QUANDO E PERCHE’ ESEGUIRE L’ABLAZIONE
DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE
Roberto De Ponti
Dipartimento di
Scienze Cardiovascolari, Ospedale di Circolo e Fondazione
Macchi, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Nel corso
degli ultimi anni, l’approccio ablativo alla fibrillazione
atriale si è via via affinato sia per i miglioramenti
tecnologici sia per l’incremento delle conoscenze e
dell’esperienza. Non a caso l’anno 2006 ha visto l’emanazione
delle linee guida nazionali1 ed internazionali2,
3, in cui per la prima
volta viene presa in considerazione l’ablazione nelle opzioni di
trattamento della fibrillazione atriale. Questi documenti
sanciscono il fatto che l’ablazione transcatetere in atrio
sinistro è una terapia efficace per il trattamento dei pazienti
affetti da quest’aritmia, da prendere in considerazione al
momento attuale soprattutto nei pazienti sintomatici, non
anziani con recidive dell’aritmia refrattarie alla terapia
antiaritmica farmacologica. Sebbene il cammino verso un utilizzo
estensivo dell’ablazione come terapia di prima linea della
fibrillazione atriale, invece dei farmaci antiaritmici, sia
ancora lungo, tuttavia questo primo passo è la pietra miliare
che segna definitivamente l’uscita di questa metodica dalla
clandestinità dell’essere una procedura “investigativa”, con
tutto ciò che questo comporta.
Che
cosa conosciamo della fisiopatologia della fibrillazione atriale?
Tuttavia,
ciò non significa che ormai conosciamo molto a fondo ed
estesamente i meccanismi che portano un paziente ad andare
incontro a fibrillazione atriale. Già dai tempi del primo lavoro
di Bordeaux4, sappiamo che le vene polmonari sono una
delle maggiori fonti di aritmie che portano alla fibrillazione
atriale, ma non l’unica come dimostrato da tanti altri
contributi scientifici5, 6, che individuano come
aritmogeni anche altre strutture, quali l’atrio sinistro
posteriore, l’auricola sinistra, la muscolatura del seno
coronarico, il setto interatriale, la cresta terminale, la vena
cava superiore, ecc. Ma sappiamo anche che la fibrillazione
atriale può essere il risultato di meccanismi aritmogenetici
diversi, che si combinano in modo diverso in pazienti diversi
per produrre un’aritmia che ha lo stesso nome, ma che ha una
connotazione differente in nei singoli individui. In effetti, i
meccanismi elettrofisiologici che si possono rendere
responsabili di fibrillazione possono essere: 1) un’attività
focale rapida che si traduce in attività fibrillatoria nella
vene polmonari o in altre aree atriali più o meno estese; 2)
multipli fronti di macrorientro, innescati da extrasistolia o da
un’aritmia organizzata; 3) circuiti di rientro più o meno
stabili con ciclo molto breve, confinati in un’area molto
limitata come le vene polmonari in cui sono presenti
caratteristiche elettriche molto particolari (brevissimo periodo
refrattario effettivo, rallentamento della conduzione). Vi è in
letteratura sempre maggior evidenza che nei pazienti affetti da
fibrillazione atriale vi sia un’alterazione del substrato
atriale7-9 con un’importante alterazione sia in atrio
destro che in atrio sinistro dell’attività elettrica atriale in
toto e soprattutto della velocità di conduzione. E’ verosimile
che questa alterazione abbia una maggior rilevanza nei soggetti
anziani, in quanto espressione di un progressivo processo
d’invecchiamento, e/o con rilevante cardiopatia organica
associata, ma è possibile che queste alterazioni siano
diffusamente presenti, almeno allo stato iniziale, nella
popolazione generale con fibrillazione atriale parossistica
idiopatica e che si rendano responsabili in alcuni casi della
limitatezza del successo a lungo termine dell’ablazione. In un
passato molto recente, voci autorevoli10-12 hanno
sottolineato come, per una terapia risolutiva di un’aritmia
complessa come la fibrillazione atriale, sia necessaria una
completa ed esauriente conoscenza della fisiopatologia
individuale. In effetti, la storia dell’elettrofisiologia
interventistica ha sempre mostrato che una terapia efficace ha
come prerequisito una salda conoscenza fisiopatologica e che i
risultati continuano a migliorare per il concomitante e continuo
sviluppo di sempre più nuove e raffinate tecnologie. Se è vero
poi che il grado di conoscenza della fisiopatologia di
un’aritmia è inversamente proporzionale al numero di metodiche
impiegate per curarla10, è però anche vero che
disporre di un numero rilevante di metodiche ci consentirà
sempre di più di individualizzare, sulla base delle
caratteristiche fisiopatologiche, il trattatamento di un’aritmia
molto complessa quale la fibrillazione atriale.
