LA PREVENZIONE DELL’EMBOLIA POLMOnare
Giuseppe Bottiglieri, Marco Patella, Rodolfo Citro,
Luigi Petraglia, Giovanni Gregorio
U.O. UTIC-Cardiologia
Dipartimento Cardiovascolare ASL SA 3
Ospedale “S. Luca “Vallo della Lucania (SA)
L’Embolia polmonare (EP) è un
problema rilevante di sanità pubblica a livello internazionale,
con un’incidenza annuale stimata di oltre 100.000 casi in
Francia, di 65.000 casi in Inghilterra e di almeno 65.000 casi
tra i pz. ospedalizzati in Italia.
La diagnosi è spesso difficile
da formulare ed è frequentemente errata; a ciò si aggiunga che
la mortalità per EP non trattata si aggira attorno al 30%,
mentre può essere ridotta al 2-8% con terapia appropriata.
L’EP e la trombosi venosa
profonda (TVP), rappresentano due aspetti di un’unica patologia
che è il tromboembolismo venoso (TEV). Il TEV è causa frequente
di morbilità e mortalità dopo interventi chirurgici, traumi,
parto ed in svariate patologie internistiche(1,2). Nonostante
ciò, in molti casi non viene riconosciuto e di conseguenza
trattato, con successivo esito sfavorevole. L’EP rappresenta la
prima causa di “morte prevenibile “ nei pz ospedalizzati. La
prevalenza di EP al tavolo autoptico (circa il 12-15% pz
ospedalizzati), infatti, è rimasta immutata negli ultimi 30 anni
(2). Dal momento che , grazie alla medicina moderna, sta
aumentando la sopravvivenza dei soggetti con cancro, malattie
cardiache e respiratorie, il TEV potrebbe diventare un problema
clinico ancora più rilevante nei prossimi anni
Il razionale per la profilassi
del Tromboembolismo venoso (TEV) nei pz ricoverati è basato su
diverse considerazioni:
La natura silente
della patologia: nella maggior parte dei pz che decedono di EP,
il decesso avviene nei primi 30 minuti dall’insorgere dei
sintomi, troppo presto perché possa essere formulata la diagnosi
ed instaurata una terapia efficace
L’elevata
incidenza di TEV nei pz ricoverati (in assenza di profilassi
l’incidenza di TVP è del 2-20% e quella di EP fatale tra 0.1 e
5%.
La sottostima
delle conseguenza di una TVP asintomatica: oltre all’EP fatale,
la TPV non riconosciuta e non trattata può determinare una
morbilità a lungo termine derivante dall’ipertensione polmonare
cronica, dalla sindrome post-trombotica e da recidive di EP.
La disponibilità
di metodiche di profilassi, sia farmacologiche che fisiche, in
grado di ridurre l’incidenza di TEV del 50-70%
La consapevolezza
che lo screening della TVP asintomatica e la sua terapia sia una
pratica costosa, poco sensibile e svantaggiosa dal punto di
vista costo/efficacia rispetto alla profilassi di routine
Il rischio di TEV di un pz
ospedalizzato non dipende solo dalla patologia o dall’intervento
chirurgico programmato che hanno determinato l’ospedalizzazione,
ma anche da variabili preesistenti e paziente-specifiche che
aumentano il rischio nella popolazione generale. Una profilassi
efficace non può prescindere dalla conoscenza dei “fattori
di rischio” specifici del singolo paziente.
Si distinguono dei fattori di
rischio congeniti e fattori di rischio acquisiti.
Fattori di rischio congeniti :
“Stati Trombofilici ereditari”
•
Deficit di
Antitrombina III, di Proteina C e Proteina S
•
Resistenza alla
Proteina C attivata (mutazione fattore V di Leiden)
•
Deficit di
cofattore eparinico II
•
Sindrome da
anticorpi antifosfolipidi (APA/LAC) ed anticardiolipina
•
Iperomocisteinemia
Fattori di rischio acquisiti
•
Età>40,
Obesità, Fumo
•
Gravidanza,
Post-partum, Contraccettivi orali
•
Diabete mellito,
Collagenopatie
•
Varici arti
inferiori, Pregressa TVP
•
Fratture o traumi
arti inferiori, anca, pelvi
•
Immobilizzazione
prolungata
•
Neoplasie
(polmonari, gastrointestinali,
pancreatiche, genitourinarie,) Presenza di cateteri venosi.
