LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON FIBRILLAZIONE ATRIALE

 

Maurizio Santomauro, Pierluigi Diana, Francesco Albanese,

Salvatore Buonerba, Livio Tecchia, Massimo Chiariello

Dipartimento di Medicina Interna, Malattie Apparato Cardiovascolare, Cardiochiruirgia, Immunologia. Cattedra di cardiologia, Università Federico II, Napoli

 

 La fibrillazione atriale (FA) è una tachiaritmia sopraventricolare caratterizzata da un’attivazione atriale desincronizzata, cioè irregolare, con conseguente compromissione dell’attività meccanica degli atri. Nell’elettrocardiogramma (ECG) è  caratterizzata da: 1) assenza delle onde P, sostituite da deflessioni irregorali e variabili in ampiezza e morfologia; 2) irregolarità dei complessi QRS con frequenza ventricolare media generalmente elevata. Nella FA la risposta ventricolare dipende dalla capacità conduttiva del nodo atrio-ventricolare (A-V); tanto più questa è elevata, tanto più la frequenza ventricolare è alta.Sono state proposte svariate classificazioni della FA e nessuna di queste può essere considerata esaustiva. Quella più utilizzata suddivide la FA in parossistica, caratterizzata da accessi tachiaritmici che insorgono improvvisamente e recedono spontaneamente entro alcune ore o giorni; il numero di tali accessi è estremamente variabile da soggetto a soggetto. Quando il ripristino del ritmo sinusale è indotto da un intervento farmacologico o dalla cardioversione elettrica, la FA viene definita persistente. Una FA di lunga durata viene invece definita permanente o cronica; non vi è accordo sulla durata minima (generalmente oltre un mese).

La prevalenza della fibrillazione atriale è dello 0.5%–1% nella popolazione adulta; è relativamente bassa nei soggetti giovani ed aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età. Le principali implicazioni della FA sono di tipo emodinamico e tromboembolico. I fattori che contribuiscono principalmente a peggiorare il quadro emodinamico sono: 1) la perdita della contrattilità atriale associata a rigidità delle pareti, che comporta una difficoltà di svuotamento con conseguente aumento delle pressioni in atrio sinistro ed a monte, cioè nel circolo polmonare (1) e 2) l’irregolarità, oltre alla alta frequenza cardiaca, del ritmo ventricolare che riduce la portata circolatoria. Le conseguenze emodinamiche della FA si traducono in termini clinici in un peggioramento della qualità di vita e in un aumento della mortalità cardiovascolare (2,3). L’altra importante implicazione della FA è rappresentata dalle tromboembolie. Infatti la stasi che si verifica a livello atriale favorisce la formazione di trombi, prevalentemente nell’atrio sinistro, con conseguente possibilità di embolie sistemiche. La FA può essere in rapporto ad affezioni acute (infarto miocardico, miocardite, ecc.) ma molto più frequentemente si associa ad  affezioni cardiache croniche quali la cardiopatia ipertensiva, la cardiopatia ischemica, la miocardiopatia dilatativa o ipertrofica, cardiopatie congenite, valvulopatie. Può essere in rapporto anche a patologie extracardiache quali l’ipertiroidismo o affezioni cerebrali di varia natura. La FA può essere riscontrata anche in assenza di affezioni cardiache o extracardiache; in tal caso viene definita “idiopatica”. Tale tipo di FA è tuttaltro che rara caratterizzando circa il 40% delle forme parossistiche ed il 20% di quelle croniche (4). La FA idiopatica ha una prognosi benigna e una bassa incindenza di tromboembolie, soprattutto nei soggetti di età < 65 anni. Nei pazienti con sottostante cardiopatia l’incidenza di embolia è invece piuttosto elevata, mediamente del 5% per anno e nell80% dei casi interessa il distretto cerebrale (TIA o ictus). I sintomi che si possono rilevare in un paziente con FA dipendono – oltre che da una diversa sensibilità individuale alle accelerazioni del ritmo cardiaco – dalla presenza e dalla gravità della cardiopatia sottostante e dalle caratteristiche dell’aritmia stessa, in particolare l’elevata frequenza cardiaca. Il sintomo puù frequente è il cardiopalmo, presente in circa l’80% dei pazienti con FA parossistica e nel 50% con FA cronica. La dispnea è presente in circa il 20% dei pazienti con FA parossistica e nel 50% di quelli con FA cronica. Più rari il dolore precordiale e la sincope o la presincope, queste ultime più frequenti nella FA parossistica (circa 15%). Sfortunatamente sincope e presincope sono state sempre riportate assieme (4,5) e non conosciamo la reale prevalenza della sincope, che appare tuttavia bassa. Circa il 40% dei pazienti con FA cronica ed il 30% di quelli con FA parossistica soffrono di episodi di scompenso cardiocircolatorio (4).

