Le indagini strumentali nel paziente iperteso:

 dalle linee guida alla pratica clinica.

 

Francesco Natale, Genny Rinaldi.

ASL SA 3 Vallo della Lucania Dipartimento Cardiovascolare  

U.O. UTIC-Cardiologia Ospedale Civile di Agropoli

 

Oggi,  la qualità dell’assistenza,  è intesa:  come appropriatezza del profilo di cura e valutazione  dell’efficacia degli interventi sanitari, in rapporto alla ottimizzazione delle risorse disponibili.

Accanto al punto di vista degli operatori sono progressivamente emersi in questi anni gli interessi dei cittadini-utenti, che sempre più chiedono conto sia della qualità delle cure e dei servizi erogati, sia della organizzazione e della gestione delle risorse utilizzate, perché sempre più consapevoli del duplice ruolo di fruitori del Servizio Sanitario e di finanziatori del sistema.

Tutto ciò dà conto, assieme alla crescente complessità tecnologica, della produzione costante di linee guida, da intendersi come “raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte attraverso un processo sistematico, allo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche” e quindi come primo essenziale passo per un miglioramento dell’ efficienza  dell’assistenza.

Una buona pratica clinica necessariamente deve essere efficiente.

L’ efficienza si consegue individuando, tra differenti alternative, quella che: 

       a) permette di  conseguire il  medesimo risultato consumando quantità inferiori  di risorse

       b) permette di  conseguire un risultato  più consistente consumando la  medesima quantità di 

            risorse.

Ma il risparmio non è sempre sinonimo di  efficienza.

Ciò premesso le linee guida ESH-ESC 2003 suggeriscono che  valutazione strumentale del paziente iperteso è finalizzata ad accertare la presenza di fattori di rischio aggiuntivi e alla ricerca di elementi suggestivi di ipertensione secondaria nonché della presenza o assenza di danno d’organo bersaglio.

L’identificazione degli esami strumentali che devono essere compresi in una valutazione laboratoristica minima è ancora oggetto di discussione, anche se esiste un accordo generale che le indagini dovrebbero procedere dalle più semplici alle più complesse. Quanto più il paziente è giovane, i suoi livelli pressori elevati e lo sviluppo di ipertensione rapido, tanto più approfondita deve essere la valutazione diagnostica.

In un contesto europeo abbastanza uniforme nel quale le malattie cardiovascolari sono la causa primaria di mortalità e morbilità, una valutazione laboratoristica routinaria dovrebbe includere: un prelievo ematico per la valutazione di glicemia (preferibilmente a digiuno), colesterolemia totale, colesterolemia HDL, trigliceridi, uricemia, creatininemia, potassiemia, emoglobina ed ematocrito, analisi delle urine (stick e analisi del sedimento urinario) e un elettrocardiogramma.

In virtù dell’importanza del danno d’organo nella valutazione del rischio cardiovascolare globale del paziente iperteso  tali alterazioni dovrebbero essere ricercate con attenzione.

E’ dimostrato che, in assenza di una valutazione ultrasonografica cardiovascolare finalizzata ad identificare la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra e di ispessimento della parete vascolare  (arteria carotide) o di placche aterosclerotiche, circa il 50% della popolazione ipertesa potrebbe essere classificata a rischio basso o moderato, mentre la presenza di un coinvolgimento cardiaco o vascolare collocherebbe tali pazienti in un ambito di rischio più elevato.

Allo stesso modo è raccomandata la valutazione della presenza di microalbuminuria, a causa delle crescenti evidenze di un suo ruolo come sensibile marker di danno d’organo non solo nel paziente diabetico, ma anche nell’ipertensione.

Le principali linee-guida sulla diagnosi e il trattamento dell'ipertensione concordano nell'indicare  l’ ECG come  esame di routine, da eseguire in tutti i soggetti ipertesi infatti l’ esame elettrocardiografico è utile  per individuare la presenza di ischemia, difetti di conduzione e aritmie.

Pur essendo bassa la sensibilità della metodica nell’identificare la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra, la positività dell’indice di Sokolow-Lyons (SV1+RV5-6 >38 mm) o dell’indice di Cornell modificato (>2440 mm*ms), si è dimostrata in  grado di predire futuri eventi cardiovascolari. L’indice Cornell espresso come prodotto voltaggio-durata del QRS si è rivelato di grande utilità nella  individuazione dei pazienti con  ipertrofia ventricolare sinistra passibili di essere inclusi negli

studi clinici .

L’elettrocardiogramma può inoltre essere utile per identificare aspetti di sovraccarico ventricolare (strain) indicativi di un aumentato rischio cardiovascolare ischemico e aritmico.

