LA SINDROME DI TAKO-TSUBO: COME RICONOSCERLA, COME
TRATTARLA
Marco M. Patella, Rodolfo Citro, Rosalia Lo Piccolo , Filippo
Gatto Giovanni Gregorio
ASL SA3 Vallo della Lucania Dipartimento Cardiovascolare
U.O. UTIC-Cardiologia, Ospedale. S. Luca, Vallo della Lucania
Definizione
Con il termine “tako-tsubo
syndrome” si definisce una sindrome caratterizzata da un quadro
clinico ed elettrocardiografico simile ad un infarto miocardico/sindrome
coronarica acuta, accompagnato da un peculiare tipo di
disfunzione acuta e reversibile del ventricolo sinistro
(a-discinesia dei segmenti medio-apicali con ipercontrattilità
di quelli basali), modico rialzo di troponina ed enzimi
indicativi di danno miocardico, e coronarie epicardiche
angiograficamente normali. Tale sindrome, caratteristicamente
indotta da uno stress emotivo e/o fisico, è più frequente in
donne in età post-menopausale, in genere con pochi fattori di
rischio classici per cardiopatia ischemica (3-7).
Cenni storici
Descritta dapprima nel 1991 in
Giappone, essa deve il suo nome alla somiglianza dell’aspetto
del ventricolo sinistro in sistole alla ventricolografia con un
vaso dal collo stretto e corpo largo (detto appunto “tako-tsubo”),
usato dai pescatori giapponesi per catturare i polipi. In
seguito la sindrome, descritta anche in popolazioni occidentali,
è stata variamente denominata, dando particolare risalto al tipo
di evento scatenante (“stress cardiomyopathy”) o all’aspetto
ventricolografico ed ecocardiografico (“transient left
ventricular apical balloning syndrome”) (3-7).
Presentazione clinica
Il quadro più frequente (3-7) è
quello di un paziente (di sesso femminile in circa il 90% dei
casi), che accede al Pronto Soccorso o al Dipartimento di
Emergenza per un dolore retrosternale simil-anginoso di lunga
durata (>20 minuti) spesso associato a dispnea; non mancano però
casi con presentazione o evoluzione drammatiche, come shock
cardiogeno o fibrillazione ventricolare (rispettivamente nel 4.2
e 1.5% dei casi) (6). In anamnesi è presente un recente evento
stressante (accaduto nella medesima giornata o poche ore prima),
di tipo emotivo (27% dei casi: morte di una persona cara,
contrasti in famiglia, perdite finanziarie o al gioco) o fisico
(38%: intenso stress lavorativo, incidente d’auto, percosse,
esami endoscopici, esacerbazione di malattie sistemiche con
eventuale intubazione oro-tracheale e ventilazione assistita
etc.). Tuttavia in circa il 35% dei pazienti non è stato
possibile identificare un evento stressante responsabile dei
sintomi (forse anche per imperfetta raccolta dell’anamnesi) (6).
Quadro elettrocardiografico
Le anomalie
elettrocardiografiche sono in gran parte suggestive di
IMA/sindrome coronarica acuta, e consistono principalmente in
sopraslivellamento del tratto S-T nelle derivazioni precordiali
(soprattutto V1-V3) durante la fase acuta (81.6% dei casi),
seguito dall’inversione profonda e simmetrica delle onde T nella
fase subacuta (64.3%); frequenti anche, in fase acuta, onde Q
patologiche o complessi QS (31.8%) e/o caduta dell’onda R nelle
precordiali (6). Altri autori hanno peraltro riportato come
anomalia più frequente ed importante l’inversione profonda e
simmetrica delle onde T (nelle precordiali e talora anche nelle
derivazioni degli arti), la quale può essere presente già come
manifestazione iniziale al ricovero del paziente, o comparire in
seguito, come evoluzione del sopraslivellamento dell’S-T o come
evoluzione di ECG d’ingresso senza anomalie significative (3).
Caratteristicamente, l’inversione delle onde T può persistere
anche per mesi dopo la risoluzione del quadro clinico e la
normalizzazione della cinetica ventricolare sinistra, mentre la
scomparsa delle onde Q e la ripresa del voltaggio delle R nelle
precordiali segue rapidamente alla risoluzione della fase acuta.
Un’altra anomalia quasi sempre associata all’inversione delle
onde T è l’allungamento dell’intervallo Q-Tc, che però di solito
non è responsabile di aritmie ipercinetiche tipo torsione di
punta (2).
In ogni caso, concetto
fondamentale è che le anomalie dell’elettrocardiogramma
all’esordio possono essere molto simili ad un infarto
miocardico/sindrome coronarica acuta, tanto da indurre talora il
medico a somministare farmaci trombolitici (5-6).
Markers di danno miocardico
Troponina ed enzimi di citolisi
miocardica risultano modicamente positivi o lo divengono in
determinazioni seriate, ma con un rialzo tipicamente molto
inferiore rispetto a quanto atteso in rapporto all’estensione
delle dissinergie ecocardiografiche (3-7).
Ecocardiogramma
Il quadro ecocardiografico
mostra una ridotta frazione d’eiezione (FE) del ventricolo
sinistro (di solito <40%), con una peculiare
distribuzione delle dissinergie contrattili, consistente in
a-discinesia dei segmenti medio-apicali, con spessore di parete
conservato, ed ipercontrattilità dei segmenti basali. La FE e le
anomalie contrattili ritornano normali in un tempo variabile da
alcuni giorni ad alcuni mesi (3-7).
