La diagnosi di
sincope cardiogena
Andrea Campana
Dipartimento Medico-Chirurgico di Cardiologia
Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti San
Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona”. Salerno
La sincope, secondo la
definizione della Società Europea di Cardiologia (ESC), è
caratterizzata da perdita transitoria dello stato di coscienza,
a risoluzione spontanea, generalmente accompagnata da caduta al
suolo; il meccanismo fisiopatologico è rappresentato da
ipoperfusione cerebrale.
Lo studio Framingham, basato su
un ampio campione di popolazione, riportava una incidenza di
7.2 casi/anno per mille abitanti (1); tuttavia, in popolazioni
selezionate come gli anziani, l’incidenza annuale può essere più
alta del 6%, con un tasso di recidive del 30%.
Benché la sincope abbia una
prognosi generalmente benigna, quando la causa sia di origine
cardiaca, il tasso di mortalità ad un anno oscilla tra il 18
ed il 33% (2). Non trascurabile è l’impatto negativo che la
sincope esercita sulla qualità e sullo stile di vita dei
pazienti: in uno studio di Linzer et Al. il 76% dei soggetti con
sincope aveva limitazioni nelle attività quotidiane, il 64%
sperimentava difficoltà nella guida di autoveicoli ed il 39%
nell’attività lavorativa (3); inoltre, la sincope rappresenta
un importante fattore di morbilità, causando traumi di varia
entità nel 17-35% dei pazienti che ne sono affetti.
In Italia, la sincope è causa
dell’1.1% di accessi al pronto soccorso (4); dati ufficiali del
Ministero della Salute relativi all’anno 2003 parlano di 52.130
ricoveri (ordinari e in day-hospital) con diagnosi principale di
“sincope e collasso”.
Valutazione iniziale.
Di fondamentale importanza
nell’iter diagnostico del paziente con sincope è l’approccio
iniziale, basato su una accurata raccolta anamnestica,
sull’esame clinico comprensivo della misurazione della pressione
arteriosa anche in ortostatismo, nonché sulla registrazione di
un elettrocardiogramma standard (5,6).
Le tre domande che il Medico deve
porsi di fronte al paziente sincopale sono:
1)
La perdita di coscienza è attribuibile a vera sincope?
2)
E’ presente una cardiopatia?
3)
Vi sono importanti aspetti anamnestici che indirizzano la
diagnosi?
La prima domanda riguarda la
distinzione che va sempre fatta tra la sincope “vera” ed alcune
condizioni ( Tab I) che la possono simulare (7) :

TAB. I
E’ utile, a questo punto,
rammentare, in maniera più dettagliata, le cause di sincope,
facendo riferimento alla tabella riassuntiva sotto riportata (TAB
II) (7):

Numerosi studi condotti negli
anni ’80 hanno dimostrato, come si è già accennato sopra, che
la mortalità a un anno dei pazienti con sincope cardiogena è
sensibilmente più alta di quella dei pazienti con sincope da
causa non cardiaca o indeterminata (2,6); per tale motivo,
appare di cruciale importanza dare una risposta alla seconda
domanda: difatti, la presenza di cardiopatia sospetta o
accertata impone particolare attenzione nella valutazione del
paziente sincopale, rendendo, nella maggior parte dei casi,
necessario il ricovero per indagini di secondo livello e/o a
scopo terapeutico. Per quanto riguarda gli aspetti
clinico-anamnestici che possono indirizzare per una diagnosi
eziologia, ed in particolare per l’origine cardiogena della
sintomatologia, l’assenza di prodromi, benché più frequente
nella sincope da causa cardiaca (41%), non è assolutamente
determinante, in quanto presente circa nella stessa misura nella
sincope neuromediata (33%) ed in quella da causa indeterminata
(37%) (5); possono costituire elementi diagnostici di una certa
importanza la presenza documentata di una grave affezione
organica cardiaca, la manifestazione della sincope durante
sforzo o in posizione supina, oppure preceduta da palpitazione o
dolore toracico; non va trascurata, nella raccolta anamnestica,
l’ eventuale storia familiare di morte improvvisa, che
potrebbe orientare per la presenza di una cardiopatia aritmogena
a trasmissione genetica.
Aspetti elettrocardiografici che
possono far sospettare con maggiore o minore fondatezza
l’origine cardiaca della sincope sono i seguenti (TAB III) (8) :
-
Blocco bifascicolare
(blocco di branca sinistra o blocco di branca destra
combinato con blocco fascicolate anteriore o
posteriore)
-
Altre anomalie della
conduzione intraventricolare ( durata del QRS >0.12
sec)
-
Blocco
atrio-ventricolare di II grado tipo Lucani-Wenkebach
-
Bradicardia sinusale
asintomatica (<50 bpm), blocco senoatriale o pause
sinusali ≥3 sec. in assenza di farmaci con effetto
cronotropo negativo.
-
Complessi
ventricolari preeccitati.
-
Intervallo QT
prolungato.
-
Blocco di branca
destra con elevazione del tratto ST nelle
derivazioni V1-V3 ( sindrome di Brugada).
-
Onde T negative nelle
derivazioni precordiali anteriori, onda “epsilon” e
potenziali tardivi ventricolari suggestivi di
cardiomiopatia aritmogena ventricolare destra.
-
Onde Q suggestive di
infarto del miocardio.
|
TAB III
Impiego degli esami strumentali.
