Quali farmaci prima,
durante e dopo
Angioplastica
Coronarica
Luigi Oltrona Visconti
Divisione di Cardiologia Ospedale S. Martino - Genova
Prevenzione di complicanze ischemiche periprocedurali e
prevenzione della trombosi dello stent coronarico
L’angioplastica
coronarica provoca un danno endoteliale e la denudazione della
placca aterosclerotica, esponendo la matrice subendoteliale e il
collagene all’ azione adesiva delle piastrine circolanti la cui
attivazione svolge pertanto un ruolo fondamentale nella genesi
delle complicanze trombotiche periprocedurali. Pur in continua
evoluzione, appare attualmente sempre meglio definito il ruolo
della terapia antitrombotica nel prevenire le complicanze
trombotiche periprocedura. Negli ultimi anni l’utilizzo dello
stent ha ridotto il rischio di occlusione acuta del vaso per
dissezione residua, rendendo le procedure interventistiche più
sicure. Oltre al miglior risultato immediato, lo stent si è
dimostrato superiore all’angioplastica con semplice palloncino
nel mantenere il risultato a distanza riducendo la ristenosi e
la necessità di nuovo intervento. Lo stent è pertanto è
attualmente utilizzato nel 70-90% delle procedure di
rivascolarizzazione percutanea, spesso in lesioni non
favorevoli, e la preparazione farmacologica dei pazienti che
sono sottoposti a trattamento percutaneo deve essere mirata a
eliminare qualsiasi rischio di trombosi periprocedurale: per
tale motivo più di una classe di farmaci è stata valutata come
terapia di associazione alle procedure interventistiche.
Terapia
antipiastrinica
Aspirina.
L’aspirina (da 80 mg a 325 mg per os almeno 2 ore prima – o
acetilsalicilato di lisina, 500 mg endovena) deve essere
somministrata a tutti i pazienti non francamente allergici
(storia di precedenti reazioni broncospastiche, angioedema
cutaneo e reazioni anafilattiche) candidati ad angioplastica
coronarica.
Prevenzione degli eventi a distanza di tempo dalla procedura
Rimangono
aperte alcune questioni riguardo il dosaggio di carico del
farmaco, la durata del pretrattamento, il significato dell’
inizo della somminsitrazione non prima ma dopo la procedura e il
valore dell’ associazione di clopidogrel e inibitori delle
glicoproteine IIb/IIIa. Rispetto alla prima questione, anche se
stanno emergendo evidenze sull’ efficacia di un carico di
clopidogrel di 600 mg, la dose raccomandata è tuttora di 300 mg.
Inoltre sembra che la massima efficacia del pretrattamento venga
raggiunta se la somministrazione viene effettuata comunque
qualche ora prima della rivascolarizzazione, con un risultato
divergente tra diversi studi per quanto riguarda l’ efficacia
dell’ assunzione entro sei ore piuttosto che entro due ore prima
dell’ inizio della procedura: a questo proposito tuttavia il
numero di pazienti che negli studi ha assunto il farmaco poche
ore prima dello stenting è esiguo e non esistono studi ad hoc di
confronto tra le differenti opzioni temporali. Invece, sempre
dagli studi PCI-CURE e CREDO, emerge chiaramente come l’inizio
del trattamento prima dell’ angioplastica e dello stenting
ottenga un significativo beneficio in termini di riduzione di
morte, (re)infarto, nuova rivascolarizzazione urgente rispetto
alla stessa somministrazione dopo il completamento della
rivascolarizzazione.
Eparina.
L’eparina non
frazionata somministrata per via endovenosa previene la
formazione di trombi nella sede di danno endoteliale e sul
materiale utilizzato per le procedure interventistiche (guide,
cateteri). Nei laboratori di Cardiologia interventistica
l’effetto dell’eparina viene misurato rapidamente per mezzo
dell’ACT (Activated Coagulation Time). Elevati valori di
anticoaugulazione sembrano correlare con un maggior effetto
terapeutico, tuttavia aumentano i rischi di sanguinamento, in
particolare l’associazione dell’eparina con gli inibitori GP
IIb/IIIa aumenta il rischio di complicanze emorragiche.
L’infusione di eparina dopo una procedura interventistica non
complicata è sconsigliata, soprattutto in associazione con
inibitori GP IIb/IIIa.
Le linee
guida AHA/ACC per le procedure interventistiche percutanee
suggeriscono di somministrare nei pazienti non trattati con
inibitori GP IIb/IIIa un bolo di 70-100 UI/Kg di eparina non
frazionata per raggiungere un ACT pari a 250-300 sec con il
sistema Hemotec oppure pari a 300-350 sec con il sistema
Hemocron, e di rimuovere l’introduttore il prima possibile (ACT
< 150-180).
Per i
pazienti in terapia con inibitori GP IIb/IIIa, la dose di
eparina non frazionata deve essere ridotta a 50-70 UI/kg al fine
di ottenere un ACT di 200 sec.
Eparine a
basso peso molecolare.