Tra i tests invece,  raccomandati, vanno menzionati:

 

Fundus oculi

A differenza di quanto succedeva nel 1930, quando fu proposta da Keith Wagener e Baker la classificazione delle alterazioni oculari del paziente iperteso in quattro gradi, oggi molti pazienti vengono diagnosticati come ipertesi più precocemente e di conseguenza le emorragie, gli essudati (grado 3), e il papilledema (grado 4) si osservano molto raramente. Modificazioni arteriose di grado 1 e 2 sono di frequente rilievo, rilievo, ma non esiste evidenza che esse rivestano un significato prognostico. Una valutazione recente che ha coinvolto 800 pazienti ipertesi afferenti ad una clinica per l’ipertensione , ha mostrato che la prevalenza di alterazioni retiniche di grado 1 e 2 si attestava al 78% (in contrasto con una prevalenza del 43% per le placche carotidee, del 22% per l’ipertrofia ventricolare sinistra e del 14% per la microalbuminuria).

Esistono pertanto dubbi sulla possibilità che le modificazioni retiniche di grado 1 e 2 possano essere usate come evidenza di danno d’organo per stratificare il rischio cardiovascolare globale, mentre i gradi 3 e 4 sono certamente marker di gravi complicanze ipertensive. Sono attualmente in corso di studio metodiche più selettive di indagine di danno oculare nell’ipertensione; per ora tali metodiche sono impiegate solo nel campo della  ( come l’indice di resistenza dell’arteria centrale della retina)  .

 

Il MONITORAGGIO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA PER 24 ORE trova indicazione specifica nei seguenti casi

  • sospetta ipertensione da camice bianco (valori pressori persistentemente elevati in ambulatorio, e significativamente più elevati di quelli misurati in ambiente non medico).
  • ipertensione resistente al trattamento con più farmaci (il monitoraggio permette di  identificare i soggetti con “vera” resistenza, che hanno una prognosi più sfavorevole)

Le situazioni cliniche in cui l’impiego dell’Ecocardiogramma  viene ritenuto raccomandabile sono le seguenti:

          • giustificato sospetto di ipertrofia ventricolare sinistra nel corso della valutazione del paziente 

            con ipertensione arteriosa lieve;

          • necessità di una definizione più accurata del rischio cardiovascolare totale, sulla base dei

            risultati dell’esame ecocardiografico, nel paziente iperteso già definito ad alto rischio sulla base

            di altri indicatori prognostici, o resistente al trattamento farmacologico.

Giustificato sospetto di ipertrofia ventricolare sinistra nel corso della valutazione del paziente con ipertensione arteriosa lieve.

Si tratta di pazienti sottoposti  a valutazione diagnostica per ipertensione arteriosa lieve, apparentemente a basso rischio cardiovascolare per l’assenza di diabete, pregressi eventi clinici cardiovascolari, dislipidemia, fumo di sigaretta, ipertrofia ventricolare sinistra all’ECG, obesità, familiarità per cardiopatia ischemica, e nei quali l’esame clinico non evidenzi elementi che indichino comunque l’esame ecocardiografico. 

In questi pazienti, l’ecocardiogramma viene ritenuto indicato in caso di sospetto di ipertrofia ventricolare sinistra, sulla base dei seguenti reperti clinici o strumentali:

• anamnesi indicativa di episodici riscontri di pressione arteriosa sistolica > 200 mmHg e/o pressione arteriosa diastolica > 120 mmHg;

• documentazione di pressione ambulatoria abnormemente elevata (valore medio di pressione ambulatoria o automisurata durante le ore diurne >135 mmHg per la pressione arteriosa sistolica, oppure >85 mmHg per la pressione arteriosa diastolica);

• sovrappeso (indice di massa corporea tra 27.0 e 30.0 kg/m2);

• documentazione di proteinuria macroscopica (> 250 mg/24 ore) oppure di microalbuminuria (25-250 mg/24 ore);

• anomalie elettrocardiografiche non specifiche, ma suggestive, per alterazioni morfofunzionali del ventricolo  sinistro (alterazioni del tratto ST o dell’onda T, negatività terminale dell’onda P di voltaggio >0.1 mV e durata >40 ms, deviazione assiale sinistra, emiblocco anteriore sinistro, blocco di branca sinistra completo,punteggio di Romhilt-Estes tra 1 e 4 punti).

In questi pazienti con ipertensione arteriosa lieve, l’eventuale reperto ecocardiografico di ipertrofia ventricolare  sinistra andrebbe considerato come elemento predittivo di elevato rischio cardiovascolare, con conseguente indicazione al trattamento farmacologico antipertensivo indipendentemente dai valori di pressione arteriosa clinica.

Necessità di una definizione più accurata del rischio totale cardiovascolare, sulla base dei risultati dell’esame  ecocardiografico, nel paziente iperteso già definito ad alto rischio sulla base di altri indicatori prognostici, o resistente al trattamento farmacologico.

