Il rimodellamento
ventricolare chirurgico
Antonio Panza Giuseppe Di Benedetto
Struttura Complessa di Cardiochirurgia, Dipartimento “Cuore”,
A.O. “S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, Salerno
Epidemiologia della
cardiomiopatia dilatativa ischemica
Parlando di
scompenso cardiaco (SC), lo scenario che si presenta oggi a
medici e pazienti non è dei più incoraggianti: attualmente
questa patologia ha un impatto sulla popolazione superiore a
quello del cancro del colon, del polmone e del seno associati,
la prognosi è sconfortante (il 20 % dei pazienti muore nel giro
di un anno), e le dimensioni del fenomeno sono destinate ad
aumentare, con una previsione di incremento per il 2010 del 40
%. Senza contare che
l’impatto sociale della malattia è enorme e che
la qualità della vita dei pazienti è fortemente compromessa.
Fra le cause di SC, la
cardiomiopatia ischemica conta per il 35%. Lo scompenso cardiaco
(SC) è divenuto la sola manifestazione della malattia coronarica
(MACO), la cui prevalenza è aumentata fra la popolazione
occidentale. Infatti, lo SC compare quale complicanza tardiva di
un infarto miocardico acuto (IMA) in oltre un milione e mezzo di
Americani ogni anno. Di questi il 30% (circa mezzo milione) sono
in classe NYHA III o IV.
Escludendo circa un ulteriore 30% di tali pazienti in SC
post-IMA per severe patologie associate, circa 375.000 pazienti
ogni anno negli U.S.A. possono essere considerati potenziali
candidati ad un trattamento chirurgico della cardiomiopatia
dilatativa ischemica.
Fisiopatologia
L’iniziale risposta cardiaca
all’IMA è un aumento compensatorio del suo volume. Ne consegue
una grossolana distorsione del ventricolo sinistro e la perdita
della sua normale forma ellittica, assumendo un contorno
dapprima asimmetrico e quindi, progressivamente sferico. Un
aumento del volume risulta in un aumento della pressione
ventricolare, e quindi, dello stress di parete. Ne consegue un
aumento del lavoro contrattile e del consumo di ossigeno. Tale
aumentata richiesta risulta in una marcata discrepanza fra
apporto/domanda soprattutto nella zona di confine fra miocardio
vitale (e ben perfuso) e quello necrotico (non perfuso). Ne
risulta una lenta ma progressiva espansione dell’area necrotica.
Inoltre, l’incremento di volume causa una distensione ulteriore
a carico del miocardio remoto vitale. Un obbiettivo cruciale
per ogni intervento terapeutico per lo SC dovrebbe prefiggersi
di ridurre lo stress di parete per migliorare la contrattilità e
fermare la progressiva disfunzione. Dalla legge di Laplace si
evince che lo stress di parete è direttamente proporzionale alla
pressione ventricolare ed al radio della circonferenza, ed
inversamente proporzionale allo spessore del miocardio. Lo SC
causa una modifica in negativo di tutte queste variabili
(pressione, radio e spessore) che, quindi, concorrono ad
incrementare lo stress di parete. La pressione ventricolare
sinistra aumenta con l’aumentare del volume. Il radio aumenta
con la dilatazione del ventricolo, che, come abbiamo detto,
tende ad assumere una forma sferica. Inoltre, la parete
miocardica si assottiglia, con il dilatarsi del ventricolo.
Ripristinare la dimensione del ventricolo quasi ai valori
“normali”, riducendone il volume, rappresenta un fattore chiave
nel ridurre lo stress di parete. Infatti, dalla metanalisi di
numerosi trials chirurgici, si evince che il volume
postoperatorio è un fattore di rischio maggiore anche della
frazione di eiezione. Un secondo aspetto che gioca un ruolo
importante nel migliorare la contrattilità e ridurne le
pressioni di riempimento è rappresentato dal recupero della
forma ellissoidale.
La cardiomiopatia dilatativa
ischemica è definita dagli anglosassoni la malattia delle tre V:
ovvero, Vessels (coronarie), Valve (valvola mitralica) e
Ventricle (ventricolo sx). Infatti in un “continuum
patogenetico” il deficit perfusivo coronarico attraverso la
necrosi (infarto) o l’ibernazione (ischemica cronica) determina
una progressivo aumento del volume ventricolare sinistro, e una
insufficienza mitralica (da stiramento del papillare posteriore,
dilatazione dell’annulus mitralico o rottura di una corda
tendinea).
