Trattamento Medico della Fibrillazione Atriale

 

Giuseppe De Fabrizio

 

U.O. Utic-Cardiologia A.O. G. Moscati Avellino

 

La fibrillazione atriale (FA) è considerata la più comune aritmia . La FA può presentarsi in soggetti con cardiopatia dimostrata oppure in cuori apparentemente sani. Il quadro clinico è estremamente variabile così come l’evoluzione nel tempo.

La terapia deve pertanto adeguarsi in maniera flessibile al singolo caso: il cardiologo deve ricordare che esiste “il paziente con FA” e che la terapia deve essere accuratamente personalizzata.

La modalità di presentazione della FA è variabile:

  1. FA di prima diagnosi ( il primo episodio di FA nella storia clinica del paziente);
  2. FA parossistica (a risoluzione spontanea);
  3. FA persistente (FA>48 ore che richiede intervento terapeutico come la cardioversione elettrica  per il ripristino del ritmo sinusale);
  4. FA permanente (FA nella quale la terapia è inefficace o inopportuna oppure non accettata).

Questa è la classificazione scolastica della FA ma le varie forme possono sovrapporsi e possano evolvere l’una verso l’altra: una definizione dipende sia dal corteo sintomatologico sia dall’approccio e dall’esperienza del medico che gestisce un determinato paziente con FA. Immaginiamo infatti un paziente con FA potenzialmente parossistica, che a causa di sintomi mal tollerati richiede un intervento terapeutico immediato: non avremo ottenuto la risoluzione spontanea. Ancora, dopo l’introduzione della terapia ablativa, è ancora corretto parlare di FA permanente? Oppure sarebbe meglio parlare di FA accettata? In questo quadro estremamente variabile e confuso, tuttavia, bisogna disegnare una strada maestra costruita con poche ma consolidate certezze.

Le linee guida per la definizione ed il trattamento della FA sono il prodotto di uno sforzo per ordinare e razionalizzare questa materia complessa. Redatte dall’ACC e dall’AHA, le linee guida sono state pubblicate su Circulation nel 2006. Anche l’associazione italiana di aritmologia (AIAC) ha pubblicato sul giornale di aritmologia (GIAC) nel gennaio 2006 linee guida per il trattamento della FA. Rimando a queste pubblicazioni per una sistematica consultazione (1,2).

 

Prima di tutto bisogna ricordare che la terapia della FA è inizialmente farmacologia con obbiettivi primari quali:

  1. Controllare la frequenza cardiaca
  2. Evitare il tromboembolismo
  3. Correggere il quadro clinico.

Il management della FA è multidisciplinare e non esclusivamente aritmologico tenendo conto delle comorbidità che vanno corrette prima di intraprendere decisioni per il controllo del ritmo piuttosto che della frequenza cardiaca e per il controllo del rimodellamento atriale.

Non discuterò di farmaci antiaritmici la cui utilità è ormai accertata in termini di efficacia e sicurezza che, come è noto, non sono assolute. L’amiodarone è il più potente dei farmaci AA anche se il suo utilizzo è gravato da numerosi e severi effetti collaterali prevalentemente extracardiaci. L’esperienza recente con un suo derivato, il dronedarone, sembra offrire maggiori e più sicure possibilità. I farmaci della classe IC ( flecainide e propafenone) sono molto utili soprattutto per il trattamento delle forme parossistiche in cuori relativamente non compromessi; gli effetti proaritmici di queste due molecole non sono trascurabili e talora fatali nelle cardiopatie associate a severa disfunzione sistolica ventricolare. Digitale, betabloccanti e calcioantagonisti non diidropiridinici sono utili nel controllo della frequenza cardiaca e non hanno alcun ruolo, se non quello di placebo, nel ripristino e nel mantenimento del ritmo sinusale.

Con quale strategia utilizzare i farmaci AA?