•
Malattie
mieloproliferative
(Policitemia vera, Trombocitemia essenziale)
•
Chirurgia
(ortopedica, ginecologica,
urologica, generale)
La coesistenza di più fattori di
rischio determina un incremento cumulativo del rischio di TEV.
Non tutti i fattori di rischio evidenziati hanno lo stesso peso:
alcune condizioni sono associata un più elevato rischio di TEV
(storia di pregresso TEV, neoplasia attuale o evolutiva,
paralisi degli arti inferiori, condizione trombofilica,
chirurgia maggiore e ortopedica).
La stratificazione del rischio
di TEV deve tener conto anche del rischio emorragico connesso
all’eventuale utilizzo di farmaci anticoagulanti, in particolar
modo nei pz chirugici.
Classificazione dei Livelli
di Rischio
La stratificazione del Rischio
(3) , consente di classificare i pazienti in base alla
probabilità di sviluppare un evento tromboembolico venoso in :
Rischio
basso < 5%
Rischio
moderato 5.20%
Rischio
elevato 20-40%
Rischio molto
elevato >40%
Numerosi studi hanno valutato
l’incidenza di TEV nei pz. ospedalizzati non sottoposti a
profilassi tromboembolica, in rapporto al tipo di intervento,
alla patologia di base ed alla predisposizione individuale,
permettendo una stratificazione abbastanza precisa del rischio
di TEV.
Classificazione dei Livelli
di Rischio
nei pazienti ricoverati per
chirurgia 
Classificazione dei Livelli
di Rischio nei pazienti ricoverati per Problemi Medici

Classificazione dei Livelli
di Rischio nei pazienti ricoverati per Chirurgia Ortopedica

La Profilassi del TEV può essere
attuata con mezzi farmacologici e mezzi fisici.
Mezzi Fisici
•
Calze elastiche
(CE)
•
Compressione
pneumatica intermittente (CPI)
•
Filtro cavale
Mezzi Farmacologici
•
Eparina non
frazionata (ENF)
•
Eparina a basso
peso molecolare (EBPM)
•
Fondaparinux
(Pentasaccaride,inibitore fatt X attivato)
•
Anticoagulanti
orali (Warfarin, Ximelagatran)
La profilassi con mezzi fisici
(CE, CPI) può essere adottata da sola quando non sia possibile
la somministrazione di farmaci anticoagulanti per il timore di
complicazioni emorragiche, ma più frequentemente viene usata in
associazione ad agenti farmacologici. La prevenzione meccanica
suscita particolare interesse in settori ad alto rischio
emorragico, quali la neurochirurgia e nei pz politraumatizzati
(4,5,6,7).
L’applicazione delle calze
elastiche è limitata da una ridotta compliance dei pz. In alcuni
soggetti il loro uso è limitato per problemi di taglia o di
costituzione fisica, altre volte il loro uso è da evitare nei pz
affetti da arteriopatia obliterante con ridotte pressioni
periferiche.
In chirurgia ortopedica alcuni
studi di confronto tra CPI e ENF hanno rilevato una pari
efficacia delle due metodiche nella prevenzione del TEV
L’utilizzo di filtri cavali è da
riservare a pz con:
•
TVP e/o EP e
controindicazione TAO,
•
necessità di
sospendere TAO,
•
inefficacia TAO
(recidiva o estensione TVP)
•
altissimo rischio
con precedenti di TVP/EP e minima riserva polmonare
La profilassi farmacologica
del TEV prevede l’impiego di ENF, EBPM e di anticoagulanti orali
Eparina non frazionata
Numerosi studi hanno dimostrato
l’efficacia della profilassi con ENF. Gli schemi ad oggi
utilizzati prevedono la somministrazione di dosi fisse o di
dosi cosiddette “aggiustate”. Lo schema a dosi fisse prevede la
somministrazione di 5000UI due o tre volte al di senza
monitoraggio dell’APTT. La profilassi a dosi aggiustate prevede
il controllo dell’APTT che viene mantenuto tra 1,5 e 2 In
chirurgia generale la profilassi con ENF ha portato ad una
riduzione dell’incidenza di TEV dal 25% al 8% rispetto al
placebo.
