Lo Scompenso Cardiaco Diastolico: come trattarlo

 

Maurizio Galderisi, Pasquale Innelli, Giovanna Errico,

 Roberta Esposito, Vincenzo Schiano Lomoriello, Moira Pardo,

 Oreste de Divitiis

Divisione di Cardioangiologia con UTIC Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università degli Studi di Napoli Federico II

 

            Lo Scompenso Cardiaco Diastolico (SCD) viene definito come quella condizione clinica in cui i sintomi e segni clinici propri dello scompenso si associano ad una funzione sistolica (frazione di eiezione) normale e ad una alterazione delle proprietà diastoliche del ventricolo sinistro (1). Si calcola che circa il 30% degli scompensi cardiaci totali sia da attribuire a SCD (2). Le conoscenze di questa entità clinica, sulla cui esistenza non vi è unanimità di consensi (3), sono basate sullo studio degli indici Doppler di funzione diastolica e della disfunzione diastolica (DD) (4). La causa principale dello SCD diastolico è rappresentata dall’ipertensione arteriosa, soprattutto nei pazienti che sviluppano rimodellamento concentrico ed ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro (5).

            Gli obiettivi della terapia della disfunzione diastolica e dello SCD includono il miglioramento delle condizioni emodinamiche concernenti tanto il pre-carico che il post-carico. Il sovraccarico di volume, tale da indurre episodi di scompenso cardiaco acuto, può essere prevenuto da una dieta iposalina od anche da una moderata assunzione di diuretici.

            Concettualmente tanto gli ACE-inibitori che gli inibitori dell’angiotensina possono esercitare un benefico effetto sulla DD, in quanto essi riducono sia il pre-carico che il post-carico, determinano regressione dell’ipertrofia ventricolare sinistra e della fibrosi miocardica interstiziale (5). Anche gli antagonisti dell’aldosterone, come lo spironolattone (6) ed il canrenone (7), capaci di ridurre la fibrosi intertiziale, possono essere adatti a questo scopo.  

            Quando lo SCD è manifesto è anche importante controllare la frequenza cardiaca ed evitare la tachicardia. I beta-bloccanti, ed in misura minore il calcio-antagonista verapamile, possono essere particolarmente efficaci. Una frequenza cardiaca ridotta induce prolungamento del tempo di riempimento del ventricolo sinistro, consentendo di bilanciare la resistenza all’afflusso diastolico di un ventricolo divenuto estremamente rigido.  L’ultima generazione di beta-bloccanti (carvedilolo, nebivololo), provvisti di attività vasodilatatoria, potrebbe essere particolarmente indicata per il management della DD. Un recente studio ha testato l’abilità del nebivololo in 26 pazienti affetti da scompenso cardiaco e frazione di eiezione normale in paragone al beta-bloccante tradizionale atenololo, combinando sia la valutazione emodinamica non invasiva che l’ecocardiografia Doppler (8). Dopo 6 mesi di terapia, il nebivololo ha determinato rispetto all’atenololo un maggiore incremento tanto del rapporto E/A (da 0.79±0.13 a 0.91±0.11 per il nebivololo e da 0.84±0.12 a 0.89±0.15 per l’atenololo, p<0.004) che dell’indice cardiaco ed una maggiore riduzione della “pressione “wedge”, sia a riposo che durante sforzo.         

            Su queste basi, l’industria farmaceutica ha organizzato una serie di trials per valutare l’impatto prognostico di vari farmaci sullo SCD. In realtà, gli studi completati finora non hanno dato risultati positivi. Il CHARM-2 (= Candesartan in Heart Failure – Assessment of Reduction in Mortality) (9) non ha evidenziato un miglioramento significativo della mortalità globale, della mortalità cardiovascolare e delle ospedalizzazioni da scompenso cardiaco nel sottogruppo di pazienti con funzione sistolica normale, ma probabilmente il follow-up era troppo breve (37.7 mesi) per verificarne gli effetti. Nello SWEDIC (= Swedish Doppler-Echocardiographic study) (10) il cavedilolo ha indotto un’influenza positiva sul rapporto E/A transmitralico nei pazienti con frequenza cardiaca > 71 bpm ma non in quelli con frequenza cardiaca < 71 bpm, senza mostrare alcun effetto benefico sugli eventi. Il SENIOR (= Study of the Effects of Nebivolol Intervention on Outcomes and Rehospitalisation in Seniors with heart failure) (11) non ha studiato specificamente sottogruppi di pazienti con funzione sistolica integra. I risultati dello Studio PEP-CHF (perindopril versus placebo), dello studio I-Preserve (Irbesartan versus placebo) e dello studio Hong Kong (rampril, irbesartan, placebo) non sono ancora stati pubblicati (12).           

