, gemfibrozil
omega 3 etilesteri |
normalizzano. Quando una statina non subisce il metabolismo di
primo passaggio epatico, si concentra nel sangue e determina più
facilmente una miopatia, l'effetto avverso più grave,
caratterizzata da dolore o debolezza è associato a livelli di
creatin-chinasi (CK) fino a dieci volte superiori alla norma. In
monoterapia l'incidenza di miopatia è di un paziente su 1.000 e
la sua sospensione consente la restitutio ad integrum; se la
miopatia non viene riconosciuta e il farmaco viene continuato,
si può arrivare alla rabdomiolisi e all'insufficienza renale.
Le note AIFA
La prescrizione di un farmaco si dice appropriata se gli effetti
del principio attivo determinano benefici superiori ai rischi
correlati alla sua somministrazione e se viene utilizzato per le
indicazioni cliniche per cui ne è stata dimostrata l’efficacia a
determinate condizioni d’impiego (dose, durata, via di
somministrazione, interazioni, etc)
L’efficacia di un farmaco indica la capacità di modificare
positivamente l’evoluzione di una malattia attraverso la sua
guarigione o la riduzione della frequenza, della morbilità e
della mortalità associate.
Da tutto ciò è nata la necessità di adottare uno strumento come
le note AIFA (ex CUF) che precisano le indicazioni nelle quali è
dimostrata l’efficacia del farmaco, rappresentano lo strumento
che ne regola la rimborsabilità e contengono le indicazioni da
rispettare perché siano prescrivibili a carico del SSN. Ai fini
della rimborsabilità del farmaco a carico del Ssn la
prescrizione delle statine in medicina generale è regolata dalla
nota AIFA n. 13. Nel corso degli anni la nota ha subito numerose
revisioni e aggiustamenti. Rispetto alla prima stesura si è
arrivati all’attuale.
Evidenze e linee guida convergono sulla necessità che il valore
del colesterolo LDL in prevenzione secondaria della malattia
aterosclerotica non debba superare 100 mg/dL. Nella maggior
parte dei casi tale obiettivo può essere raggiunto solo con
misure di tipo farmacologico. Fra le novità previste dalla nuova
estensione della nota vi è la possibilità (finora sottratta ai
MMG ed affidata a Centri specialistici) di porre diagnosi di
“iperlipemia familiare” e di utilizzare l’associazione
simvastatina-ezetimibe senza la necessità del piano terapeutico.
Recenti lavori condotti da Medici di Medicina Generale presso la
ASL 3 di Genova (2005, 17.524 Assistiti) e la Provincia di
Brescia (2007, 13.636 Assisiti) hanno dato risultati convergenti
in ordine all’epidemiologia dei Pz affetti dalle patologie
comprese nella nota 13 per la prevenzione degli eventi
cardio-vascolari. Il confronto del numero dei Pz in trattamento
con statine in prevenzione primaria e secondaria è servito come
indicatore (sia pure approssimativo) dell’appropriatezza
prescrittiva
Le prevalenza delle patologie comprese nella nota Aifa n. 13
supera di poco l’8% (dati dell’Osservatorio epidemiologico
cardiovascolare italiano). La prescrizione di statine nei
pazienti che potenzialmente potrebbero trarre beneficio da tale
trattamento è di poco inferiore al 50%, con una punta massima
del 70% tra gli infartuati e i soggetti sottoposti a
rivascolarizzazione miocardica. La bassa percentuale di
diabetici, senza precedenti eventi, trattati con statina (21.9%)
potrebbe essere in relazione a livelli di colesterolemia
inferiori ai valori target stabiliti dalle linee guida, ma
anche, purtroppo alle solite restrizioni imposte dalle Aziende
che finiscono per condizionare le prescrizioni…
Per quanto riguarda l’obiettivo terapeutico stabilito dalle
linee guida sono emersi due dati significativi: la riduzione del
C-LDL al di sotto dei 100 mg/dL viene raggiunta in una
percentuale accettabile dei coronaropatici (60%) mentre tra i
diabetici tale percentuale appare insoddisfacente (40%).
In due sottogruppi (diabetici ipertesi e pazienti affetti da
arteriopatia obliterante agli arti inferiori) il C-LDL si
colloca tra i 100 e i 130 mg/dL.
Dall’esame dei dati in nostro possesso si può concludere che vi
sono ancora margini per migliorare l’appropriatezza della
prescrizione di statine e della gestione della prevenzione
secondaria degli eventi cardiovascolari. In particolare una
considerevole percentuale di assistiti appartenenti alle
categorie previste dalla nota 13 appare sottotrattata, mentre la
prescrizione dell’indagine sul valore del C-LDL come parametro
di riferimento per la prescrizione dei farmaci
ipocolesterolemizzanti risulta ancora insufficiente.
Nel momento in cui nell’ambito della sanità pubblica, a seguito
di interventi di monitoraggio delle prescrizioni, si afferma la
distorta equazione:
appropriatezza=rispetto dei tetti di spesa
(inappropriatezza=superamento dei tetti di spesa)
è opportuno ribadire che investire in prevenzione significa
ottenere sempre e comunque una riduzione della spesa globale;
purtroppo negli ultimi anni, soprattutto nella nostra Regione,
si va affermando il principio del risparmio per il risparmio
puntando il dito sempre e soltanto sulla farmaceutica e
dimenticando che essa rappresenta poco più del 13% della spesa
sanitaria complessiva. Sono altri i meccanismi che vanno
attivati per raggiungere l’agognato obiettivo del contenimento
della spesa, in fondo basterebbe soffermarsi sul restante 87%...
e guardarsi un po’ in giro…
