Epidemiologia e clinica dell’embolia polmonare

 

E. Murena, L. Cavuto

Unità Operativa di Cardiologia – U.T.I.C.

Ospedale S. Maria delle Grazie

 

Cenni storici

La prima chiara descrizione di un caso clinico di embolia polmonare (E.P.) è attribuita ad Helie (1837). Una lavandaia di 65 anni, bassa statura e sovrappeso, due settimane dopo la distorsione di un arto inferiore, presentò improvvisa cianosi del volto e forte dispnea. L’autopsia rivelò un “cuore ingrandito e coaguli rossi ben organizzati nel ventricolo destro e nell’arteria polmonare”. Ma in realtà già precedentemente in epoca napoleonica con Laennec nel 1819, ci fu il primo riferimento diretto all’embolia ed all’infarto polmonare (Apoplessia polmonare). Tuttavia fu il celebre patologo berlinese Virchow (1846), noto per la triade, il primo ad usare il termine embolia (dal greco έμβάλλέίή = gettare dentro) e che evidenziò il nesso tra trombosi venosa ed ostruzione dell’arteria polmonare. Una accurata descrizione degli aspetti fisiopatologici e clinici dell’E.P. venne data da Trosseau (1868)  che sottolineò  il ruolo della Phlegmasia alba dolens e fu il primo a suggerire una barriera tra il coagulo periferico ed i grossi vasi venosi. Sorprendente ed avveniristica  fu l’affermazione fisiopatologica di Picot, Professore della Clinica Medica di Bordeaux(1884): “L’occlusione dei rami principali dell’arteria polmonare causa un cospicuo aumento della pressione sanguigna in questi vasi. Questo aumento contro il quale il cuore deve combattere per garantire la circolazione, può portare talvolta all’arresto cardiaco”.

 

Epidemiologia

L’E.P. è un  problema rilevante di Sanità Pubblica internazionale costituendo la terza causa di morte dopo la cardiopatia ischemica e lo stroke. L’incidenza annuale è stimata >100.000 casi in Francia; 65.000 tra i pazienti ospedalizzati in  Inghilterra, Galles, e Italia. L’incidenza annuale di trombosi venosa profonda (T.V.P.) e di E.P. nei paesi occidentali è rispettivamente di 1 e 0,5/1000. La T.V.P. e la E.P. costituiscono una unica entità: la V.T.E. Le stime sono estremamente variabili, perché vengono applicati diversi criteri e codifiche di diagnosi: 30-33 nuovi casi/anno su 100.000 abitanti (Dati Istat ); 250 nell’area di Pisa; 80 nel Veneto. C’è una sottostima dell’ incidenza di E.P. se confrontiamo i tassi testè citati con quelli dei DRG/anno di E.P. per 100.000 persone: <20 nella seconda metà degli anni 90.

L‘incidenza aumenta con l’età. Negli USA, circa 500 su 100.000/anno in soggetti > 80 anni. L’E.P. determina 50.000 morti all’anno ed è responsabile del 10% della mortalità ospedaliera. L’età >70 anni rappresenta  un fattore prognostico negativo sulla sopravvivenza a breve e medio termine con una più bassa mortalità per pazienti con  E.P. in cui tale patologia rappresenta la diagnosi primaria (10-20%), rispetto a pazienti in cui l’E.P. è secondaria a Stroke, IMA, frattura del femore, Cancro (25-40%). La mortalità per E.P. non trattata è circa il 30%, mentre può essere ridotta fino al 2-8% con terapia appropriata. Durante la fase acuta può essere fatale con mortalità a due settimane dell’11%, sino al 17,5 a tre mesi per la recidiva della stessa malattia.

