IL GOVERNO CLINICO: UN MEZZO PER MIGLIORAE LA QUALITA’ IN CARDIOLOGIA

 

G. Rosato, E. Di Lorenzo, T. Lanzillo

Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino

 

Il governo clinico è oggetto di grande dibattito e attenzione, ma occorre capire se si tratta di una pura discussione accademica o di una vera occasione per cambiare il modo di fare assistenza.

Noi crediamo che il governo clinico possa consistere nella capacità di tradurre nella pratica le soluzioni più appropriate, forte di un management di qualità alle spalle, associato a una interpretazione qualificata del ruolo del professionista clinico.

In realtà, è nella capacità di implementare i processi di trasformazione reale dei servizi che si gioca la partita dello sviluppo delle aziende e della loro capacità di essere adeguate alle nuove esigenze.

Il mantenimento e il miglioramento della qualità dell’assistenza richiedono interventi rivolti alla molteplicità dei determinanti della QUALITA’ della pratica clinica:

ü      formazione dei professionisti

ü      disponibilità di risorse

ü      assetti strutturali, organizzativi e gestionali adeguati

ü      utilizzo e controllo delle innovazioni biomediche

ü      competenza del professionista

ü      appropriatezza del percorso medico-diagnostico

L’insieme dei suddetti determinanti appartiene in parte alla sfera di azione del clinico, in parte alla sfera di azione del management.

Il governo clinico enfatizza l’esigenza di riavvicinare in modo strutturato e stabile le competenze manageriali e cliniche per poter affrontare in modo unitario i diversi determinanti della qualità dell’assistenza mediante l’attivazione di un sistema di relazioni stabili che crei un ambiente favorevole di collaborazione, sia a livello centrale che di unità operative-dipartimento.

I temi oggetto di confronto sono quelli che influenzano in modo significativo la pratica clinica e che sono di competenza delle due parti, manageriale e clinica:

Ø      programmazione e organizzazione dei servizi, delle tecnologie e del controllo delle innovazioni tecnologiche;

Ø      programmi per il miglioramento, la gestione e il monitoraggio della qualità delle cure;

Ø      gestione del rischio clinico;

Ø      connessione e raccordo degli obiettivi clinici con il processo di budget;

Ø      programmi di formazione continua.

Possiamo pertanto ritenere il governo clinico come l’insieme di strumenti con i quali l’organizzazione assicura l’erogazione di assistenza sanitaria di alta qualità, responsabilizzando i professionisti sulla definizione, il mantenimento e il monitoraggio di livelli ottimali di assistenza.

La natura complessa dell’attività clinica e dell’assistenza sanitaria a essa collegata impone una alta autonomia professionale. Il fondamento della responsabilità consiste nella identificazione e nell’approvazione del ruolo assunto da parte di ciascun professionista. Il clinico è responsabile delle scelte diagnostiche e terapeutiche di alta qualità fornite al singolo paziente e deve essere in grado, in ogni momento, di dimostrare l’appropriatezza di tali scelte, specificando e controllando le opportune prove scientifiche. L’organizzazione sanitaria, da parte sua, deve garantire prestazioni di alta qualità e essere in grado di dimostrarlo con la formulazione e il controllo delle caratteristiche del sistema di assistenza.

L’atto clinico e assistenziale rappresentato è il cuore del sistema e la struttura organizzativa delle aziende sanitarie deve facilitare la partecipazione dei professionisti alla definizione di metodi e di strumenti di governo dei servizi e di promozione della qualità.

Le strategie per la promozione della qualità si identificano con le politiche di governo clinico che possono però essere applicate con successo soltanto laddove si sviluppi «un ambiente lavorativo adeguato, ove le scelte siano più condivise che imposte, lo scambio di idee elevato e il riconoscimento della responsabilità nelle diverse posizioni più legato alla leadership che all’attribuzione burocratica d’incarichi». Il governo clinico, quindi, propone o meglio ripropone con forza un sistema di valori quali la trasparenza nella scelta delle priorità di allocazione delle risorse, l’onestà intellettuale nella dichiarazione dei conflitti d’interesse, il rigore metodologico nella valutazione delle informazioni disponibili sugli interventi sanitari appropriati sulla base di prove, ma anche l’integrazione professionale, la gestione sistemica dei percorsi assistenziali, la responsabilità diffusa, l’apprendimento dall’errore, lo scambio e la comunicazione-partecipazione con il paziente.