In particolare, l’aneurisma
ventricolare post-infartuale (LVA) consiste nella dilatazione di
una regione del ventricolo costituita da tessuto cicatriziale, o
comunque non contrattile, e di spessore ridotto (1), e può
essere considerato come una forma estrema di espansione, in cui
la regione interessata si è talmente assottigliata da non essere
in grado di conservare l’integrità della parete prima che inizi
il deposito di collagene e la formazione della cicatrice.
L’espansione è una complicanza relativamente frequente
dell’infarto miocardico, presente all’autopsia in circa il 40%
dei pazienti con singolo evento infartuate (2-3), e definita
come “una dilatazione ed un assottigliamento acuti dell’area di
infarto non spiegabili con una ulteriore necrosi miocardica”
(4). Essa è piuttosto un’alterazione della topografia
ventricolare, che attraverso l’assottigliamento e l’allungamento
sproporzionato del segmento infartuato conduce ad un aumento
della superficie del ventricolo interessata dalla necrosi. Si
tratta dunque di una regione ben definibile in termini di
dimensioni, caratterizzata
dall’assenza di perfusione coronarica e da un chiaro
“rigonfiamento” sisto-diastolico. Johnson et.al, definiscono
l’aneurisma ventricolare sn come una “larga singola area di
infarto che determina una marcata riduzione della frazione di
eiezione” (5). La presenza di aneurisma si correla ad una
maggiore morbilità e mortalità. La prevalenza dell’aneurisma del
ventricolo sinistro in sede autoptica varia tra il 3.5- 5% (6),
mentre è nettamente più elevata quella
rilevata in vivo con
metodiche invasive e non: con ecocardiografia e indagini
nucleari è di circa il 22-35% nella fase precoce dell’infarto
(7); nello studio CASS (8) viene descritta con angiografia la
presenza di aneurisma del ventricolo sinistro nel 7.6% dei 15
000 soggetti esaminati. Questa discrepanza è spiegabile con
l’estrema eterogeneità delle definizioni di aneurisma del
ventricolo sinistro: dal punto di vista anatomo-patologico viene
posta particolare enfasi sulla peculiarità della sporgenza
circoscritta dal profilo esterno del cuore, associata
all’assottigliamento con prevalenza di tessuto fibroso. I
cardiochirurghi definiscono invece aneurisma del ventricolo
sinistro ogni dilatazione del ventricolo sinistro di forma
saccata, o regione a/discinetica, con assottigliamento
miocardico per la presenza di cicatrice e conseguente perdita
della trabecolatura caratteristica
dell’endocardio. L’aneurisma del
ventricolo sinistro è una complicanza che interessa
prevalentemente gli infarti anteriori: l’85% degli aneurismi del
ventricolo sinistro infatti sono localizzati a livello apicale o
anterosettale e solo il 5-10% in sede inferoposteriore, vicini
alla base del cuore, o coinvolgono la parete laterale (9). Gli
LVA della porzione diaframmatica sono frequentemente associati
con una insufficienza mitralica postinfartuale per
coinvolgimento del muscolo papillare postero-mediale. Nella
maggior parte dei casi gli infarti complicati da aneurisma del
ventricolo sinistro originano dall’occlusione della coronaria
discendente anteriore in assenza di un adeguato circolo
collaterale. La presenza di ipertensione arteriosa predispone
all’espansione infartuale, promuovendo in seguito la formazione
dell’aneurisma; un’azione sfavorevole è riconosciuta anche ai
farmaci antinfiammatori, steroidei e non steroidei: verrebbe
infatti contrastata la reazione pericardica tra pericardio
viscerale ed epicardio nell’area interessata dalla necrosi (10),
con formazione di aderenze che tendono a rinforzare questa zona
e a prevenire
la formazione dell’aneurisma del
ventricolo sinistro. Con la diffusione dell’uso dei farmaci
trombolitici e di metodiche invasive quali l’angioplastica
primaria per il trattamento dell’infarto acuto, si è osservata
una riduzione dell’incidenza di aneurisma del ventricolo
sinistro come sequela dell’infarto miocardico acuto; la
riperfusione in fase precoce ha come conseguenza la
preservazione di una maggiore quantità di tessuto miocardico
vitale e quindi una minore estensione della necrosi (11). Un
effetto positivo deriva comunque dal mantenimento della pervietà
del vaso relativo alla necrosi, anche se la riapertura è
avvenuta in una fase in cui non era più possibile evitare il
danno miocardio (12). Un ulteriore aiuto è stato dato
dall’introduzione nel trattamento precoce dell’IMA di farmaci
quali gli ACE-inibitori e dalla riduzione dell’uso dei
corticosteroidi che facilitavano lo sviluppo dei LVA (2). Il LVA
rappresenta una indicazione chirurgica.