 

Fattori predisponenti

Nella maggior parte dei pazienti che sviluppano E.P., c’è un interazione tra fattori congeniti ed acquisiti. Tra i primi, i più comuni: deficit di Antitrombina III, Iperomocisteinemia, deficit proteina C, Proteina S, mutazione della Protrombina, Resistenza alla Proteina C Attivata (APC-R), conseguenza della mutazione del fattore V di Leiden. Tra i secondi: Età, Ictus (Nel 30-60% sono state riportate complicanze tromboemboliche): Scompenso (12%). Immobilizzazione anche di una settimana. La frequenza  di T.V.P. in pazienti chirurgici è del 5% dopo ernia; 15-30% dopo chirurgia addominale maggiore; 50-75% dopo frattura dell’anca; 50-100% dopo traumi del midollo spinale. Circa il 25% di tutte le E.P. avviene dopo la dimissione. In gravidanza il rischio è aumentato di 5 volte; con i contraccettivi orali il rischio sino a 3 volte, ed è aumentato con i contraccettivi di ultima generazione. In un Registro prospettico di 5451 pazienti con confermata T.V.P. all’ eco venoso, le 5 comorbidità più frequenti erano: Ipertensione (50%); Chirurgia entro tre mesi (38%); Immobilità entro trenta giorni (34%); Cancro (32%); Obesità (27%). Particolare attenzione ed interesse è stato attribuito come fattore di rischio alle lunghe distanze nei viaggi aerei in cui l’E.P. è riportata con un’ incidenza sino a 2,66-4,77/1.000.000 passeggeri  rispettivamente ad una distanza di oltre i 7.000 e 10.000 km. Non sempre è individuabile la sorgente dell’embolo (in studi clinici ed autoptici 50-70%). Quando individuata, la sorgente nel 70-90% è situata nel distretto della vena cava inferiore, in particolare vene femorali ed iliache. Nel 10-20% è a partenza dalla vena cava superiore. Le forme più gravi sono secondarie ad emboli che si distaccano dai distretti venosi più prossimali.

 

Storia Naturale

Le conseguenze emodinamiche della E.P. sono direttamente correlate al grado ed al numero di emboli ed alle condizioni cardiache e respiratorie precedenti. Può evolvere in una minoranza di casi alla completa risoluzione emodinamica ed anatomica; nella maggior parte si assiste ad una parziale risoluzione associata ad uno stato clinico normale, ed in una piccola minoranza, procede verso l’ipertensione polmonare legata ad E.P. recidivanti e silenti  e che costituisce un’entità distinta dall’ E.P.e, se non trattata, porta al decesso nei due tre anni successivi alla diagnosi.

 

Diagnosi clinica

L’E.P. è una sindrome potenzialmente mortale, con un ampio spettro di presentazioni che vanno dal  silenzio clinico all’instabilità emodinamica con tre quadri clinici principali (Cuore polmonare acuto, infarto polmonare, Dispnea improvvisa e/o ingravescente). La diagnosi deve essere tempestiva e rapida per le note implicazioni prognostiche negative sulla mortalità in caso di diagnosi non eseguita. Una metanalisi di dodici studi post-mortem condotta tra il 1971 ed il 1995 ha evidenziato che> il 70% di  E.P. maggiori non sono state evidenziate dal medico. L’ideale test diagnostico dovrebbe essere accurato, sicuro, prontamente disponibile,facile da interpretare e con buon costo/beneficio. Sfortunatamente nessuno dei test disponibili possiede tutti questi criteri.

Soltanto Trendelenburg, ai primi del secolo XIX, riteneva che “la diagnosi di E.P. fosse facile e fosse impossibile sbagliare”, ma col passar degli anni ci si accorse che non tutto era così semplice. Leriche(1947) “I casi di E.P. silenti o bastardi sono assai più frequenti delle false sindromi emboliche”. Hume(1970) “la descrizione dell’ E.P. conclamata rappresenta la punta dell’ iceberg perchè molte, se non la maggior parte ,rimangono clinicamente ignorate” A  distanza di oltre 30 anni questa osservazione è la più condivisibile ed ancora attuale. Webstel (1991) definisce l ‘E.P. “Il Killer silenzioso nell’anziano”. Intrigante è la definizione di Branwauld (1992) “La grande simulatrice”.