In considerazione della relazione lineare e continua tra massa ventricolare sinistra e rischio di eventi cardiovascolari, l’esame ecocardiografico appare indicato ai fini di una più accurata definizione, sulla base dei valori di massa e funzione contrattile ventricolare sinistra, del rischio di futuri eventi cardiovascolari, nelle seguenti condizioni:

• ipertensione arteriosa lieve e profilo di rischio cardiovascolare elevato sulla base di indagini diverse dall’ecocardiografia (pregressi eventi cardiovascolari, diabete mellito, dislipidemia, fumo di sigaretta, ipertrofia ventricolare sinistra rilevata all’ECG, obesità, familiarità per cardiopatia ischemica);

• ipertensione arteriosa moderata o severa;

• resistenza al trattamento farmacologico antipertensivo.

La disponibilità di esami ecocardiografici è significativamente aumentata in Europa, e nei casi in cui le decisioni terapeutiche siano incerte tale esame può essere utile nel facilitare la definizione  del profilo di rischio globale del soggetto e indirizzare il conseguente trattamento .

La valutazione ecocardiografica dovrebbe includere una misura del setto interventricolare, dello spessore della parete posteriore e del diametro telediastolico ventricolare sinistro, mentre il valore della massa ventricolare  sinistra può essere calcolato mediante le formule disponibili.

 Nonostante che la relazione tra massa ventricolare s inistra e il rischio cardiovascolare sia continua, esistono valori soglia di 125 g/m2 per i maschi e di 110 g/m2 per le femmine che sono largamente impiegati come stima conservativa di ipertrofia ventricolare sinistra. 

La classificazione dell’ipertrofia in eccentrica e concentrica o il riscontro di rimodellamento concentrico stimato dal rapporto tra spessore della parere e raggio della cavità (valori >0,45  definiscono un profilo concentrico) si sono anch’essi rivelati predittori del rischio cardiovascolare

Inoltre, lo stesso approccio permette un esame della distensibilità diastolica del  ventricolo sinistro (la cosiddetta “funzione diastolica”), che può essere valutata mediante una misurazione Doppler del rapporto tra le onde E e A del flusso transmitralico (e più precisamente mediante la misurazione del tempo di rilasciamento diastolico precoce valutando anche il pattern di efflusso dalle vene polmonari all’atrio destro). Esiste un grande interesse intorno alla possibilità che aspetti ecocardiografici riconducibili alla “disfunzione diastolica” possano risultare predittivi della comparsa di dispnea e ridotta tolleranza allo sforzo in assenza di segni di disfunzione sistolica, come si osserva frequentemente nei pazienti ipertesi anziani (il cosiddetto “scompenso cardiaco diastolico”).

 

L’eco-Doppler  vascolare è una metodica di indagine non invasiva che consente la visualizzazione  delle pareti e del lume dei vasi e lo studio del flusso ematico endoluminale.

Grazie all’evoluzione tecnologica singole apparecchiature dotate di maneggevoli sonde multifrequenza consentono di studiare con accuratezza molte porzioni dell’albero arterioso.

È così possibile individuare precocemente le alterazioni di tipo aterosclerotico che possono presentarsi in varie sedi ed in particolare nelle arterie carotidi, renali, iliaco-femorali e nell’aorta addominale, per poterle misurare in termini di estensione  e spessore e valutarne gli effetti sul flusso.

La valutazione ultrasonografica delle arterie carotidi completata dalla misurazione dello spessore del complesso intima media e dalla ricerca di placche ateromasiche si è rivelata in grado di predire la incidenza di ictus e infarto miocardio. Una recente revisione dei dati suggerisce che tale esame può rappresentare un utile completamento della valutazione ecocardiografica rendendo più precisa la stratificazione del rischio nella popolazione ipertesa. Nonostante la relazione tra spessore intima-media carotidea e rischio cardiovascolare sia continua, esiste un valore soglia di _0,9 mm che può essere impiegato come stima conservativa della presenza di una alterazione significativa.

Più recentemente un grande interesse si è sviluppato per la possibilità che la disfunzione o il danno endoteliale possa rappresentare un marker precoce di danno cardiovascolare.

L’ecografia vascolare è tra gli esami raccomandati per il paziente iperteso da eseguire:

  • sempre quando si sospetta la presenza di un’arteriopatia,
  • oppure quando le attrezzature sono facilmente disponibili ed è quindi possibile acquisire ulteriori informazioni sulle condizioni cliniche del singolo paziente.

In genere il paziente a basso rischio, ancora giovane e con ipertensione lieve, e senza altri fattori di rischio cardiovascolare  associati, non presenta placche aterosclerotiche all’esame eco-Doppler, ma sono tuttavia già evidenziabili alcune iniziali modificazioni vasali in particolari gruppi di ipertesi individuabili con il monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa delle 24 ore. L’appartenenza a gruppi a medio rischio, con uno o più fattori di rischio associati e l’età più avanzata, consigliano un approfondimento diagnostico con eco- Doppler arterioso sia per completare la valutazione del danno d’organo sia per una più accurata valutazione prognostica e di scelte terapeutiche. Naturalmente questa indagine si impone nel caso del paziente ad alto rischio o che ha avuto un evento clinico maggiore che ha interessato un organo bersaglio (cervello, cuore, rene, retina).

 

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