Metodiche di ablazione della fibrillazione atriale
Preparazione. Le
linee guida1 stabiliscono che l’ospedale in cui si
esegue ablazione della fibrillazione atriale debba essere dotato
di un servizio di ecocardiografia (con possibilità di eseguire
ecocardiografia transesofagea), di emodinamica e di
anestesiologia. E’ opportuna la presenza dell’unità operativa di
cardiochirurgia in loco o, previ opportuni e chiari accordi, un
pronto accesso ad una cardiochirurgia dislocata in ospedali
vicini per la pronta gestione di complicanze di pertinenza
cardiochirurgica. Il personale medico ed infermieristico del
laboratorio di Elettrofisiologia dovrebbe aver espletato un
adeguato (almeno 6 mesi) periodo di training presso un centro ad
alto volume e di riconosciuta esperienza per il trattamento di
ablazione della fibrillazione atriale. Nel mese precedente alla
procedura il paziente deve eseguire anticoagulazione orale
efficace e nei giorni precedenti la procedura il paziente deve
eseguire ecocardiogramma transesofageo. Nel caso in cui la
procedura sia supportata da tecnologia d’integrazione
d’immagine, nei giorni precedenti la procedura il paziente viene
sottoposto a tomografia computerizzata multistrato o risonanza
magnetico-nucleare. L’assistenza anestesiologica garantisce la
possibilità di somministrare in infusione continua farmaci
analgesici maggiori come il remifentanil, che, nella nostra
esperienza personale, fornisce un’ottima analgesia in assenza di
alterazioni della coscienza ad un dosaggio relativamente basso,
durante erogazione di energia di radiofrequenza.
Metodiche di ablazione.
Differenti sono le metodiche d’ablazione in atrio sinistro della
fibrillazione atriale, che si sono sviluppate nel corso
dell’ultima decade. L’ablazione lineare in atrio destro è stata
abbandonata, ad eccetto del blocco dell’istmo
cavo-tricuspidalico, molto efficace nell’eliminare il flutter
atriale tipico comune quando associato. Le principali metodiche
di ablazione, alcune delle quali possono essere associate nel
corso della procedura (ad esempio: isolamento delle vene
polmonari ed esecuzione di lesioni lineari) si possono
riassumere nei seguenti punti:
1.Isolamento elettrico delle vene polmonari13.
Consiste nell’inserire in ciascuna vena polmonare o negli osti
comuni, qualora presenti, un catetere multipolare con differente
forma, e procedere ad erogazione di energia di radiofrequenza a
livello della giunzione atriovenosa fino ad ottenere la completa
scomparsa dei potenziali elettrici venosi o la loro
dissociazione. Sebbene vi sia evidenza che consiglia
l’isolamento completo delle quattro vene polmonari1,
è possibile che in casi selezionati soprattutto giovani, ci si
possa limitare all’isolamento di una o due vene “culprit”, le
sole cioè responsabili della fibrillazione atriale.
2.Ablazione anatomica circonferenziale delle vene polmonari14.
Questa procedura, guidata da mappaggio tridimensionale, viene
effettuata erogando energia di radiofrequenza in modo
sequenziale e circonferenziale nell’antro delle vene polmonari
in modo più completo possibile da un punto di vista anatomico.
L’end-point di questa procedura non è necessariamente
l’isolamento delle vene polmonari, ma l’abbattimento di >80% dei
potenziali locali dopo ablazione. Un recente studio dimostra
come questa metodica ottiene l’isolamento elettrico della vena
polmonare in circa il 60% dei casi15.
3.Ablazione dei potenziali frammentati16. Questa
metodica consiste nell’ablazione delle aree di maggiore
frammentazione dell’atriogramma in corso di fibrillazione
atriale persistente/permanente. Dal centro-guida di questa
metodica viene riportata un’elevata percentuale di ripristino
del ritmo sinusale durante la procedura o la sua conversione in
flutter atriale tipico o atipico, che può a sua volta essere
mappato ed eliminato.
4.Esecuzione di lesioni lineari. Consiste nell’eseguire
ablazione lineare in determinati regioni dell’atrio sinistro
(tra vena polmonare inferiore sinistra ed anello mitralico, sul
tetto atriale sinistro, tra la vena polmonare inferiore destra e
l’anello mitralico) fino ad ottenere blocco di conduzione lungo
tutta la linea di ablazione.
5.Ablazione di foci extrapolmonari. L’ablazione in questi casi
viene estesa ad aree differenti dell’atrio sinistro o destro,
dove, sulla base di evidente elettrofisiologiche o
elettrocardiografiche, è presente un’area di aritmogenesi in
relazione alla fibrillazione atriale. L’isolamento elettrico
della vene cava superiore può essere eseguito con metodica del
tutto analoga a quella utilizzata per le vene polmonari.
Tecnologie di supporto delle procedure di ablazione della
fibrillazione atriale.
