IL FLUTTER ATRIALE:
DALLA DIAGNOSI ALL’ ABLAZIONE
TRANSCATETERE.
Valentino Ducceschi, Michele Santoro, Rodolfo Citro,
Marco M. Patella, Giovanni Gregorio.
ASL SA 3 Vallo della Lucania Dipartimento Cardiovascolare
U.O. UTIC-Cardiologia Vallo della Lucania Ospedale San Luca
(SA)
Il termine flutter atriale è
comunemente adoperato per identificare aritmie sopraventricolari
caratterizzate all’ ECG da un’ attività elettrica atriale di
tipo “ondulatorio”, a morfologia costante e frequenza regolare,
generalmente compresa tra 240 e 300 bpm, e rapporto di
conduzione atrioventricolare costante o variabile (2:1, 3:1,
4:1, 1:1, 3:2 etc.)
Tale definizione, basata
essenzialmente su criteri elettrocardiografici, è sicuramente
troppo semplicistica alla luce delle attuali conoscenze nel
campo dell’ elettrofisiologia diagnostica ed interventistica, in
quanto ingloba un gruppo di aritmie a diversa patogenesi e
pertanto passibili di differenti approcci terapeutici.
La
classificazione attualmente in auge ed alla quale ci riferiamo
ha sicuramente valore didattico, ma come tutti i sistemi
classificativi ideati dall’ uomo moderno presenta il solito
difetto di semplificazione e di rigida schematizzazione che in
natura non esiste.
Per comodità, comunque, possiamo
distinguere il Flutter tipico, nella sua variante comune
e non comune (inverso), flutter atipici destri,
flutter sinistri, tachicardie atriali peri-incisionali,
le quali ultime esulano da questa trattazione. (fig. 1).
FIGURA 1.

1)
Il flutter
tipico è un’
aritmia da macrorientro atriale destro che ruota in un crcuito
obbligato delimitato da barriere ed ostacoli anatomici, quali la
tricuspide anteriormente, gli osti delle due vene cave
posteriormente. Il fronte d’onda si propaga infatti
principalmente con un andamento circonferenziale lungo il
maggior asse della camera cardiaca (longitudinale), in ciò anche
favorito dalla presenza lungo la parete postero-laterale di un
impedimento funzionale alla propagazione dell’ impulso
rappresentato dalla crista terminalis. Se quindi l’ impulso si
diffonde in senso caudo-craniale lungo il setto e la parete
posteriore e cranio-caudale lungo la parete antero-laterale,
parliamo di flutter tipico comune (antiorario): l’
aspetto ecgrafico tipico è rappresentato da onde F a
“denti di sega” nelle derivazioni inferiori e da una V1 positiva
o più raramente bifasica. Se invece il fronte d’onda
circola in senso opposto – cranio-caudale lungo il setto e la
parete posteriore e caudo-craniale lungo la parete
antero-laterale, si tratta di flutter tipico non comune o
inverso (orario), il cui aspetto ecgrafico è invece
caratterizzato da larghe onde F positive, spesso uncinate nelle
derivazioni inferiori e negative o larghe e bifasiche in V1 (1 –
10). Nell’ ambito di questo per così dire “percorso obbligato”,
il punto di passaggio più stretto è rappresentato dall’ istmo
tricuspide - vena cava inferiore che ha una direzione
antero-laterale
à
postero-mediale, delimitato anteriormente dalla tricuspide e
posteriormente dalla vena cava inferiore e dalla valvola di
Eustachio, che si estende medialmente fino all’ ostio del seno
coronario. Tale regione del pavimento atriale è essenziale per
il mantenimento del macrorientro, non già per particolari
proprietà elettrofisiologiche o perché affetta da un
qualsivoglia processo patologico, quanto piuttosto per motivi
semplicemente “logistici”. La sua necessarietà al mantenimento
dell’ aritmia del resto è confermata dalla possibilità di
effettuare mediante stimolazione continua da ogni suo punto
“concealed entrainment” del flutter (1-10). Tale tecnica
serve a validare la necessarietà ad un circuito di rientro di
una data regione miocardia. Essa consiste nell’ accelerare l’
aritmia alla frequenza - ciclo – di stimolazione, riproducendo
la stessa morfologia ecgrafica, la stessa sequenza di
attivazione endocavitaria e lo stesso ciclo dell’ aritmia alla
cessazione della stimolazione. L’ istmo cavo-tricuspidalico è
pertanto considerato il bersaglio di elezione per interrompere
il circuito del flutter, per la sua facile accessibilità, le sue
dimensioni contenute e la distanza di sicurezza da zone di
tessuto striale “più nobili”. Mediante erogazioni di
radiofrequenza effettuate in ritmo sinusale o durante flutter si
mira a creare un blocco bidirezionale della conduzione lungo l’
istmo, tracciando una linea di lesione continua che unisca l’
anello tricuspidalico alla giunzione cava inferiore – pavimento
atriale. Questa procedura viene comunemente eseguita in
anestesia locale, è quasi indolore ed è sicura ed affidabile coi
moderni apparecchi erogatori di radiofrequenza (RF). Il target
di temperatura ottimale da raggiungere deve essere compreso tra
50°C e 70°C, possibilmente col minore impiego possibile di watts
(indice di buon contatto catetere – tessuto) e l’ ottenimento di
una riduzione dell’ impedenza all’ interfaccia catetere –
endocardio, spia di avvenuta lesione. Comunemente si tende a
preferire cateteri ablatori con punta 8 mm rispetto a quelli