Il  sospetto clinico nel 90% dei casi è motivato dalla presenza singola o associata di sintomi come la dispnea, dolore toracico o la sincope in soggetti senza patologia cardiaca o polmonare preesistente, mentre solo nel 10% dei casi l’E.P.è sospettata sulla base di segni elettrocardiografici, emogasanalitici o riscontri radiologici (considerati test di primo livello). La combinazione di questi test con i segni clinici permette di distinguere con discreta accuratezza i pazienti con E.P. sospetta in tre grandi categorie di probabilità cosiddetta clinica o pre-test ( bassa-intermedia-alta). Questa probabilità clinica può essere stimata empiricamente (dal medico) o esplicitamente mediante regole predittive (tipo score). Tuttavia anche con un’alta probabilità di sviluppare E.P. con questi  criteri in soggetti in cui v’è peraltro presente T.V.P. o fattori di rischio per T.V.P., il valore predittivo positivo è del 70-75%, e per quelli con bassa probabilità di E.P. Il Valore Predittivo Negativo è dell’80-85%, per cui è necessario il ricorso a test di II e III livello la cui scelta e combinazione (D-Dimero,Eco-Doppler Venoso, Ecocardiogramma, Scintigrafia perfusoria, TC Spirale ,Angiografia polmonare) dipende dalle condizioni cliniche  del paziente e dalla probabilità pre test.

 

Strategie diagnostiche

La prevalenza di E.P. in pazienti in cui venga posto il sospetto clinico è bassa. (15.-35%). Quindi sono preferibili metodi diagnostici incruenti. La combinazione di D-Dimero (I Step), US venosa, (II Step) e Scintigrafia (III Step) con la valutazione clinica permette di diagnosticare o escludere l’E.P. nel 89% di soggetti afferenti al PS.. Per i pazienti già ospedalizzati, il contributo diagnostico di alcuni metodi incruenti appare più limitato e potrebbero meglio beneficiare della TC Spirale. Per pazienti con sospetto di E.P. Massiva che si presentano con Shock, Sincope e/o Ipotensione la diagnosi differenziale include lo Shock cardiogeno, il Tamponamento cardiaco e la Dissezione aortica. L’esame di Primo Livello è l’ ecocardiogramma.

La Commissione ANMCO-SIC per le Linee-Guide su profilassi-Diagnosi e Terapia della Trombembolia Polmonare hanno introdotto un concetto funzionale più accessibile nella sua immediatezza rispetto al concetto anatomo-patologico delle Linee Guida Europee. Infatti se vi è generalmente corrispondenza tra quadro di compromissione clinica e dimensioni anatomiche dell’E.P., non mancano casi di E.P. angiograficamente”Massiva” ben tollerati funzionalmente e, al contrario, casi di E.P. “Non Massiva” in grado di creare situazioni critiche (ad esempio con patologia cardiorespiratoria preesistente). La distinzione è quindi sulla modalità di presentazione:

(CRITICHE) con chiara instabilità emodinamica o senza apprezzabile instabilità con almeno una dispnea intensa,persistente o recidiva,o una sincope recente.

(NON CRITICHE) apparentemente stabili dal punto di vista emodinamico  con una o più manifestazioni; dispnea modesta, dolore toracico di tipo pleuritico ed associata a disfunzione ventricolare destra (SUBMASSIVA) o senza disfunzione ventricolare destra (NON MASSIVA) delle Linee Guida Europee.

 

Conclusioni

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un imponente proliferazione di presidi diagnostici sofisticati, non sempre disponibili. Accanto a questa tendenza strumentale, si è sviluppato un orientamento più razionale che pone la PROBABILITA’ CLINICA all’ inizio del procedimento diagnostico in caso di sospetta E.P. e che consente di calcolare la Probabilità di E.P. a posteriori (Diagnosi Integrata).

RIASSUMENDO: La presenza di E.P. può essere accertata quando sussista una delle seguenti condizioni:

PAZIENTI NON CRITICI: Probabilità clinica medio-alta, con scintigrafia perfusoria compatibile. TC Spirale compatibile con E.P. Angiografia polmonare positiva.

PAZIENTI CRITICI: Ecocardiogramma compatibile con E.P. e probabilità clinica medio-alta.

La presenza di E.P. può essere raginevolmente esclusa quando sussista una delle seguenti condizioni: D-DIMERO ed ECO VENOSO negativi con probabilità clinica medio-bassa  Scintigrafia perfusoria normale, Scintigrafia e TC non compatibile con E.P. associate a bassa probabilità clinica.