La
diagnosi di sindrome coronarica acuta :
certezze e dubbi
C.Boschetti ,R.Violini
U.O.Cardiologia
Interventistica –Ospedale San Camillo –Roma -
Le malattie cardiovascolari
e la sindrome coronarica acuta rappresentano le principali
patologie nei Paesi occidentali industrializzati.
I primi e fondamentali
criteri diagnostici stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità indicavano la presenza di infarto del miocardio se si
manifestavano in contemporanea almeno due dei seguenti tre
elementi: dolore toracico tipico, alterazioni caratteristiche
dell'elettrocardiogramma, elevazione con successivo decremento
in campioni di sangue raccolti in sequenza degli enzimi
cardiaci .
Tuttavia l’approccio
diagnostico al paziente che presenta dolore toracico era e
rimane ancora complesso.
Un notevole aiuto è stato
dato dalla recente identificazione di marker specifici e
sensibili di necrosi miocardica e all'avvento di metodiche di
imaging sofisticate e precise. Ciò ha portato ad una più
precoce ed adeguata diagnosi , ma si è reso necessario una nuova
definizione di IMA.
E' stata fatta, quindi una distinzione tra infarto acuto
(SINDROME COROANRICA ACUTA –SCA - a ST sopraslivellato e ST non
sopraslivellato ) , in evoluzione o recente ed infarto pregresso
Il rialzo dei markers sierici
di necrosi miocardica quali CPK, LDH, troponina, mioglobina
rappresenta l'elemento in dispensabile per la diagnosi di IMA.
La troponina, recentemente
introdotta dalle nuove linee guida per la diagnosi di necrosi
miocardica, si avvicina al marker di necrosi miocardica ideale,
avendo elevata miocardio-specificità, alta sensibilità e
finestra temporale ampia (durata 10-14 gg circa). Pertanto, le
isoforme cardiache della TnT e TnI possono essere utilizzate
come markers di lesione miocardica a elevata specificità,
sicuramente superiore a quella della CK-MB.
L'elevata sensibilità diagnostica delle troponine è
strettamente connessa al fatto che il valore plasmatico nei
soggetti normali è pressocchè uguale a zero. Pertanto il loro
dosaggio consente di identificare pazienti con piccolissimi, a
volte microscopici, fenomeni di necrosi miocardica che,
altrimenti, non avrebbero soddisfatto i criteri enzimatici
convenzionali per la definizione di IMA.
Altro marker biochimico, introdotto nelle nuove linee
guida, è la mioglobina. Esso rappresenta al momento il marker
più precoce di danno miocardico. Ritorna ai valori normali nelle
24 ore, pertanto trova la sua utilità diagnostica in quei
pazienti in cui il dolore è di recente insorgenza (<6 ore) o
come marker di reinfarto nelle prime due settimane dall'infarto
in cui si ha la persistenza di Troponine elevate.
Infine attuale marker biochimico di riferimento per la
diagnosi di infarto miocardico acuto è l'isoenzima CK-MB,
soprattutto se misurato come massa proteica con metodi
immuno-chimici, piuttosto che come attività catalitica con il
metodo di immuno-inibizione.
L’utilizzo della nuova
definizione di IMA ha modificato l’approccio clinico –
terapeutico dei soggetti con SCA .
Alcuni autori hanno rilevato
che l’applicando i nuovi criteri ESC/ACC per la diagnosi di SCA
in modo retrospettivo ad un gruppo di pazienti con sospetto IMA
, ha portato ad un incremento della diagnosi del 35% annuo. I
pazienti con diagnosi di IMA secondo i nuovi criteri, avevano
una degenza più breve, una più bassa mortalità ospedaliera e una
prevalenza simile di procedure di rivascolarizzazione. .
Quindi l’utilizzo dei nuovi
criteri diagnostici , nonché dei “ nuovi” marker di necrosi
miocardica pur dando un grande aiuto nella diagnosi e nella
stratificazione prognostica della sindrome coronarica acuta ,
ha aperto un scenario con problematiche legate in alcuni casi
,ad un eccessivo utilizzo di metodiche invasive con conseguenti
incrementi di spese ( in particolare nelle SCANSTEMI ) , a
“incertezze “diagnostiche legate proprio a rialzi delle
troponine .
Infatti ,malgrado, il ruolo determinante delle troponine
cardiache sia oggi universalmente riconosciuto nella clinica
dell’ischemia miocardica, una considerevole parte di pazienti
con sindrome coronarica acuta può manifestare concentrazioni non
diagnostiche al momento del ricovero , oppure rialzi
“ingiustificati” .
L’utilizzo appropriato ed
efficiente delle risorse terapeutiche dipende da una rapida
stratificazione del rischio, per escludere o diagnosticare una
sindrome coronarica acuta.
Resta , pertanto ,
fondamentale per la diagnosi e le successive strategie
terapeutiche ( ineterventistiche e farmacologiche ) nella SCA
la valutazione clinica “globale “ con attenta rilevanza
del profilo di rischio del paziente : tutto ciò gioca un ruolo
fondamentale non solo clinico , ma anche e soprattutto per
effettuare delle scelte terapeutiche mirate , ad un adeguate
e giusto rapporto costi/ benefico .
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