Rimodellamento ventricolare
chirurgico (Surgical Ventricular Remodeling: SVR)
Tale tecnica chirurgica si
prefigge di ripristinare il normale volume e forma del
ventricolo sinistro, mediante l’isolamento e/o l’asportazione
del tessuto cicatriziale del LVA (13-17). Tale approccio
chirurgico è stato in gran parte influenzato dal lavoro di
Vincent Dor, il quale per primo definì la differenza che esiste
fra un’aneurismectomia e una procedura di SVR e documentò
l’importanza di trattare sia le aree discinetiche (francamente
aneurismatiche) che acinetiche. Infatti, sempre meno pazienti si
presentano alla nostra attenzione con veri aneurismi
ventricolari sinistri, in quanto gli interventi precoci di
riperfusione (farmacologici o meccanici) risparmiano lo strato
epicardico. La presenza di epicardio vitale conferisce una
fuorviante percezione di efficacia contrattile, ma in realtà
tale tessuto rappresenta tessuto funzionalmente acinetico che
contribuirà alla progressione della disfunzione ventricolare
sinistra post-IMA. Il SVR secondo Dor permette di ottenere il
ripristinino della geometria globale del ventricolo sinistro
mediante:
- la riduzione delle dimensione:
Re-size
- il ripristino della forma:
Re-shape
- il ri-orientamento delle fibre
miocardiche: Re-orientation
Re-size
Importante è definire l’esatta
dimensione che l’atto chirurgico si prefigge di ottenere. In tal
senso si utilizza l’indice di volume telediastolico ventricolare
sinistro che è di 60 ml/m2. Infatti, individuato il
volume teorico, questo lo si ottiene utilizzando un sizer
endoventricolare adeguato.
Infatti, una cavità
ventricolare residua piccola produrrebbe un immediato brusco
aumento delle pressioni polmonari post-operatorie con il rischio
di passare da una cardiomiopatia dilatativa ad una restrittiva.
Il tessuto miocardico esuberante, necrotico o acinetico viene
asportato od escluso.
Re-shape
Il rimodellamento di un
ventricolo dilatato rappresenta per il chirurgo una sfida
tridimensionale.
Il ventricolo sinistro ha una
forma ellissoidale, in quanto il rapporto normale short
axis/long axis è intorno a 0,5. Tale forma permettendo al cuore
durante la rivoluzione cardiaca di ruotare in senso anti-orario
all’apice ed in senso orario alla base, migliora la sua forza
contrattile.
Per ottenere una forma
ellissoidale, si ricorre molto spesso all’impianto di un patch
di Dacron.
Re-orientation
Il corretto orientamento delle
fibre muscolari rende ottimale il funzionamento dell’apparato
sottovalvolare mitralico. Inoltre, il cattivo allineamento dei
muscoli papillari (da un’angolazione di 30-40 gradi si passa ad
una di 60-80 gradi) causa, oltre all’ insufficienza valvolare
mitralica, anche un maggiore lavoro contrattile a carico del
ventricolo.
Infine, nel ventricolo dilatato
il getto eiettivo non si dirige più verso la valvola aortica,
bensì verso il lembo anteriore della mitrale, dissipando una
notevole quantità di energia cinetica.
Tecnica chirurgica del
rimodellamento ischemico ventricolare
Dopo aver inciso l’area
miocardica acinetica, si ispeziona la cavità ventricolare per la
presenza di trombi e si individua il confine fra endocardio
vitale e necrotico. Quindi, si posiziona il sizer scelto in base
all’indice volumetrico ventricolare sinistro all’interno della
cavità ventricolare. La punta del device coincide con il nuovo
apice. Un punto passato a guisa di borsa di tabacco al confine
del miocardio vitale è serrato, in modo da ridurre i diametri
ventricolari (il pallone garantirà la giusta riduzione). Se i
margini di tale orifizio sono prossimi e, quindi, è possibile
una chiusura diretta, non si utilizzerà un patch di Dacron.
