Il ruolo
dell’infermiere professionale nella prevenzione delle malattie
cardiovascolari
E. Gnarra , A. Tancredi, A. Citera, A. Cirillo, A. Musto,
A.Puglia,
F. Curcio, S. Marotta, G. Olivaro, E. D’Alessandro, A. Elia,
G.Gallo,
G. Gregorio
ASL SA 3 Vallo della Lucania Dipartimento Cardiovascolare
U.O. UTIC-Cardiologia- Ospedale S. Luca Vallo Della Lucania
(SA)
Negli ultimi anni numerosi studi
epidemiologici hanno consentito di identificare i fattori di
rischio delle malattie cardiovascolari e di definirne il ruolo
predittivo. Recenti trial clinici hanno evidenziato la
possibilità di prevenire le malattie coronariche sia nei
soggetti sani (Prevenzione primaria), sia nei soggetti già
affetti da cardiopatie (Prevenzione secondaria). Sulla base di
queste evidenze sono stati elaborati dei programmi di
prevenzione, che hanno contribuito a ridurre la mortalità
cardiovascolare del 40% dal 1978 ad oggi, nonostante ciò, le
malattie cardiovascolari costituiscono ancora la causa più
frequente di mortalità in Italia e nei paesi occidentali e la
loro incidenza è in aumento nei Paesi in via di sviluppo.
I numeri delle malattie
cardiovascolari
- 4 milioni di vittime all’anno
nei Paesi dell’Unione Europea
- Costo stimato pari a 180
miliardi di euro l’anno
- 235000 vittime/anno in Italia
- 1150000 ricoveri/anno
- 1000000 di italiani soffre di
scompenso cardiaco
- 160000 persone/anno hanno un
attacco cardiaco, 1 ogni 4 minuti; 1 su 4 muore.
La scarsa incisività degli
interventi di prevenzione secondaria è documentata dai dati
dello studio Euroaspire condotto in 10 Paesi Europei su pazienti
dopo un infarto miocardio, che ha evidenziato l’alta percentuale
di persistenza dei fattori di rischio a distanza di mesi
dall’evento coronario. (Tab.1)
Tabella 1
Persistenza dei fattori di
rischio dopo un evento coronario
Euroaspire |
I |
II |
|
1995-96 |
1999-2000 |
|
|
|
Fumo |
19% |
21% |
Soprappeso (BMI>25) |
78% |
81% |
Obesità (BMI>30) |
25% |
33% |
Ipertensione |
55% |
50% |
Ipercolesterolemia |
67% |
59% |
Le cause di questi deludenti
risultati sono molteplici:
-
Una carente politica di prevenzione Nazionale;
-
Il ruolo ambiguo dello Stato (produttore di tabacco e
contemporaneamente fornitore di cure per le malattie causate dal
tabacco);
-
Le barriere culturali e la conseguente difficoltà ad
incidere sugli stili di vita;
-
La priorità dell’acuzie con la conseguente mancanza di
risorse e di tempo per la prevenzione;
-
La scarsità di incentivi per il personale addetto alla
prevenzione;
-
L’assenza di collegamenti tra ospedale e territorio.
Il ruolo
nursing nella prevenzione
L’infermiere nella prevenzione,
svolge un ruolo di primaria importanza: può intervenire
in tutte le strategie di prevenzione codificate già nel 1982
dall’ OMS e riportate nel testo delle linee guida del 1999, e
cioè:
-
strategia di popolazione, in
altre parole modificare lo stile di vita e i fattori
ambientali responsabili dell’elevata incidenza delle
patologie cardiovascolari nella popolazione generale;
-
strategia su i pazienti ad
alto rischio;
-
strategia di prevenzione
secondaria.
Tabella 2
Figure professionali |
Fase intensiva
Italia |
Fase intensiva Europa |
Fase estensiva Italia |
Fase estensiva Europa |
Infermieri (IP) |
100 |
86,9 |
84,6 |
47,5 |
Terapisti della
riabilitazione |
73,9 |
91,6 |
61,5 |
67,3 |
Dietisti |
69,6 |
81,3 |
38,5 |
27,5 |
Assistenti sociali |
30,4 |
58,6 |
23,1 |
16,3 |
Terap. Occup. |
13,0 |
33,1 |
7,7 |
7,8 |
Gli infermieri che operano in
ospedale, essendo a contatto con i pazienti nelle varie fasi del
ricovero, dall’ingresso fino alla dimissione, e riuscendo a
conoscere, meglio di chiunque altro, il carattere del paziente,
le sue abitudini, lo stile di vita, l’ambiente familiare che lo
circonda, contribuiscono fattivamente alla loro continuità
assistenziale.
Principi fondamentali
dell’assistenza infermieristica:
1)
L’assistenza infermieristica è un campo specifico di
intervento nell’ambito dell’assistenza sanitaria.