Tommaso Trenti, che ha trattato l’argomento sulla rivista “Iniziativa Ospedaliera”, scrive: «una politica tesa a rendere i professionisti responsabili a garanzia della qualità clinica delle prestazioni e delle risorse utilizzate non è un privilegio in favore di difese corporative, ma una necessità di sistema. Infatti, un meccanismo gestionale che imponga standard calati dall’alto non determina risultati positivi e, pur necessitando di un dispendio enorme di risorse per vincolare il clinico a indicazioni sull’appropriatezza, non induce significativi cambiamenti dell’agire professionale».

La qualità, dunque, non può essere promossa attraverso l’applicazione di norme e sanzioni. Può fondarsi solo su un patto con i professionisti sanitari che li veda protagonisti e responsabili delle azioni e della valutazione dei risultati. Il processo di cura è un sistema complesso, che spesso richiede l’intervento di molteplici figure professionali, frammentate in diversi momenti del percorso appartenenti a istituzioni diverse; è difficilmente standardizzabile perché in continua evoluzione sia sotto il profilo tecnologico e scientifico, sia rispetto ai bisogni di salute e alle aspettative nei confronti dei servizi sanitari.

Misurare il miglioramento della salute conseguente all’adozione di pratiche diagnostiche, terapeutiche e organizzative che si sono dimostrate efficaci sulla base di studi clinici affidabili può non essere facile e immediato. Occorre la consapevolezza che la variabilità dei comportamenti (tra singoli medici, tra unità operative, tra dipartimenti, tra ospedali, tra aree geografiche) costituisce, nei fatti, un ostacolo all’equità di accesso alle prestazioni e al diritto dei cittadini di ricevere almeno tutte quelle cure che si sono dimostrate efficaci. La medicina e l’assistenza sanitaria basate sulle prove di efficacia hanno posto l’accento sull’importanza di fondare le decisioni cliniche su prove scientifiche prodotte da studi metodologicamente rigorosi, sull’importanza della trasparenza nella dichiarazione dei potenziali conflitti d’interesse e, infine, sul giusto ruolo che l’esperienza del singolo medico deve avere nel decidere sul singolo paziente.

Attuare politiche di governo clinico è dunque un obiettivo strategico finalizzato a creare maggiore coerenza e trasparenza, a migliorare la qualità dei servizi, a garantire alle istituzioni un supporto importante per definire priorità e operare scelte di allocazione delle limitat

 

IL GOVERNO CLINICO: UN MEZZO PER MIGLIORAE LA QUALITA’ IN CARDIOLOGIA

 

G. Rosato, E. Di Lorenzo, T. Lanzillo

Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino

 

Il governo clinico è oggetto di grande dibattito e attenzione, ma occorre capire se si tratta di una pura discussione accademica o di una vera occasione per cambiare il modo di fare assistenza.

Noi crediamo che il governo clinico possa consistere nella capacità di tradurre nella pratica le soluzioni più appropriate, forte di un management di qualità alle spalle, associato a una interpretazione qualificata del ruolo del professionista clinico.

In realtà, è nella capacità di implementare i processi di trasformazione reale dei servizi che si gioca la partita dello sviluppo delle aziende e della loro capacità di essere adeguate alle nuove esigenze.

Il mantenimento e il miglioramento della qualità dell’assistenza richiedono interventi rivolti alla molteplicità dei determinanti della QUALITA’ della pratica clinica:

ü      formazione dei professionisti

ü      disponibilità di risorse

ü      assetti strutturali, organizzativi e gestionali adeguati

ü      utilizzo e controllo delle innovazioni biomediche

ü      competenza del professionista

ü      appropriatezza del percorso medico-diagnostico

L’insieme dei suddetti determinanti appartiene in parte alla sfera di azione del clinico, in parte alla sfera di azione del management.

Il governo clinico enfatizza l’esigenza di riavvicinare in modo strutturato e stabile le competenze manageriali e cliniche per poter affrontare in modo unitario i diversi determinanti della qualità dell’assistenza mediante l’attivazione di un sistema di relazioni stabili che crei un ambiente favorevole di collaborazione, sia a livello centrale che di unità operative-dipartimento.

I temi oggetto di confronto sono quelli che influenzano in modo significativo la pratica clinica e che sono di competenza delle due parti, manageriale e clinica:

Ø      programmazione e organizzazione dei servizi, delle tecnologie e del controllo delle innovazioni tecnologiche;

Ø      programmi per il miglioramento, la gestione e il monitoraggio della qualità delle cure;

Ø      gestione del rischio clinico;

Ø      connessione e raccordo degli obiettivi clinici con il processo di budget;

Ø      programmi di formazione continua.