Trattamento anticoagulante: I trials sulla prevenzione del rischio tromboembolico hanno dimostrato la superiorità della terapia anticoagulante orale nel ridurre il rischio di eventi embolici e di stroke, rispetto al trattamento con aspirina La politerapia è frequente in questi pazienti. Il rischio di interazioni farmacologiche seriamente dannose è raro, tuttavia, alcuni farmaci che interferiscono con il sistema nervoso centrale tendono ad incrementare il rischio di caduta a terra. La possibilità di caduta a terra è percepita come un fattore di rischio incrementale per lo sviluppo di emorraggia intracranica.

Controllo del ritmo o controllo della frequenza: il mantenimento del ritmo sinusale nei pazienti con storia di FA corregge l’emodinamica cardiaca e puo’ migliorare i sintomi. Nessun trials ha dimostrato una riduzione di mortalità o morbilità da parte di una strategia di controllo del ritmo.

Gli accertamenti che devono essere eseguiti in un paziente con FA sono finalizzati ad indagare la presenza e la gravità di una eventuale cardiopatia e pertanto l’ecocardiogramma ed eventualmente l’RX torace ed il test da sforzo se si sospetta una cardiopatia ischemica. Se vi sono segni o sintomi suggestivi di una frequenza cardiaca non controllata è indicato l’Holter 24 ore. Accertamenti invasivi possono essere indicati per meglio definire la cardiopatia sottostante.

Per quanto riguarda la valutazione dell’idoneità alla guida di motoveicoli nei pazienti con FA va rilevato che non è stato condotto al momento alcuno studio finalizzato a definire l’incidenza di incidenti stradali in tali pazienti; bisogna pertanto basarsi sulle conoscenze cliniche e sul buon senso (7–9). I parametri su cui basarsi sono principalmente la presenza o meno di cardiopatia, il controllo terapeutico di quest’ultima e della frequenza ventricolare e soprattutto l’eventuale comparsa di complcianze rappresentate dallo scompenso cardiaco, dalla sincope e dalle tromboembolie.

 

TABELLA I

Pazienti (Pz) con fibrillazione atriale (FA). Idoneità alle categorie A e B

 

 

 

·       Pz con FA, con o senza  cardiopatia organica, in assenza di complicanze (scompenso cardiaco, embolie, sincope)

 

Idoneità

 

 

 

 

 

 

 

in rapporto a manifestazioni ipocinetiche

 

Idoneità dopo impianto di stimolatore

·       Pz con FA e sincope

 

 

 

 

 

 

in rapporto alla tachiaritmia per se

 

Idoneità dopo adeguata terapia antiaritmica

 

 

 

 

 

 

 

classi NYHA I, II, III

 

Idoneità con revisioni periodiche

·       Pz con FA ed episodi di scompenso cardiaco

 

 

 

 

 

 

classe NYHA IV

 

Non idoneità

 

 

 

 

 

 

 

Non invalidanti

 

Idoneità dopo adeguata terapia antitrombotica

·       Pz con episodi embolici

 

 

 

 

 

 

invalidanti

(es. ictus cerebrale)

 

Idoneità in base all’entità dell’invalidità permanente

 

I criteri di idoneità alle categorie A e B sono riportati nella tabella I. I pazienti con FA, con o senza cardiopatia, in assenza delle sopracitate complicanze, possono essere ritenuti idonei.

In caso di scompenso cardiaco con dispnea presente anche a riposo (classe NYHA IV) deve essere proscritta al paziente la guida dell’auto. Quest’ultima può essere ripresa se un’adeguata terapia riduce la classe NYHA migliorando i sintomi; deono essere eseguite, tuttavia, revisioni periodiche (orientativamente 2 anni per classi NYHA I e II).