2)
La prevenzione, l’assistenza e l’educazione sanitaria
sono funzioni proprie dell’infermiere, da svolgere in stretta
collaborazione con il medico e con altri operatori.
3)
L’infermiere è un professionista con specifici campi di
intervento, autonomia e responsabilità professionale.
4)
E’ necessario prevedere dei corsi di formazione e di
aggiornamento professionale per fornire agli infermieri
specifiche competenze.
L’infermiere professionale,
nella prevenzione, svolge un ruolo determinante che può
diversificarsi in tre funzioni:
Funzione tecnica:
L’infermiere collabora con il
medico per l’esecuzione di manovre di screening (prelievi per
esami ematochimici, misurazione della pressione arteriosa ecc.)
e di indagini strumentali ( ECG, test da sforzo, ECG dinamico,
ecocardiogramma ecc.) che consentono di definire il profilo di
rischio di ciascun paziente.
Funzione di educatore alla
salute:
L’infermiere professionale deve,
sia in prevenzione primaria che in quella secondaria, promuovere
un corretto stile di vita, tale da ridurre il rischio di
malattie cardiovascolari o eventuali recidive. In particolare
dovrà raccomandare uno stile di vita che preveda le seguenti
attenzioni:
1)
Astensione dal fumo
2)
Una alimentazione sana ed equilibrata, che preveda un
basso apporto di grassi animali e privilegi verdura, pesce,
frutta fresca e cereali.
3)
Incremento dell’attività fisica: un esercizio aerobico (
camminare, nuotare, andare in bicicletta per almeno 60 minuti al
giorno per 3-4 volte alla settimana.
4)
Una corretta informazione sulle terapie somministrate e
sulla necessità dei controlli periodici o di eventuali esami
diagnostici. I farmaci da assumere per la cura delle malattie
cardiovascolari sono in genere prescritti per lunghi periodi o,
in alcuni casi, per tutta la vita e la loro efficacia dipende
dal grado di adesione dei pazienti. Spesso il personale tecnico
ed infermieristico è il primo ad essere consultato dai pazienti
circa le terapie da assumere e sugli eventuali effetti
collaterali lamentati. E’ evidente che un informazione
inadeguata sugli scopi della terapia, sulle sue modalità di
assunzione, sugli effetti collaterali da essa determinati porta
frequentemente alla sospensione della terapia, con conseguenze
immaginabili.
Funzione di supporto
psicologico:
Le malattie cardiovascolari
spesso determinano una serie di reazioni e comportamenti che
condizionano la ripresa psicologica del paziente. Ansietà e
depressione, irritabilità e aggressività che portano alla
negazione della malattia, o, al contrario, a sentirsi inutile,
di peso,ormai invalido, dipendente dal medico, dai farmaci e dai
familiari, provocano gravi conflitti interiori e difficoltà nel
reinserimento familiare e sociale.
L’infermiere professionale ha il
compito di accogliere bene il paziente creando un’atmosfera
distesa, di parlargli, di rassicurarlo sull’andamento della
malattia e su un decorso generalmente favorevole e sulla
possibilità di riprendere una normale vita lavorativa e sociale.
I luoghi della prevenzione
Non esiste un luogo unico
dedicato alla prevenzione: l’intervento preventivo deve essere
svolto nella pratica quotidiana intra ed extra ospedaliera.
L’ospedale costituisce senz’altro un luogo privilegiato per la
prevenzione secondaria, quanto meno nelle prime fasi del
ricovero.
Negli ultimi decenni i ricoveri
per scompenso cardiaco sono aumentati in modo esponenziale in
tutti i paesi occidentali. Poiché i costi per i ricoveri
rappresentano i 2/3 della spesa totale per lo scompenso, per
contenere la spesa sanitaria sarà quindi necessario ridurre il
più possibile i ricoveri stessi.Ebbene, proprio per seguire
meglio i pazienti con scompenso cardiaco, sono state realizzate
le seguenti strategie, riconducibili a due modelli fondamentali:
-
Ambulatorio dedicato allo scompenso, gestito da
infermieri professionali
-
Assistenza infermieristica domiciliare al paziente.
Efficacia dell’educazione alla
salute/counseling
Un recente studio ha evidenziato
l’efficacia della sola informazione separata dalla componente
assistenziale:
88 pazienti con diagnosi di
scompenso cardiaco sono stati randomizzati a ricevere o meno,
oltre alle informazioni di routine, un intervento educativo
sulle seguenti aree:
- che cos’è lo scompenso
- relazione tra farmaci e
malattia
- relazione tra comportamento e
malattia
- come riconoscere precocemente
i sintomi di un attacco acuto
- dove e quando richiedere
assistenza
entro 2 settimane dalla
dimissione un infermiere esperto eseguiva un intervento
educativo di circa 1h, con successivi rinforzi settimanali
(telefonici o a domicilio) per 4 sett. , ogni 15 giorni per 8
sett. e successivamente mensili.