Coronarografia-ventricolografia
La coronarografia eseguita
d’urgenza (quando possibile) o a breve distanza di tempo, mostra
coronarie epicardiche senza stenosi significative o materiale
trombotico intraluminale. Il quadro ventricolografico (dal quale
deriva il nome di “tako-tsubo syndrome”) è quello di una larga
acinesia dei segmenti medio-apicali del ventricolo sinistro, con
ipercontrattilità dei segmenti basali.
Sfortunatamente, eccettuata la
coronarografia d’urgenza, non vi sono a tutt’oggi reperti
clinici, ecocardiografici, radiologici o di laboratorio che
permettano al clinico la diagnosi certa di questa sindrome (6).
Segnaliamo infine (5) la recente
descrizione (Mayo Clinic) di quattro casi di stress
cardiomyopathy del tutto simili ai precedenti per esordio e
decorso clinico, ma con un quadro ecocardiografico e
ventricolografico peculiare (ridotta FE del ventricolo sinistro
per dilatazione ed acinesia dei segmenti medioventricolari con
ipercontrattilità dei segmenti basali ed apicali), tanto da far
introdurre la denominazione di “transient midventricular
ballooning syndrome”. Gli autori ipotizzano che l’insolita
distribuzione delle dissinergie contrattili potrebbe
rappresentare una fase intermedia della tako-tsubo
classica, in cui si è già avuto il recupero di funzione
contrattile dei segmenti apicali; tale ipotesi contrasta però
col fatto che la coronarografia fu eseguita nei quattro pazienti
entro le 24 ore dall’esordio clinico.
Trattamento
In assenza di studi specifici,
il trattamento della sindrome resta largamente empirico e
dovrebb’essere individualizzato secondo i reperti
clinico-strumentali d’esordio nei singoli pazienti. Molto
diffuso il trattamento conservativo con beta-bloccanti e/o
ACE-inibitori, riservando il supporto inotropo farmacologico
(dobutamina-dopamina) o meccanico (contropulsatore aortico) ai
casi con compromissione emodinamica.
La prognosi è in genere buona,
con risoluzione del quadro clinico in poche ore o giorni. Scarse
le recidive della sintomatologia.
Patogenesi
Molto discussa e sostanzialmente
ancora irrisolta la patogenesi della sindrome. Precisiamo
innanzitutto che le metodiche d’imaging usate nei vari studi
(ecocardiografia, RMN, scintigrafia miocardica di perfusione)
(2-4, 6) concordano nella conclusione che le anomalie
contrattili osservate in fase acuta coinvolgono il territorio di
distribuzione di più di una, e talora di tutt’e tre, le arterie
coronarie. Inoltre, la RMN con mdc (3) ha mostrato che i
segmenti a-discinetici in fase acuta sono comunque formati da
miocardio vitale, come peraltro deducibile anche, a posteriori,
dalla ripresa contrattile del ventricolo sinistro a distanza di
tempo.
Le ipotesi principali possono
essere così riassunte:
1) Spasmo delle coronarie
epicardiche (in particolare spasmo multivasale), documentato
però, durante coronarografia, soltanto in una piccola
percentuale di casi (1.8% per lo spasmo spontaneo, 27.7% per
quello indotto da acetilcolina o ergonovina).
2) Disfunzione acuta e
reversibile del microcircolo coronarico (6-9), valutato con
varie metodiche d’indagine (misurazione della riserva di flusso
coronarica, invasiva o con ecocardiografia transtoracica;
TIMI frame count durante coronarografia). Questi studi
concordano nel dimostrare una perfusione e/o riserva
vasodilatatoria del microcircolo coronarico ridotta in acuto e
normalizzata a distanza di tempo, risultati peraltro
sovrapponibili a quelli della SPECT (10), che ha dimostrato un
deficit di captazione del radiotracciante all’apice del
ventricolo sinistro nella fase acuta e normale captazione dopo
alcuni giorni.
3) Tossicità miocardica
diretta da catecolamine. Tale ipotesi è basata sulla
somiglianza del quadro elettrocardiografico (11) ed
ecocardiografico della “tako-tsubo syndrome” con quello, già
noto da anni, di pazienti affetti da accidenti cerebrovascolari
acuti (in particolare emorragia subaracnoidea) o da varie
malattie sistemiche (insufficienza respiratoria acuta, traumi
del torace, coma diabetico iperosmolare, sepsi, intossicazione
da farmaci, sindrome di astinenza da alcool etc.); durante tali
affezioni il danno miocardico è stato classicamente attribuito
ad una tossicità catecolaminica diretta da attivazione del
sistema nervoso simpatico. Concordante con quest’ipotesi è anche
il riscontro di valori ematici di catecolamine e metaboliti
molto più alti nei pazienti con “tako-tsubo syndrome” rispetto a
pazienti di controllo affetti da infarto miocardico, risultato
peraltro ottenuto in piccoli casistiche (4).
4) Trombosi coronarica acuta
da placca instabile non stenosante, con rapida riperfusione
spontanea o farmacologica.
5) Miocardite. La biopsia
miocardica, eseguita peraltro in pochi casi, , non ha mostrato
chiari segni di miocardite, ma piuttosto infiltrazione di
cellule mononucleate con necrosi dei miociti a bande di
contrazione, compatibile con un danno miocardico da tossicità
catecolaminica (4).
Considerazioni conclusive
Cardiologi e medici di Pronto
Soccorso dovrebbero considerare la “tako-tsubo syndrome” nella
diagnosi differenziale dei pazienti con quadro clinico
suggestivo di sindrome coronarica acuta, soprattutto in donne in
post-menopausa con anamnesi di recente stress emotivo o fisico.
D’altra parte, varie questioni
riguardanti eziologia, fisiopatologia e gestione della sindrome
restano a tutt’oggi irrisolte e necessitano di ulteriori
ricerche.
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