punta 4 mm per la possibilità di effettuare erogazioni ad alta
energia (oltre 50 watts) su di una superficie endocardica più
ampia. Recentemente, l’ introduzione nella pratica
interventistica di elettrocateteri ablatori “raffreddati” o
“irrigati” consentirebbe, almeno in teoria, di ottenete lesioni
più estese in profondità, e pertanto più complete. Il blocco
completo bidirezionale della conduzione si raggiunge dopo circa
5 – 20 erogazioni di radiofrequenza, della durata media di circa
30 – 45 secondi l’ una. Il fine di ogni applicazione di RF è l’
abbattimento completo o la bipartizione netta dell’ atriogramma
su cui si eroga. Una volta ottenuta la completa “sezione” dell’
istmo, presunta dalla registrazione di atriogrammi bipartiti o
di voltaggio estremamente ridotto lungo tutta la sua estensione,
si confermerà la bidirezionalità del blocco verificando l’
andamento unidirezionale antiorario e successivamente orario del
fronte d’attivazione generato dalla stimolazione continua
praticata rispettivamente dall’ ostio del seno coronario e dalla
regione infero-laterale dell’ atrio destro. Ottenuto un
risultato “in acuto” ottimale, la possibilità di recidiva dell’
aritmia a lungo termine va stimata attorno al 10%, con quindi un
buon 90% di probabilità di aver eradicato l’ aritmia. Tale
risultato è stato confermato nella nostra casistica di oltre 250
procedure consecutive di ablazione di flutter tipico, data la
possibilità di recidiva dell’ aritmia trattata soltanto nel 10%
circa dei casi.
2)
I flutter
atipici destri
possono essere istmo e non istmo dipendenti. Si tratta di
aritmie decisamente meno frequenti del flutter tipico, ma non
così rare come si potrebbe credere. Allo stato attuale delle
conoscenze ne distinguiamo essenzialmente tre tipi:
a)
Il “Lower loop reentry” flutter (flutter ad anello
inferiore), causato da un fronte d’onda principale che ruota
attorno allo sbocco della vena cava inferiore, passando
posteriormente ed anteriormente attraverso l’ istmo
cavo-tricuspidalico: da questo circuito principale l’ impulso,
bipartendosi, contemporaneamente ascende il setto interatriale e
la parete antero-laterale dell’ atrio destro. Quest’ ultima
tuttavia risulterà anche parzialmente attivata in senso
cranio-caudale dal fronte mediale che, penetrata la crista
terminalis a vari livelli di altezza, genera collisioni col
fronte d’ onda laterale ascendente. L’ aspetto ecgrafico
appare spesso simile a quello del flutter tipico comune e, data
l’ istmo-dipendenza di questo tipo di circuito, verificata con
la tecnica del concealed entrainment, viene anch’ esso
abolito mediante l’ ablazione dell’ istmo cavo-tricuspidalico.
b)
Il “flutter a circuito corto parzialmente
istmo-dipendente”, generato da un circuito che si svolge
attorno alla cresta di Eustachio, con più precoce attivazione
all’ ostio del seno coronario, seguita da collisione all’ istmo
di un fronte d’onda ortodromico antiorario con uno orario,
entrambi emergenti dall’ ostio del seno coronario. Da notare la
possibilità di effettuare concealed entrainment solo
dalla porzione più laterale dell’ istmo, e non da quella mediale
o dall’ ostio del seno coronarico. Per questo tipo di flutter,
l’ ablazione dell’ istmo cavo-tricuspidalico estesa anche alla
regione dell’ ostio del seno coronario ha una buona possibilità
di successo definitivo (1-10).
c)
L’ “Upper loop reentry flutter” (flutter ad anello
superiore) coinvolge la regione superiore dell’ atrio
destro, mostrando un istmo critico compreso tra lo sbocco della
vena cava superiore e la fossa ovale, con un fronte d’onda
diretto in senso orario e più precoce attivazione sull’ annulus
laterale.
3)
I flutter
sinistri sono
aritmie che soltanto adesso sono adeguamente studiate. Dal
punto di vista ecgrafico, le onde F appaiono piatte o
positive in V1 e principalmente positive nelle derivazioni
inferiori, ma a volte anche con aspetto a denti di sega, seppure
di voltaggio minore. Diversi criteri elettrofisiologici
consentono di identificare questi tipi di aritmie:
a)
la sequenza di attivazione del seno coronario è
eccentrica, cioè distale o medio
à
prossimale;
b)
durante entrainment effettuato dall’ atrio destro si
osservano sempre intervalli post-stimolazione lunghi, con i
valori più corti ottenuti dal seno coronarico; gli intervalli
post-stimolazione ricavati effettuando entrainment dall’ atrio
sinistro, al contrario, eccedono al massimo di 20 msec il cl
dell’ aritmia;
c)
il tempo totale di attivazione atriale destra registrata
da almeno 8 punti occupa meno del 50% del ciclo dell’ aritmia;
d)
spontanee variazioni del ciclo striale destro < 100 msec
si accompagnano a variazioni del cl striale sinistro < 20 msec.
Tali aritmie ruotano attorno a
barriere anatomiche (annulus mitralico, osti vene polmonari,
aree elettricamente silenti) e la terapia ablativa, per queste,
mira a creare una linea di lesione che arresti la conduzione
attraverso l’ istmo critico, congiungendo tra loro gli ostacoli
anatomici delimitanti il circuito.
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