STENOSI AORTICA: COME VALUTARLA, COME TRATTARLA

 

Pio Caso, Angela Fusco, Rosalia Lo Piccolo

 M.Vanessa Betancourt  Cordido, Raffaele Calabrò

Diagnostica non Invasiva, , Dipartimento di Cardiologia, A O Monadi,

Cattedra di Cardiologia ,Dottorato di Ricerca

Seconda  Università di Napoli

 

    La stenosi valvolare aortica (SA) rappresenta un’ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro da ridotta apertura della valvola in sistole. La sua principale causa è il processo di degenerazione calcifica età correlata caratterizzato dalla progressiva apposizione di calcio dalla base delle cuspidi fino alla loro estremità1. Di recente sono stati acquisiti nuovi concetti sulla biopatologia della stenosi aortica umana che sottolineano il significato della malattia quale processo degenerativo - infiammatorio. Infatti, studi di immunoistochimica e ibridizzazione in situ hanno mostrato una associazione tra progressione della stenosi aortica ed espressione valvolare della tenascina – C (TN-C), glicoproteina della matrice extracellulare con un ruolo importante nel rimodellamento tissutale2. Essa è implicata nei processi di migrazione, proliferazione, calcificazione e apoptosi cellulare. L’espressione di tale glicoproteina dal lume alla media della valvola correla con la severità della malattia e con le caratteristiche individuali del processo stenosante2. Una futura prospettiva nella prevenzione della progressione della SA è l’utilizzo di anticorpi monoclonali diretti contro la TN –C. La calcificazione valvolare non è semplicemente da considerare un processo degenerativo associato all’età ma piuttosto il risultato di un processo infiammatorio cronico a carico della valvola. Da uno studio ecocardiografico di popolazione è emerso che il 25% dei soggetti di età > 65 anni presenta i segni di una sclerosi aortica senza ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro mentre il 2% è affetto da una franca stenosi, nella metà dei casi asintomatica3. Il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, l’obesità e l’abitudine al fumo sono attualmente considerati fattori di rischio per lo sviluppo di stenosi aortica. In particolare è stato evidenziato che l’ipercolesterolemia accelera la degenerazione calcifica aortica favorendo una rapida progressione della valvulopatia stenotica4 e che la terapia con statine può arrestare questo fenomeno. Altri fattori correlati ad una veloce evoluzione della malattia sono l’insufficienza renale cronica, il morbo di Paget e l’osteoporosi5.

     Il sovraccarico emodinamico di tipo pressorio  conduce ad un elevato stress parietale sistolico con conseguente sviluppo di ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro, in accordo con la legge di Laplace6. L’aumento dello spessore di parete del ventricolo sinistro normalizza il picco di tensione parietale sistolica conservando un normale rapporto massa/volume7.

       L’inadeguato ispessimento di parete conduce al cosiddetto “postcarico incompatibile” con riduzione degli indici di funzione sistolica globale quali frazione di eiezione e velocità di accorciamento delle fibre8-9. Oltre che dall’aumento del postcarico la riduzione della funzione contrattile ventricolare sinistra dipende da una vera depressione della contrattilità configurando un gruppo di pazienti in cui il trattamento chirurgico è meno efficace.

       Questi eventi sono la diretta conseguenza dello stesso adattamento al carico. L’ipertrofia ventricolare, pur rappresentando il meccanismo fondamentale di compenso, conduce ad una rigidità diastolica sfavorevole al riempimento ventricolare che, pertanto, si realizza con una necessaria pressione intracavitaria maggiore10. Accanto alla rigidità della camera cardiaca è possibile talora riconoscere anche una rigidità muscolare da alterazione delle proprietà diastoliche di ciascuna unità di miocardio. Infatti, nella SA è stato riportato un aumento del volume totale di collagene del miocardio e della rete di fibre ortogonali di collagene12. Altri cambiamenti riconosciuti nell’ultrastruttura del miocardio nella SA comprendono: nuclei insolitamente grandi, perdita di miofibrille, accumulo di mitocondri, aree estese di citoplasma prive di materiale contrattile e proliferazione di fibroblasti e fibre collagene nello spazio interstiziale12. La depressione della funzione miocardica può conseguire a queste modifiche morfologiche unitamente alla inadeguata ossigenazione del miocardio nelle stenosi gravi, pur in assenza di malattia coronarica13. Infatti, la massa muscolare sinistra ipertrofica, l’aumento della pressione sistolica ed il prolungamento dell’eiezione aumentano il consumo miocardico di ossigeno.

       Lo squilibrio tra apporto e richiesta di ossigeno per la compressione delle arterie coronariche e l’accorciamento della diastole contribuiscono al danno miocardico. Infine, la diminuzione della densità dei capillari miocardici quando aumenta la massa miocardica e l’incremento della pressione telediastolica del ventricolo sinistro, che riduce il gradiente pressorio di perfusione coronarica, determinano lo sviluppo di ischemia subendocardica in caso di tachicardia14.

        La stenosi valvolare aortica è una malattia lenta e progressiva, caratterizzata da un lungo periodo di asintomaticità, anche alcuni decenni, durante i quali l’ostacolo all’eiezione ventricolare sinistra è compensata dalla ipertrofia miocardica. Nella forma degenerativa calcifica la comparsa dei sintomi avviene in genere dopo la VI-VII decade di vita e coincide con un’area valvolare al di sotto di 0,8 – 1 cmq ed il venir meno dei meccanismi di compenso15.