Nel 2002, contemporaneamente, vennero pubblicati due studi, lo studio AFFIRM ed il RACE (3,4), con lo scopo di far luce sulla migliore strategia terapeutica nella FA (controllo del ritmo oppure il controllo della frequenza cardiaca). Il primo Trial, in particolare, è il più ampio che sia stato mai pubblicato in questa materia: oltre 5 mila pazienti furono arruolati ed assegnati alle due strategie terapeutiche con l’obbiettivo di determinare incidenza  di mortalità, accidenti tromboembolici ed ospedalizzazione. Sorprendentemente le due strategie,controllo del ritmo verso il controllo della frequenza, non dimostrarono alcuna differenza statisticamente significativa nei due gruppi, anzi fu osservato un discreto incremento di mortalità durante il follow up nel gruppo del controllo del ritmo. Questo incremento di mortalità totale potrebbe essere correlato ad un maggior utilizzo di farmaci AA il cui ruolo assumerebbe pertanto un aspetto estremamente deleterio: i dati non sono probanti anche perché successive analisi hanno dimostrato che nello studio AFFIRM l’incremento di mortalità totale era da riferire a mortalità NON cardiovascolare (in particolare carcinoma polmonare). Quale significato dare a questi risultati è tuttora estremamente dubbio (5). Questi studi hanno confrontato due strategie di trattamento in popolazione di pazienti mediamente anziani e le conclusioni sul possibile vantaggio del semplice controllo della frequenza sono assolutamente scorrette. Il difetto degli studi AFFIRM e RACE è nel disegno dello studio stesso. Sarebbe stato interessante confrontare l’outcome dei pazienti in ritmo sinusale rispetto a quelli in FA. Infatti, l’analisi “post hoc” ha dimostrato che se nel gruppo controllo del ritmo il 62.6% dei pazienti era in ritmo sinusale, anche nel gruppo controllo della frequenza il ritmo sinusale era presente nel 34.6%. Se si confrontano mortalità e qualità della vita tra pazienti in ritmo sinusale rispetto a quelli in fibrillazione atriale si osserva un significativo miglioramento nel primo gruppo.

La ricerca su nuovi farmaci AA non ha dato al momento grandi speranze per una gestione sicura e risolutiva per il trattamento della FA. La Dofetilide ha dimostrato nello studio DIAMOND-CHF una significativa efficacia rispetto al placebo nel ripristinare e mantenere il ritmo sinusale e questo risultato si accompagna ad una riduzione dell’ospedalizzazione per scompenso cardiaco (6).

Un ultimo cenno alla “Upstream therapy” : vari farmaci non antiaritmici (ACE inibitori, bloccanti i recettori dell’angiotensina, betabloccanti)   migliorano e talvolta eliminano le  cause a monte della FA. Il controllo dei meccanismi che conducono al rimodellamento del miocardio atriale e ventricolare  riducono l’incidenza di FA (7).

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Fuster V, Ryden LE, Cannon DS, et al. ACC/AHA/ESC 2006 Guidelines for the Management of Patients with Atrial Fibrillation. Executive Summary. Circulation 2006; 114:700-752
  2. Disertori M, Alboni P, Botto G, Brignole M, Cappucci A, Delise P, Della Bella P, Di Pasquale G, Gasparini M, Inama G, Lombardi F, Pandori C, Raviele A, Salerno JA. Linee guida  AIAC 2006 sul trattamento della fibrillazione atriale.  GIAC 2006; 9:1-71.
  3. Wyse DG, Waldo AL, DiMarco JP, Domanski MJ,  et al : Atrial  Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management (AFFIRM) Investigators: A comparison of rate control and rhythm control in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2002;347:1825-1833
  4. Van Gelder IC, Hagens VE, Bosker HA, et al: Rate control versus Electrical Cardioversion for Persistent Atrial Fibrillation Study Group: A comparison of rate control and rhythm control in patients with recurrent persistent atrial fibrillation. N Engl J Med 2002; 347:1834-1840
  5. Testa L, Biondi-Zoccai GG, Dello Russo A, et al : Rate control vs rhythm control in patients with atrial fibrillation: A meta-analysis. Eur Heart J 2005;26:2000-2006
  6. Torp-Pederson C, Moller M, Bloch-Thomsen PE, et al: Dofetilide in patients with Congestive Heart Failure and Left Ventricular Dysfunction (DIAMOND-CHF). N Engl J Med 1999;341:857-865.
  7. Madrid AH, Bueno MG, Rebollo JM, et al: Use of irbesartan to maintain sinus rhythm in patients with long-lasting persistent atrial fibrillation. A prospective and randomized study. Circulation 2000;106:331-336.