Possiamo pertanto ritenere il governo clinico come l’insieme di strumenti con i quali l’organizzazione assicura l’erogazione di assistenza sanitaria di alta qualità, responsabilizzando i professionisti sulla definizione, il mantenimento e il monitoraggio di livelli ottimali di assistenza.

La natura complessa dell’attività clinica e dell’assistenza sanitaria a essa collegata impone una alta autonomia professionale. Il fondamento della responsabilità consiste nella identificazione e nell’approvazione del ruolo assunto da parte di ciascun professionista. Il clinico è responsabile delle scelte diagnostiche e terapeutiche di alta qualità fornite al singolo paziente e deve essere in grado, in ogni momento, di dimostrare l’appropriatezza di tali scelte, specificando e controllando le opportune prove scientifiche. L’organizzazione sanitaria, da parte sua, deve garantire prestazioni di alta qualità e essere in grado di dimostrarlo con la formulazione e il controllo delle caratteristiche del sistema di assistenza.

L’atto clinico e assistenziale rappresentato è il cuore del sistema e la struttura organizzativa delle aziende sanitarie deve facilitare la partecipazione dei professionisti alla definizione di metodi e di strumenti di governo dei servizi e di promozione della qualità.

Le strategie per la promozione della qualità si identificano con le politiche di governo clinico che possono però essere applicate con successo soltanto laddove si sviluppi «un ambiente lavorativo adeguato, ove le scelte siano più condivise che imposte, lo scambio di idee elevato e il riconoscimento della responsabilità nelle diverse posizioni più legato alla leadership che all’attribuzione burocratica d’incarichi». Il governo clinico, quindi, propone o meglio ripropone con forza un sistema di valori quali la trasparenza nella scelta delle priorità di allocazione delle risorse, l’onestà intellettuale nella dichiarazione dei conflitti d’interesse, il rigore metodologico nella valutazione delle informazioni disponibili sugli interventi sanitari appropriati sulla base di prove, ma anche l’integrazione professionale, la gestione sistemica dei percorsi assistenziali, la responsabilità diffusa, l’apprendimento dall’errore, lo scambio e la comunicazione-partecipazione con il paziente.

Tommaso Trenti, che ha trattato l’argomento sulla rivista “Iniziativa Ospedaliera”, scrive: «una politica tesa a rendere i professionisti responsabili a garanzia della qualità clinica delle prestazioni e delle risorse utilizzate non è un privilegio in favore di difese corporative, ma una necessità di sistema. Infatti, un meccanismo gestionale che imponga standard calati dall’alto non determina risultati positivi e, pur necessitando di un dispendio enorme di risorse per vincolare il clinico a indicazioni sull’appropriatezza, non induce significativi cambiamenti dell’agire professionale».

La qualità, dunque, non può essere promossa attraverso l’applicazione di norme e sanzioni. Può fondarsi solo su un patto con i professionisti sanitari che li veda protagonisti e responsabili delle azioni e della valutazione dei risultati. Il processo di cura è un sistema complesso, che spesso richiede l’intervento di molteplici figure professionali, frammentate in diversi momenti del percorso appartenenti a istituzioni diverse; è difficilmente standardizzabile perché in continua evoluzione sia sotto il profilo tecnologico e scientifico, sia rispetto ai bisogni di salute e alle aspettative nei confronti dei servizi sanitari.

Misurare il miglioramento della salute conseguente all’adozione di pratiche diagnostiche, terapeutiche e organizzative che si sono dimostrate efficaci sulla base di studi clinici affidabili può non essere facile e immediato. Occorre la consapevolezza che la variabilità dei comportamenti (tra singoli medici, tra unità operative, tra dipartimenti, tra ospedali, tra aree geografiche) costituisce, nei fatti, un ostacolo all’equità di accesso alle prestazioni e al diritto dei cittadini di ricevere almeno tutte quelle cure che si sono dimostrate efficaci. La medicina e l’assistenza sanitaria basate sulle prove di efficacia hanno posto l’accento sull’importanza di fondare le decisioni cliniche su prove scientifiche prodotte da studi metodologicamente rigorosi, sull’importanza della trasparenza nella dichiarazione dei potenziali conflitti d’interesse e, infine, sul giusto ruolo che l’esperienza del singolo medico deve avere nel decidere sul singolo paziente.

Attuare politiche di governo clinico è dunque un obiettivo strategico finalizzato a creare maggiore coerenza e trasparenza, a migliorare la qualità dei servizi, a garantire alle istituzioni un supporto importante per definire priorità e operare scelte di allocazione delle limitate risorse.