            Nuovi orizzonti terapeutici potranno eventualmente essere aperti anche dall’associazione riscontrata tra le anomalie del microcircolo coronarico e la funzione diastolica del ventricolo sinistro (13). L’effetto benefico degli ACE-inibitori sulla riserva di flusso coronarico, marker attendibile dello stato funzionale del microcircolo coronarico in assenza di stenosi delle coronarie epicardiche, è stato documentato in relazione alla riduzione della pressione arteriosa e della massa ventricolare sinistra (14,15). Più recentemente è stato anche evidenziato un miglioramento della riserva coronarica (misurata con Doppler transtoracico) dopo 4 settimane di terapia anti-ipertensiva con nebivololo, in relazione all’attività vasodilatatrice endotelio-mediata del farmaco (16). E’ stato ipotizzato che il recupero della funzione del microcircolo coronarico possa essere utile per il miglioramento della DD nel paziente iperteso. Anche i risultati prognostici favorevoli riscontrati ultimamente con l’uso delle statine nella SCD potrebbero essere interpetrati come dovuti ad una favorevole azione sul microcircolo coronarico (17,18).                         In conclusione, il management terapeutico delllo SCD è tuttora, almeno parzialmente, empirico e numerosi studi, in corso o completati, sono stati pianificati per testare l’efficacia di farmaci diversi, dagli ACE-inibitori agli inbitori dell’angiotensina, ai beta-bloccanti. La prevenzione dello SCD può essere ottenuta mediante un miglior controllo dei valori pressori e dei fattori di rischio concomitanti nei pazienti ipertesi.   

 

 

Bibliografia

 

1.                European Study Group on Diastolic Heart Failure. How to diagnose diastolic heart failure. Eur Heart J 1998;19:990-1003.

2.                Vasan RS, Benjamin EJ, Levy D. Prevalence, clinical features and prognosis of diastolic heart failure: an epidemiologic perspective. J Am Coll Cardiol 1995;26:1565-1574.

3.                Zile MR. Heart failure with preserved ejection fraction: Is this diastolic heart failure? J Am Coll Cardiol 2003;41:1519-1522.

4.                Galderisi M, Benjamin EJ, Evans JC, D'Agostino RB, Fuller DL, Lehman B, Wolf PA, Levy D. Intra- and inter-observer reproducibility of Doppler assessed indexes of left ventricular diastolic function in a population based study (the Framingham Heart Study). Am J Cardiol 1992;70:1341-1346.

5.                Zile MR. Diastolic dysfunction: Detection, consequences and treatment. Part I:

        Definition and determinants of diastolic function. Mod Concepts Cardiovasc Dis 1989;58:67-71.

6.                Brilla CG, Matsubara LS, Weber KT. Antifibrotic effects of spironolactone in preventing myocardial fibrosis in systemic arterial hypertension. Am J Cardiol 1993;71:12A-16A.

7.                Grandi AM, Imperiale D, Santillo R, Barlocco E, Bertolini A, Guasti L, Venco A. Aldosterone antagonist improves diastolic function in essential hypertension. Hypertension 2002;40:647-652.

8.                Nodari S, Metra M, Dei Cas L. Beta-blocker treatment of patients with diastolic heart failure and arterial hypertension. A prospective, randomized, comparison of the long-term effects of atenolol vs. nebivolol. Eur J Heart Fail 2003;5:621-627.

9.                Solomon SD, Wang D, Finn P, Skali H, Zornoff L, McMurray JJ, Swedberg K, Yusuf S, Granger CB, Michelson EL, Pocock S, Pfeffer MA. Effect of candesartan on cause-specific mortality in heart failure patients: the Candesartan in Heart failure Assessment of Reduction in Mortality and morbidity (CHARM) program. Circulation 2004;110:2180-2183.

10.           Bergstrom A, Andersson B, Edner M, Nylander E, Persson H, Dahlstrom U. Effect of carvedilol on diastolic function in patients with diastolic heart failure and preserved systolic function. Results of the Swedish Doppler-echocardiographic study (SWEDIC).  Eur J Heart Fail 2004;6:453-461.

11.           Flather MD, Shibata MC, Coats AJ, Van Veldhuisen DJ,et al for SENIORS Investigators. Randomized trial to determine the effect of nebivolol on mortality and cardiovascular hospital admission in elderly patients with heart failure (SENIORS). Eur Heart J 2005;26:215-225.

12.           Banerjee P, Banerjee T, Khand A, C lark AL, Cleland JG. Diastolic heart failure: neglected or misdiagnosed? J Am Coll Cardiol  2002;39:138–141.

13.           Galderisi M, Cicala S, Caso P, De Simone L, D'Errico A, Petrocelli A, de Divitiis O. Coronary flow reserve and myocardial diastolic dysfunction in arterial hypertension. Am J Cardiol 2002;90:860-864.

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15.           Schwartzkopff B, Brehm M, Mundhenke M, Strauer BE. Repair of coronary arterioles after treatment with perindopril in hypertensive heart disease. Hypertension 2000;36:220-225.

16.           Galderisi M, Cicala S, D'Errico A, de Divitiis O, de Simone G. Nebivolol improves coronary flow reserve in hypertensive patients without coronary heart disease. J Hypertens 2004;22:2201-2208.

17.           Fukuta H, Sane DC, Brucks S, Little WC. Statin therapy may be associated with lower mortality in patients with diastolic heart failure: a preliminary report. Circulation 2005;112:300-303.

18.           Arias MA, Sanchez-Gila J. Statins and diastolic heart failure. Int J Cardiol 2006; May 30; [Epub ahead of print]

               

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