Studi clinici
recenti quali con dalteparina, e con enoxaparina, hanno
dimostrato che l’eparina a basso peso molecolare (LMWH) è più
efficace del placebo e almeno equivalente all’eparina non
frazionata nel ridurre gli eventi clinici maggiori nei pazienti
con sindrome coronarica acuta. La somministrazione sottocutanea
senza la necessità di monitorizzare i parametri della
coagulazione offre un vantaggio logistico importante per la
gestione clinica del paziente. Tuttavia durante la procedure
interventistica, l’impossibilità di valutare in modo immediato
l’attività anticoagulante pone dei problemi per la dose di
trattamento antitrombininico aggiuntivo. Sarebbe pertanto
raccomandabile non somministrare tali farmaci a dosi scoagulanti
nelle 12 ore prima del cateterismo diagnostico e dell’eventuale
procedura interventistica. Non va dimenticato inoltre che in
caso di emorragia maggiore, differentemente dall’eparina non
frazionata, per le LMWH non esiste la possibilità di
antagonizzare l’effetto anticoagulante con la protamina. Nelle
linee guida AHA/ACC per le procedure interventistiche, nei
pazienti con sindrome coronarica acuta già in terapia con
eparine a basso peso molecolare, vengono consigliati i medesimi
dosaggi di eparina non frazionata sopra riportati. Sono in corso
di pubblicazione i risultati di trial di notevoli dimensioni che
forniranno probabilmente dati conclusivi riguardo al confronto
tra eparina non frazionata ed eparina a basso peso molecolare in
questo contesto. Recenti dati evidenziano che un dosaggio
ridotto di enoxaparina (0.5 mg/kg) in pazienti selettivamente
avviati ad angioplastica comporta una ridotta incidenza di
eventi emorragici rispetto al dosaggio standard di eparina.
Inibitori
dei recettori glicoproteici GPIIb/IIIa.
Il recettore
GPIIb/IIIa glicoproteico è il principale responsabile
dell’aggregazione piastrinica: esso, legando il fibrinogeno,
costituisce la “via finale comune” per la formazione del trombo
piastrinico. Sono stati sviluppati e testati alcuni farmaci
inibitori di questo recettore:
·
il frammento di anticorpo monoclonale abciximab
(Reopro)
·
l’ eptifibatide (Integrelin)
·
il frammento non peptidico mimetico tirofiban
(Aggrastat)
A fronte di
una evidenza modesta della loro efficacia nei pazienti non
avviati rivascolarizazione è invece eclatante il beneficio di
questi farmaci nei pazienti sottoposti ad angioplastica
coronarica. Numerosi trial hanno dimostrato che pazienti con
sindrome coronarica acuta che richiedano un immediato o
quantomeno precoce intervento percutaneo, hanno un beneficio
clinico in termini di riduzione di infarti non fatali e di
necessità di rivascolarizzazione urgente ripetuta, se trattati
con inibitori GP IIb/IIIa.
L’abciximab
rappresenta l’inibitore GP IIb/IIIa più studiato nei pazienti
sottoposti a procedura interventistica. Viene somministrato in
bolo (0.25 mg/kg) in sala di emodinamica e successivamente in
infusione per 12 ore (10μg/min). Il blocco piastrinico è
irreversibile e perdura per la durata della vita delle
piastrine. E’ necessario controllare emocromo e conta
piastrinica per evidenziare eventuale piastrinopenia o
complicanze emorragiche maggiori.
Gli inibitori
GP IIb/IIIa “small molecule” si differenziano dall’abciximab
essenzialmente per una azione più selettiva sul recettore
IIb/IIIa, e per una più veloce ripresa dell’attività piastrinica
alla sospensione del farmaco. L’eptifibatide viene somministrato
in doppio bolo (I° bolo180 mcg/Kg seguito da infusione a 2.0
mcg/kg/min per 24 ore e II° bolo 180 mcg/Kg dopo 10 min).
Il tirofiban
determina blocco del recettore IIb/IIIa in maniera dose
dipendente e viene somministrato in bolo 10 mcg/kg in 3 min e
successiva infusione a 0.15 mcg/kg/min per 12-24 ore dopo la
procedura di rivascolarizzazione. Alla luce dei numerosi trial,
le linee guida AHA/ACC per le procedure interventistiche
percutanee, suggeriscono che l’utilizzo degli inibitori GP
IIb/IIIa, venga considerato per sottogruppi di pazienti
sottoposti a procedura interventistica particolarmente instabili
o con caratteristiche di rischio elevato che maggiormente
beneficiano di tali trattamenti. Fra questi si segnalano i
pazienti diabetici, i pazienti con indici di necrosi miocardica
elevati ed i pazienti con infarto miocardico acuto
ST.
Alcuni
aspetti riguardo l’utilizzo clinico di questa classe di farmaci
rimangono tuttavia controversi: A) quando iniziare l’ infusione
B) quale farmaco scegliere C) quale reale vantaggio aggiuntivo
degli inibitori GP IIb/IIIa in pazienti con sindrome coronarica
acuta sottoposti a grado di rischio basso (TIMi Score <5) a
procedura interventistica elettiva adeguatamente pretrattati con
aspirina e ticlopidina/clopidogrel D) quando iniziare il
trattamento. A questo proposito si è sviluppato, in base alle
evidenze derivate dai trial clinici, il concetto di “upstream
treatment” con tirofiban per i pazienti con sindrome coronaria
acuta senza ST sopraslivellato, ovvero il loro pretrattamento in
unità coronaria o in Reparto per 24-48 ore prima della
procedura interventistica. I trial finora condotti hanno fornito
le evidenze dell’ efficacia della terapia antitrombotica più
completa e della scelta di rivascolarizzazione precoce con
angioplastica e stenting nei pazienti con sindromi coronariche
NSTEMI.. Tuttavia sono due gli aspetti che emergono più
recentemente nell’ ormai datato dibattito sulla miglior opzione
terapeutica in questi casi: A) la chiara indicazione a un
atteggiamento maggiormente aggressivo nei pazienti a maggior
rischio (TIMI risk score > 4, troponina elevata, diabetici,
sottoslivellamento del tratto ST all’ ecg) B) la scarsa
applicazione nel mondo reale delle nuove strategie terapeutiche
nonostante gli aggiornamenti in merito delle linee-guida delle
Società di Cardiologi.
Invece, in
caso di inizio di somministrazione del farmaco in sala di
emodinamica, l’abciximab sembra essere l’ inibitore GP IIb/IIIa
con i dati più consistenti.
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