Altrimenti, l’area ancora beante verrà chiusa con tale patch.
Anche in questo caso il pallone garantirà la giusta dimensione
del materiale protesico utilizzato. Il pallone verrà rimosso a
circa metà della sutura del patch.
La rivascolarizzazione sarà
effettuata secondo i protocolli usuali.
Se l’insufficienza mitralica è >
2+ o se l’anulus è > a 35 mm verrà corretta. E’ fondamentale
eseguire una plastica mitralica ricorrendo all’impianto di
anelli mitralici sotto-dimensionati.
Indicazione al rimodellamento ischemico ventricolare
Elettive:
- Infarto
miocardico antero-settale
-
Dilatazione ventricolare fra 100-180 ml/m2
- Area di
asinergia > 35%
Buona
contrazione dei territori miocardici residui (laterale ed
inferiore)
- Buona
contrattilità del ventricolo destro.
A
rischio aumentato:
- Tutte le
precedenti condizioni ma in presenza di scarsa contrattilità
della parete laterale ed inferiore
Controindicazioni al rimodellamento ischemico ventricolare
Assolute:
-
Disfunzione ventricolare destra con bassa FE o TAPS (Tricuspid
Annular Plane Systolic Movement) < 13 mm
- Infarti
estesi in due distinte aree miocardiche
- Pressioni
polmonari > 60 mmHg senza insufficienza mitralica (IM)
Relative:
- Pressioni
polmonari > 60 mmHg con IM
- Area di
asinergia > 60% o < 35%
- Indice
di volume ventricolare sinistro > 180 ml/m2
Nostra
esperienza
Dal Luglio
1993 a Settembre 2007, 67 pazienti erano operati di
rimodellamento ventricolare sinistro mediante varie tecniche
chirurgiche.
I dati sono
qui brevemente riassunti:
Aneurismectomia 9
An. +
Plastica mitralica 7
An. + BAC x
1 27
An. + BAC x
2 19
An. + BAC x
3 5
I risultati
ottenuti sono i seguenti:
Mortalità 3 ( 5%)
Sindrome da
bassa gittata 11 (18%)
Sanguinamento 2 (3.3%)
Dialisi 2
(3.3%)
Complicanze
neurologiche 0
Di questi
pazienti 11 erano operati secondo la tecnica di Dor (SVR). Non
si registravano decessi.
I risultati
ottenuti sono descritti nella tabella successiva.
Parametri |
Pre-op |
24 mesi post-op |
p-value |
VTDVs |
169±26 |
123±29 |
p<0.003 |
VTSVs |
110±22 |
69±18 |
p=0.000 |
FE |
31±3 |
45±6 |
p=0.000 |
% Asinergia |
49.6±9 |
30.9±9 |
P=0.000 |
CLASSE NYHA |
10 pz / >III |
0 pz / >III |
|
Angina CCS |
6 pz / >III |
0 pz / >III |
|
Conclusioni
Il
rimodellamento ventricolare sinistro è una valida opzione
terapeutica nel trattamento dello SC ischemico severo, in
quanto:
- Riduce il
volume ventricolare sinistro
-
Ripristina la forma ellittica
- Migliora
la frazione di eiezione
- Migliora
la motilità segmentaria delle aree remote
-
Riorganizza l’orientamento delle fibre
- Migliora
la classe funzionale NYHA
- Riduce la
mortalità a distanza.
Tuttavia,
tali risultati necessitano della verifica di uno studio
prospettico multicentrico randomizzato.
A tal
proposito si è appena concluso lo “STICH” Trial (Surgical
Treatment for IsChemic Heart
Failure), che ha arruolato 2800 pazienti suddivisi in 3 regimi
terapeutici (terapia medica, medica associata CABG e medica
associata a CABG e SVR), da svolgersi in 60-70 centri (compreso
il nostro centro cardiochirurgico), con la sponsorizzazione
della NIH Americana. Anche il centro di Salerno ha contribuito
alla raccolta dei dati. I risultati non sono stati ancora resi
noti
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