La valutazione iniziale può
condurre ad una diagnosi certa della origine della sincope,
basata sui sintomi o sui segni clinici ed elettrocardiografici;
quando, invece, il meccanismo della sincope non è evidente, nei
pazienti che presentino le caratteristiche
clinico-elettrocardiografiche indicative della presenza di una
cardiopatia, poichè questa è associata ad un maggior rischio di
aritmie e di mortalità, viene raccomandata una completa
valutazione cardiologica, consistente in monitoraggio
elettrocardiografico prolungato (Holter o loop-recorder
esterno o impiantabile), stress test, ecocardiogramma, ed
eventualmente studio elettrofisiologico.
Nell’ipotesi di una genesi
cardiaca della sincope, l’ esecuzione di un ecocardiogramma
serve a confermare o escludere la presenza di una malattia
strutturale del cuore (9).
Un test da sforzo diagnostico ed
un ecg dinamico sono da prendere in considerazione nei casi già
con ecocardiogramma anomalo o in pazienti con alta probabilità
pre-test di coronaropatia o aritmie (10); tra l’altro, benché
l’ecg dinamico (Holter) sia un test largamente disponibile con
costi relativamente ridotti, ciò non è sufficiente per definire
la metodica ad elevato grado di apppropriatezza (classe I) nei
pazienti con sincope (11). Secondo le linee guida europee (8),
l’Holter è indicato nei pazienti con episodi sincopali e
presincopali molto frequenti e che presentino caratteristiche
clinico-elettrocardiografiche suggestive per la presenza di una
genesi cardiaca della sintomatologia; il test è diagnostico
quando viene rilevata la correlazione tra il manifestarsi della
sincope e l’anomalia elettrocardiografica.
Un test elettrofisiologico
invasivo è indicato quando la valutazione iniziale suggerisce
una causa aritmica della sincope e nessuna aritmia di rilievo
sia stata evidenziata al monitoraggio elettrocardiografico,
oppure al fine di valutare l’esatta natura di una aritmia già
identificata come causa di sincope; il test è anche indicato nei
pazienti che svolgano attività ad alto rischio, nei quali deve
essere compiuto ogni tentativo per individuare una possibile
causa cardiaca di sincope (8); un risultato normale dello studio
elettrofisiologico non può completamente escludere una causa
aritmica di sincope e, quando essa sia molto probabile in base
agli elementi clinico-elettrocardiografici, è necessario
ricorrere ad ulteriori indagini ( es. loop-recorder).
Tuttavia, lo studio
elettrofisiologico endocavitario risulta assolutamente
diagnostico nei casi seguenti:
a)
bradicardia sinusale marcata e tempo di recupero del nodo
del seno molto elevato
b)
blocco bifascicolare e HV>100 msec basalmente o sviluppo
di blocco A-V di 2°-3° grado sottohisiano durante esecuzione di
stimolazione atriale incrementale o dopo somministrazione e.v.
di Ajmalina.
c)
induzione, mediante stimolazione programmata, di
tachicardia ventricolare monomorfa.
d)
induzione di una aritmia sopraventricolare rapida che
riproduca i sintomi spontanei o provochi grave ipotensione.
Il valore diagnostico dello
studio elettrofisiologico è, invece, minore (classe II) quando
ci si trovi di fronte alle seguenti condizioni:
a)
intervallo HV >70 e <100 msec
b)
induzione di tachicardia ventricolare polimorfa o
fibrillazione ventricolare in pazienti con sindrome di Brugada
(12) , cardiomiopatia (displasia) aritmogena ventricolare
destra, pazienti resuscitati da arresto cardiaco (8).
L’induzione di tachicardia
ventricolare polimorfa o fibrillazione ventricolare in pazienti
con cardiomiopatia ischemica o primitiva con funzione
contrattile depressa ha un basso valore predittivo ( classe III)
( 13, 14).
Quando il meccanismo eziologico
della sincope rimanga misconosciuto anche dopo una valutazione
completa, l’impianto di un “loop recorder” è indicato nei
pazienti che presentino un pattern elettrocardiografico
suggestivo per l’origine aritmica della sintomatologia e che
abbiano una storia clinica caratterizzata da sincopi ricorrenti
determinanti conseguenze traumatiche (classe I) (8).
Vengono considerate come
indicazioni di classe II all’impianto di un “loop recorder” le
seguenti :
a)
In una fase iniziale del “workup” diagnostico, in luogo
degli esami convenzionali, in pazienti con funzione
ventricolare conservata e che presentino un aspetto
dell’elettrocardiogramma di base suggestivo per una origine
aritmica della sincope (15).
b)
Al fine di stabilire il contributo della bradicardia
prima di procedere all’impianto di un pace-maker, in pazienti
con sincope neuro-mediata certa o sospetta, che presentino
episodi frequenti o complicati da traumi (16).
Il monitoraggio
elettrocardiografico, nelle sue varie forme di attuazione,
appare inutile nei pazienti sincopali che non presentino gli
aspetti elettrocardiografici suggestivi per una causa aritmica
di sincope riportati nella TAB III; è importante sottolineare
che , al fine della correlazione diagnostica tra anomalia
elettrocardiografica e sintomo, la presincope non costituisce un
adeguato surrogato della sincope vera e propria: essa non
dovrebbe pertanto essere usata come guida per la definizione
della terapia (17).
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