Il problema è più controverso nei rari casi in cui la FA è responsabile di episodi sincopali. Se questi, sulla base dei dati offerti da un’adeguata monitorizzazione ECG, sono attribuibili a pause cardiache in rapporto ad una concomitante patologia del nodo A-V, si deve impiantare uno stimolatore cardiaco e con tale protesi il paziente può riprendere la guida. La sincope non in rapporto a manifestazioni ipocinetiche, che si osserva generalmente all’inizio di un accesso di FA, sembra

TABELLA II

 

Pazienti con fibrillazione atriale. Idoneità alle categorie C, D e E

 

 

 

 

·       Pz con FA, idiopatica o con cardiopatia lieve, con frequenza cardiaca controllata, in assenza di complicanze (scompenso, sincope, embolie) e di manifestazioni ipocinetiche di rilievo

 

Idoneità

·       Pz con cardiopatia conclamata e/o con le complicanze sopraccitate

 

Non idoneità

     

 

avere una duplice genesi (6): cardiaca in quanto innescata dalla tachiaritmia e neuromediata (vasovagale) per attivazione di un riflesso abnorme facilitato verosimilmente dalla diminuzione del riempimento ventricolare e/o dall’aumento delle pressioni atriali. In tale evenienza deve essere prescritta al paziente una terapia antiaritmica profilattica con farmaci quali la flecainide, il propafenone, il sotalolo o l’amiodarone che hanno il duplice scopo di ridurre le recidive tachiaritmiche e di rallentare la frequenza cardiaca in caso di recidiva. Sfortunatamente non è mai stato indagato un modo sistematico il comportamento della sincope dopo terapia antiaritmica profilattica. Sulla base del buon senso appare opportuno sconsigliare la guida temporaneamente qualora la sincope sia insorta improvvisamente, non preceduta cioè da prodromi. Se invece questi ultimi sono presenti ed il paziente ha pertanto la possibilità di controllare il veicolo prima della perdita di coscienza, non appare opportuno precludere la guida dell’auto, una volta iniziata una adeguata terapia antiaritmica.

Per quanto riguarda l’ultima delle complicanze e cioè l’ictus cerebrale, le possibilità di guida dipendono dall’entità dell’invalidità fisica residua del paziente e si rimanda per questo aspetto ad una trattazione specifica.

I criteri di idoneità alle categorie C, D ed E sono riportati nella tabella II. Ai pazienti con FA idiopatica o con cardiopatia lieve, con frequenza cardiaca controllata, in assenza delle complicanze sopracitate e di manifestazioni ipocinetiche rilevanti dovrebbe essere concessa l’idoneità, tuttavia con revisioni periodiche. La presenza di una cardiopatia conclamata o di qualsiasi complicanza non consente l’idoneità alla guida.

 In conclusione, un’accurata valutazione clinica, eventualmente corredata da indagini strumentali, è in grado di garantire alla gran parte dei soggetti affetti da FA, opportunamente selezionati in base alla categoria richiesta, la possibilità di guida.

Bibliografia

1)      Alboni P, Scarfò S, Fucà G, Paparella N, Yannacopulu P. Hemodynamics of paroxysmal atrial fibrillation. PACE 1995;18:980–85

2)      Kannel WB, Abbott RD, Savage DD, McNamara PM. Coronary heart disease and atrial fibrillation: the Framingham study. Am Heart J 1983;106:389–96

3)      Ganiats TG, Browner DK, Dittrich HC. Comparison of quality of well-being scale and NYHA functional status calssification in patients with atrial fibrillation. Am Heart J 1998;135:819–24

4)      Levy S, Maarek M, Coumel P et al. Characterization of different subsets of atrial fibrillation in general practice in France. The ALFA study. Circulation 1999;99:3028–35

5)      Kerr C, Boone J, Connolly S et al. Follow-up of atrial fibrillation: the initial experience of the Canadian Registry of Atrial Fibrillation. Eur Heart J (suppl C) 1996;17:48–51

6)      Brignole M, Gianfranchi L, Menozzi C et al. Role of autonomic reflexes in syncope associated with paroxysmal atrial fibrillation. J Am Coll Cardiol 1993;22:1123–29

7)      Martini M, Gruppillo P. Infermità cardio-vascolari e idoneità alla conduzione di veicoli. Bologna, Monduzzi Ed. 1993, p. 127

8)      Miles WM. Driving issues related to arrhythmic syncope. Cardiol Clin 1997;15:327–39

9)      Binns H, Camm J. Driving and arrhythmias. BMJ 2002;324:927