Sempre più per questo tipo di procedure vengono utilizzati per
l’erogazione di energia di radiofrequenza cateteri con circuito
di raffreddamento dell’elettro distale. Vi è un’evidenza
soprattutto empirica che tale metodologia presenti una maggiore
efficacia e sicurezza. Altre tecnologie in fase avanzata di
studio e di iniziale impiego clinico utilizzano ultrasuoni ad
alta frequenza o energia criotermica applicata a cateteri a
pallone per eseguire un’ablazione del perimetro della giunzione
atrio-venosa. Sempre più si sta affermando l’utilizzo dei
sistemi di mappaggio tridimensionale per supportare una
procedura di fibrillazione atriale. Questi hanno l’evidente
vantaggio di eseguire una ricostruzione molto affidabile della
camera cardiaca con una precisa localizzazione del catetere
ablatore, che supera di gran lunga quella che si può ottenere
con la fluoroscopia anche per un operatore esperto. Recentemente
il sistema CARTO è stato implementato con un software che
consente l’integrazione dell’immagine ottenuta da una tomografia
computerizzata o da una risonanza magnetica con la mappa
elettroanatomica ottenuta in corso di procedura
elettrofisiologia, ottenendo così di poter “navigare”
un’immagine anatomica reale e molto precisa, come quella che si
ottiene con le metodiche di bioimmagini multi-strato. I vantaggi
che presentano pertanto questi sistemi paiono al momento attuale
giustificare i maggiori costi del loro utilizzo.
Risultati dell’ablazione transcatetere
Efficacia. Per la
differente tecnica ablativa utilizzata nei singoli centri, per
la diversità di selezione del paziente, la non uniformità di
valutazione in acuto e durante il follow-up non risulta a
tutt’oggi semplice valutare l’efficacia in acuto e a medio-lungo
termine della procedura di ablazione transcatetere della
fibrillazione atriale. Sulla base dell’esperienza personale e
della valutazione globale degli studi finora eseguiti1,
che qui per brevità non citeremo dettagliatamente, possiamo
affermare che la percentuale di successo ad un anno si aggira
attorno all’80%. Vi è un trend verso un outcome migliore nei
pazienti giovani con evidenza di innesco focale da singola vena
polmonare e peggiore nei pazienti con fibrillazione atriale
permanente. I risultati nei pazienti in cui la fibrillazione
atriale si associa ed a volte è responsabile di scompenso
cardiaco sono ancora discordanti. Nel primo trimestre dopo
l’ablazione è possibile osservare recidive che non compromettono
il risultato a lungo termine della procedura e potrebbero essere
correlate ad un effetto irritativo dell’erogazione di energia di
radiofrequenza in atrio sinistro. Nel follow-up a lungo termine,
circa un terzo dei pazienti assume anche farmaci antiaritmici
per mantenere il successo a lungo termine ottenuto con la
procedura.
Complicanze.
L’incidenza di complicanze legate alla procedura di ablazione è
generalmente bassa ed in continua riduzione per il miglioramento
delle tecnologie utilizzate e per l’incremento dell’esperienza
degli operatori. Va comunque detto che questo tipo di procedura
è annoverata in quelle complesse e che pertanto la precentuale
attesa di complicanze è maggiore di quella di una procedura di
ablazione considerata semplice. I dati riportati da Cappato17
di una survey mondiale indicano un’incidenza globale di
complicanze attorno al 6% in generale e di < 3% nei centri
specializzati. Le complicanze che si possono presentare durante
la procedura sono soprattutto tromboemboliche, perforazioni con
tamponamento, intrappolamento nell’apparato valvolare mitralico
dei cateteri multipolari utilizzati per il mappaggio, lesione
del nervo frenico, ischemia miocardia, lesioni vascolari al sito
di introduzione venosa dei cateteri. Dopo un adeguato training
specifico, finalizzato al pieno apprendimento della metodica, il
cateterismo transettale non sembra di per sé comportare un
rilevante incremento delle complicanze18. Le
complicanze che si possono verificare a distanza dalla procedura
possono essere la stenosi o occlusione delle vene polmonari e la
fistola atrio-esofagea, che sebbene molto gravi si manifestano
molto raramente. Queste complicanze devono comunque essere
tenute ben presenti anche a distanza di settimane e di mesi,
qualora si manifestino sintomi insoliti nei pazienti
precedentemente sottoposti ad ablazione di fibrillazione
atriale.
Indicazioni al trattamento
Come
precedentemente accennato, sono state recentemente emanate le
linee guida1 che comprendono le raccomandazioni sul
tipo di paziente da sottoporre a trattamento della fibrillazione
atriale mediante ablazione transcatetere. Queste prevedono una:
-Indicazione all’ablazione di classe I: nei pazienti non
anziani, con fibrillazione atriale parossistica/persistente,
frequentemente recidivanti, refrattaria alla terapia
farmacologica, non legata a causa transitoria o eliminabile e
responsabile di sintomi importanti;
-Indicazione all’ablazione di classe IIa: stesso tipo di
pazienti della classe I, ma con fibrillazione atriale cronica e
pazienti in cui la fibrillazione atriale porta ad un
deterioramento della funzione di pompa, nonostante adeguata
terapia;
-Indicazione all’ablazione di clase IIb: pazienti con
caratteristiche analoghe a quelli della classe I, ma anziani e
pazienti che scelgono questo tipo di trattamento, dopo essere
stati dei vantaggi e rischi dello stesso.
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