QUALI ESAMI STRUMENTALI DOPO ANGIOPLASTICA CORONARICA: A CHI?
QUANDO E PERCHE’
Paolo Golino
Divisione di
Cardiologia Riabilitativa A.O. San Sebastiano Caserta
I controlli clinici e
strumentali dopo angioplastica coronarica non sono
standardizzati. Le linee guida ACC/AHA per l'angioplastica
coronarica del 2001, nel capitolo sulle raccomandazioni all'uso
del test ergometrico nel follow-up, rimandano interamente
alle linee guida ACC/AHA sul test ergometrico, la cui ultima
revisione risale all'anno 2002. Secondo questo documento è in
classe I la valutazione con test ergometrico dei pazienti con
ripresa di sintomi, in classe IIb la valutazione dei pazienti
asintomatici con alto profilo di rischio (diabete, disfunzione
ventricolare sinistra, malattia multivasale o della discendente
anteriore prossimale, sopravvissuti ad arresto cardiaco,
occupazioni a rischio e risultato non ottimale della PCI) e in
classe III l'effettuazione sistematica di test ergometrico in
tutti i pazienti sottoposti ad angioplastica. Tali suggerimenti
si fondano su dati scientifici molto limitati e non sono
supportati da alcuna evidenza proveniente da studi clinici
dedicati di tipo prospettico, randomizzato o osservazionale. Si
tratta, inoltre, di raccomandazioni formulate in epoca
precedente all'introduzione degli stent a rilascio di farmaci
antiproliferativi e quindi non riferite alla popolazione e
all'anatomia coronarica attualmente trattate con angioplastica.
Il razionale di una valutazione
selettiva è che un eventuale reintervento in pazienti
asintomatici con basso profilo di rischio non giovi alla qualità
della vita né all'incidenza di ulteriori eventi, ma che, al
contrario, possa avere effetti
sfavorevoli legati all'alto tasso di ulteriore restenosi. Al
contrario, un follow-up sistematico potrebbe essere
giustificato dalla considerazione che anche l'ischemia silente
ha un proprio impatto prognostico, che il paziente a basso
rischio non è a rischio nullo e che gli stent a rilascio di
farmaci sembrano modificare drasticamente l'outcome del
trattamento della restenosi anche in pazienti «a basso rischio».
Nella realtà clinica si osservano comportamenti molto
eterogenei. Vi sono ampie difformità nell'uso sistematico o
selettivo dei test provocativi, nella scelta fra test
ergometrico e test di imaging, nel timing dei
test, nel manteni-
mento o sospensione della terapia antiischemica sebbene da
questo dipenda il riconoscimento della restenosi, la sua stessa
definizione clinica e, eventulmente, l'ulterioresuo trattamento.
Le implicazioni economiche di tale variabilità di comportamenti
sono evidenti. A titolo di esempio è stato stimato
che l'identificazione di una restenosi asintomatica con uso
routinario di scintigrafia miocardica perfusionale costerebbe
circa € 8.200-22.400. Le implicazioni cliniche si possono
riassumere nel rischio di un eccesso di eventi evitabili in caso
di non riconoscimento della restenosi o, al contrario, di un
eccesso di trattamenti non necessari in caso di dimostrazione
strumentale di restenosi clinicamente non rilevanti.