Risultato dello studio
Il gruppo che aveva ricevuto
l’intervento educativo ha avuto:
-
un minor numero di riospedalizzazioni
-
un minor numero di casi di scompenso cardiaco
-
una riduzione dei costi di ospedalizzazione di circa 8500
euro a paziente.
Un significato importante assume
la valutazione del rischio nell’attività infermieristica.
Processo di nursing
-
Identificare il livello del rischio del paziente
-
Individuare la priorità di intervento in termini
preventivi ed educativi (utilizzando la carta del rischio)
-
Utilizzare obiettivi misurabili, ragionevoli e visibili
-
Valutare in itinere e alla fine.
Per la prevenzione primaria
potrebbero essere istituiti sul territorio degli ambulatori
coordinati dagli infermieri, che agendo nell’ambito di
protocolli standardizzati e collegati a banche dati dei pazienti
e con canali di comunicazione privilegiata sia con i medici di
base sia con gli ambulatori ospedalieri, andrebbero a segnalare
i soggetti con il profilo di rischio elevato.
Gli strumenti della prevenzione:
il rapporto personale con il
paziente rappresenta sempre lo strumento migliore per una
strategia di prevenzione, soprattutto nelle prime fasi, quando
va costruito un rapporto di stima, fiducia e collaborazione.
L’infermiere in accordo con il cardiologo, potrebbe costituire
il punto di riferimento organizzativo coinvolgendo, in base
all’argomento trattato, altre figure professionali come il
dietista, il fisiatra, lo psicologo, il medico del lavoro.
Importante è il coinvolgimento dei familiari.
Purtroppo, ancora oggi, in
letteratura vi sono pochi lavori sul ruolo dell’infermiere nella
prevenzione delle malattie cardiovascolari, ma è certo che in
alcune esperienze di intervento sui fattori di rischio, si è
verificato un miglior rapporto costo-efficacia negli interventi
mediati dagli infermieri rispetto ai programmi che prevedono
l’intervento dei medici. Proprio l’intervento sul fumo eseguito
dagli infermieri mediante la consegna di opuscoli informativi,
ha evidenziato il miglior costo-efficacia rispetto a tutti gli
altri interventi di cura e prevenzione della cardiopatia
ischemica. Nel 1990 Taylor et al., della Stanford University,
hanno pubblicato i risultati di un intervento eseguito dagli
infermieri professionali, mirato all’astensione dal fumo in un
gruppo di 173 pazienti reduci da un IMA. I pazienti randomizzati
al gruppo trattati ricevevano informazioni specifiche sui rischi
connessi al fumo sin dalle fasi di ricovero e successivamente
venivano eseguiti dei rinforzi telefonici dell’informazioni
ricevute. Agli altri venivano fornite le abituali generiche
informazioni sulla necessità di abolire il fumo. Del gruppo
trattati si è osservata una riduzione del 29% dei fumatori
rispetto al gruppo controllo.
Per espletare a pieno titolo un
ruolo efficace nel campo della prevenzione, l’infermiere deve:
-
Acquisire conoscenze e competenze specifiche nel campo
della prevenzione delle malattie cardiovascolari;
-
Sviluppare capacità di comunicazione, attitudine al
colloquio con i pazienti e i loro familiari, sensibilità nel
trovare le parole giuste per informare sulle cause della
malattia, ricordare sempre che molto spesso è più importante far
parlare piuttosto che parlare;
-
Avere dimestichezza con l’uso del computer, in
particolare con sistemi informatizzati di archivio, gestione ed
elaborazione dei dati.
La realtà è ancora lontana da
quella auspicabile. Il personale infermieristico è concentrato
sul trattamento della condizione acuta del paziente, non sulla
riabilitazione o sul trattamento dei fattori di rischio. Gli
stessi corsi di aggiornamento per gli infermieri sono per lo più
dedicati al trattamento delle patologie acute, con scarsa
attenzione ai problemi della prevenzione.
Purtroppo, “la percentuale dei
pazienti ad alto rischio cardiovascolare che riceve un adeguato
trattamento di prevenzione è bassa in misura allarmante”, questa
affermazione, tratta dalla XXVII Conferenza di Bethesda, suona
come un appello agli operatori sanitari e a tutti coloro che
hanno un ruolo nella Sanità a dedicare maggiori risorse, sia
economiche sia umane, alla prevenzione delle malattie
cardiovascolari. Tutto ciò, quindi, impone una riflessione,
che diventa ancora più doverosa se si presta attenzione a quello
che diceva P. White già nel 1931: “La malattia cardiaca prima
degli 80 anni è una nostra colpa, e non frutto della volontà di
Dio o della natura.”
Bibliografia
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