     I sintomi dominanti sono l’angina pectoris e la sincope. Altri segni presenti tardivamente comprendono la fibrillazione atriale, l’ipertensione polmonare e l’ipertensione venosa sistemica. La morte improvvisa raramente apre il quadro clinico; essa, infatti, avviene frequentemente in pazienti già sintomatici16.  

     La comparsa dei sintomi coincide, in assenza di trattamento, con la riduzione della sopravvivenza a 5 anni in pazienti con angina, 3 anni in quelli con sincope e 2 anni in quelli con insufficienza cardiaca  17-18.

        La definizione di severità della stenosi aortica con metodica eco - Doppler è basata sul valore di velocità di flusso transvalvolare (V) con relativo gradiente calcolato mediante la formula semplificata di Bernoulli19:

 

                                              Gradiente di pressione = 4 x V2

 

 Inoltre, note le velocità all’efflusso ventricolare sinistro e transtenotica, noto il diametro e ricavata l’area del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (TESV), si ottiene l’area valvolare aortica (AVA) mediante l’equazione di continuità20:

 

                                        AVA = Area TESV x VTESV/ V Transtenotica

 

      La normale velocità di flusso transvalvolare al Doppler equivale ad 1m/s circa,  raggiunge i 2,5 – 2,9 m/s nella stenosi lieve, i 3 - 4 m/s nelle forme moderate e oltre i 4 m/s nella stenosi severa. Invece, sulla base di dati emodinamici e di storia naturale, si considera lieve una stenosi aortica con area valvolare >1,5 cmq, moderata con area compresa tra 1-1,5 cmq e severa con area < 1 cmq 21.

L’introduzione della metodica Doppler e le più ampie casistiche disponibili hanno dimostrato anche una progressione annua della velocità di flusso transvalvolare tra i 0,15 e  0,40 m/s con area valvolare che si riduce di 0,07- 0,14 cmq 22.

Altri indici di severità facilmente calcolabili sono i seguenti23:

1.  Doppler Velocity Index: calcolo del rapporto tra VTESV al Doppler pulsato e V Transtenotica al Doppler continuo. Un valore ≤ 0,2 identifica una stenosi aortica severa.

2.  Fractional Shortening/ Velocità Ratio (FSVR): rapporto tra frazione di accorciamento calcolata in M-mode e gradiente di picco al Doppler continuo. Una stenosi aortica severa è rappresentata da un FSVR ≤ 0,6.

3. Resistenza Valvolare Aortica (AVR): rappresenta l’entità dell’ostacolo all’eiezione ventricolare sinistra attraverso la valvola stenotica e correla inversamente all’area valvolare. L’AVR si esprime in dyne . sec. cm-5 e viene corretta per frequenza cardiaca (FC) e periodo di eiezione sistolica (sPE):

 

              AVR = (Gradiente medio x FC x sPE / gittata cardiaca) x 1.333

 

Un valore di AVR ≥ 300 dyne . sec. cm-5 identifica pazienti con stenosi aortica severa. Inoltre, l’AVR permetterebbe di distinguere tra SA critica e non critica nei casi di basso gradiente transvalvolare.

4. Percent Stroke Work Loss (PSWL): corrisponde alla percentuale di perdita di lavoro nell’eiezione. Il calcolo è dato dal rapporto tra gradiente pressorio medio e pressione sistolica ventricolare sinistra media (pressione sistolica omerale misurata con sfigmomanometro aggiunta al gradiente medio). Un PSWL ≥ 30% identifica una stenosi aortica severa.

      Oltre la severità dell’ostruzione occorre valutare lo stato funzionale del ventricolo sinistro. La storia naturale della malattia porterà, inevitabilmente, alla riduzione della funzione di pompa ventricolare con il prevalere della disfunzione contrattile miocardica sull’”after mismatch”.    Quando la SA è severa, in presenza di una normale portata cardiaca, il gradiente transvalvolare medio supera i 50 mmHg. Tuttavia, in caso di ventricolo sinistro disfunzionante, il gradiente pressorio perde di significato, in quanto flusso – dipendente. La disfunzione miocardica può essere primitiva (cardiopatia ischemica, cardiomiopatia, ecc.) e la stenosi aortica è relativamente critica (pseudostenosi) o essere secondaria alla stessa valvulopatia realmente severa. L’ecostress con dobutamina consente di differenziare queste due condizioni . Nel caso di una SA realmente severa, l’aumento della gittata cardiaca si associa ad un aumento del gradiente pressorio, senza modificazioni dell’area valvolare. Nella pseudostenosi, l’aumento di gittata si associa ad aumento dell’area valvolare in assenza di variazioni del gradiente 24-25.

Se non ci sono dubbi sull’indicazione all’intervento chirurgico in pazienti sintomatici, la decisione di intervenire nei pazienti asintomatici è fonte di discussione. Vedute recenti considerano la chirurgia in pazienti asintomatici con stenosi aortica severa nelle seguenti condizioni: risposta anomala all’esercizio (sviluppo dei sintomi, caduta pressorio o incremento inadeguato, intolleranza allo sforzo);  calcificazione da moderata a severa con velocità di picco>4 m/sec o progressione del picco di velocità >0.3 m/sec per anno; pazienti con disfunzione ventricolare sinistra (FE < 50%), sebbene questa eventualità è rara nei pazienti asintomatici26.  Si evince l’importanza dell’ecocardiografia che assume nei controlli seriati valore decisionale indiscusso.  La terapia medica va acquisendo un significato prognostico importante nel controllo dei fattori di rischio 27.

 

 

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