La funzione
ventricolare sinistra:
il lato oscuro della
forza
Tonino Bombardini, Eugenio Picano
CNR, Istituto di Fisiologia Clinica, Pisa
(picano@ifc.cnr.it)
Nel
concetto standard, la contrattilità è la capacità intrinseca
del miocardio di generare forza e contrarsi, indipendentemente
da modificazione del pre- e del post-carico per frequenze
cardiache fisse. A livello molecolare il meccanismo centrale
della contrattilità si identifica nelle variazioni della
concentrazione degli ioni Ca2+ nel citosol della
cellula miocardica. Gli ioni ioni Ca2+ entrano nella
cellula tramite i canali del calcio di membrana che si aprono in
risposta all’onda di depolarizzazione che attraversa il
sarcolemma. Questi Ca2+ ioni provocano con meccanismo
a cascata la liberazione di quantità maggiori di ioni calcio dal
reticolo sarcoplasmatico: di conseguenza inizia un ciclo di
contrazione-rilasciamento. In passato numerosi sono stati i
tentativi di trasferire il concetto fisiopatologico di
contrattilità pura, espresso nella fibra miocardica isolata
dalla velocità massima di accorciamento della fibra muscolare
non sottoposta a carico (Vmax), al cuore in toto in vivo. Suga e
Sagawa hanno raggiunto l’obiettivo misurando le curve
pressione/volume nel cuore intatto: durante un intervento
inotropo, la curva pressione/volume riflette un volume
telesistolico più piccolo per valori più elevati di pressione
telesistolica, così che lo pendenza della relazione
pressione/volume telesistolico si sposta in alto e a sinistra.
La relazione pressione/volume telesistolico è l’indice più
accurato per quantificare la contrattilità nel cuore intatto ed
è pressoché indipendente da cambiamenti del pre- e del
post-carico. E’ largamente utilizzata in studi sperimentali
nell’animale ed occasionalmente in clinica. Il limite della
relazione pressione/volume telesistolico è che non quantifica la
regolazione frequenza dipendente dalla contrattilità: la
regolazione frequenza dipendente del passaggio transmembranoso
degli ioni Ca2+ tramite i canali del calcio voltaggio
dipendenti, fornisce alle cellule cardiache un meccanismo
altamente sofisticato e veloce in risposta per la regolazione
dell’omeostasi del calcio intracellulare. Un incremento della
frequenza di stimolazione aumenta la forza di contrazione: la
spiegazione è l’entrata ripetitiva del calcio ione ad ogni
depolarizzazione, e di conseguenza l’accumulo di calcio nel
citosol. Quando il cuore si scompensa, avviene un cambiamento
dell’espressione genica dal pattern normale dell’adulto a quello
della vita fetale, con un’inversione della pendenza normalmente
ascendente della relazione forza-frequenza: il rilascio di
calcio in sistole ed il reuptake diastolico è diminuito in
condizioni basali, ed anziché aumentare per incrementi della
frequenza cardiaca, diminuisce. Poiché la quantificazione della
pendenza della relazione forza-frequenza evidenzia alterazioni
iniziali della contrattilità, in stati di transizione tra
contrattilità normale e anormale a riposo, è indispensabile un
indice pratico di misura. La misura dell’elastanza telesistolica
con curve pressione/volume per frequenze cardiache incrementali
è, a scopi clinici, impraticabile: occorre un pacing temporaneo
(per determinare l’incremento di frequenza) oltre al
posizionamento di un catetere a conduttanza in ventricolo
sinistro (per la misura delle variazioni di volume e pressione),
di un pallone in vena cava (per le manipolazioni del pre-carico),
di farmaci (per indurre, ad esempio con angiotensina,
cambiamenti del post-carico). Inoltre, un indice non-invasivo è
sicuramente preferibile. La misura non-invasiva del rapporto
pressione/volume telesistolico per rampe incrementali di
frequenza in corso di ecostress può essere la risposta pratica
alla crescente richiesta di un indice migliore di contrattilità
nell’attuale pratica clinica. La contrattilità miocardica è a
tutt’oggi la cenerentola dei dati quotidianamente utilizzati nei
laboratori ecocardiografici, per una scarsa dimestichezza
pratica con le curve pressione/volume e per la facile
accessibilità del più semplice, ma non sovrapponibile, utilizzo
della frazione di eiezione. Un esempio di quanto fallace possa
essere l’utilizzo della frazione di eiezione come indicatore
di contrattilità sono i casi non previsti di afterload-mismatch
dopo chirurgia nell’insufficienza mitralica. La frazione di
eiezione è un indice di funzione ventricolare e come tale
descrive la semplice funzione di pompa del ventricolo. Gli
indici di funzione ventricolare sono afterload dipendenti, e
quindi non utili per quantificare lo stato contrattile. In
condizioni di scompenso cardiaco, quando la contrattilità
miocardica diminuisce, aumenta la sensibilità del miocardio
deteriorato alla pressione e alle resistenze sistemiche, che
condizionano maggiormente la funzione di pompa ventricolare,
indipendentemente dallo stato contrattile. Perciò la
correlazione tra l’entità dello scompenso clinico e la frazione
di eiezione è imperfetta, e tanto più imperfetta quanto la
condizione di scompenso è avanzata. Quando un paziente esegue un
ecostress, programmato secondo le indicazioni standard, per la
ricerca di ischemia inducibile o vitalità, la contrattilità può
essere studiata senza modificare il protocollo e senza rischi
aggiuntivi per il paziente.
Per ogni valore di frazione di
eiezione basale (normale o anormale) la relazione
forza-frequenza riesce ad identificare pazienti con normale
riserva contrattile (relazione forza-frequenza ascendente) o
alterata riserva contrattile (relazione forza-frequenza piatta o
bifasica). Questo dato è potenzialmente interessante:
- nei pazienti, senza ischemia
inducibile, che presentino normale funzione ventricolare a
riposo con disfunzione contrattile latente (disfunzione
miocardica diabetica o valvolare) ancora non clinicamente
espressa.
- nei pazienti con severa
alterazione della funzione ventricolare a riposo, per
discriminare i casi con residua riserva contrattile e quindi con
prognosi più favorevole.
I prossimi anni diranno se la
contrattilità – ottenuta nel laboratorio eco – si potrà
consolidare in un’informazione non solo fisiopatologicamente
dolce per il ricercatore ma anche attraente e solida per il
clinico in contesti critici come lo scompenso cardiaco o
l’identificazione del danno miocardio incipiente.
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(Per saperne di più, con
animazioni e diapositive:
http://www.eugeniopicano.it/ffr.htm )