Due metanalisi hanno mostrato
un’efficacia analoga tra ENF e EBPM (8.9) nella prevenzione del
TEV (8.9). La profilassi con ENF non è stata adeguatamente
valutata in neurochirurgia e nella chirurgia oculare ove si
associa ad un elevato rischio emorragico.
Eparina a basso peso molecolare
In studi condotti su pz
sottoposti a chirurgia ortopedica, le EBPM hanno mostrato
un’efficacia superiore rispetto all’ENF (9,10)
In uno studio condotto con
Enoxaparina (10) su 1102 pz ricoverati in reparti internistici,
la profilassi con 4000UI/die di Enoxaparina, riduce l’incidenza
di complicanze tromboemboliche e sembra in grado di migliorare
la loro sopravvivenza a lungo termine.
Le EBPM presentano dei
potenziali vantaggi rispetto all’ENF:
•
Ottima
biodisponibilità dopo somministrazione s.c.
•
Maggiore durata di
azione e persistenza dell’effetto anticoagulante
•
Prevedibile
risposta anticoagulante
•
Minor rischio di
piastrinopenia
•
Minor rischio
emorragico
•
Assenza di
necessità di controlli di laboratorio
•
Trattamento
domiciliare possibile
•
Assenza di
passaggio trans-placentare.
Anticoagulanti orali
Gli anticoagulanti orali
(Warfarin, Fondaparinux, Ximelagatran) vengono utilizzati nella
prevenzione del TEV prevalentemente negli Stati Uniti.
Il livello di anticoagulazione
target per l’utilizzo di Warfarin, varia in base al tipo di
intervento e quindi al grado di rischio di TEV connesso.
Una possibilità è quella di
raggiungere l’anticoagulazione terapeutica (INR 2) già al
momento dell’intervento e l’altra invece è quella di
posticiparla al post-operatorio. Questa seconda strategia può
essere perseguita utilizzando nel periodo pre-operatorio
“minidosi di Warfarin,(1-2,5mg/die), monitorando l’INR(target
1,5-2)e in fase post-operatoria mantenere l’INR tra 2-3.
Questo schema articolato è stato
sperimentato in interventi di artroprotesi(11,12). La
problematica nasce dal sospetto che l’anticoagulazione
terapeutica in fase pre-op esponga ad un rischio emorragico
maggiore, per cui viene riservata a condizioni associate a
rischio tromboembolico molto elevato. In chirurgia ortopedica
,la somministrazione di Warfarin “minidose” ha mostrato una
minore efficacia rispetto alle EBPM nel prevenire eventi
tromboembolici(3,6 vs 3,8), ma anche un lieve minor rischio
emorragico(0,6 vs 1,2).
Come in chirurgia generale,
anche nella chirurgia ortopedica, accanto ad una maggiore
efficacia nella prevenzione di TEV, l’EBPM ha però mostrato una
minore sicurezza in termini di complicazioni emorragiche
rispetto agli anticoagulanti orali.(13,14).
Studi condotti con Fondaparinux
(pentasaccaride capostipite di una nuova classe di
anticoagulanti che agisce neutralizzando il fattore Xa della
cascata coagulativa), e con lo Ximelagatran (derivato degli
antagonisti della vitamina K) hanno evidenziato una
sovrapponibile efficacia con le EBPM nella chirurgia ortopedica.
(16).
Questi nuovi anticoagulanti
sembrano fornire alcuni vantaggi rispetto al Warfarin, in
quanto, producendo una risposta anticoagulante prevedibile non
necessitano del monitoraggio della coagulazione. La mancanza di
antidoti nel caso di sovradosaggio e effetti collaterali
pericolosi, rappresenta al momento un inconveniente .
Su tali farmaci sono in corso
ulteriori studi di confronto con le EBPM ed il warfarin,
riguardo l’efficacia e la sicurezza nella profilassi del TEV.
Aspirina
Non ci sono evidenze in merito
all’efficacia dell’aspirina quale presidio profilattico del TEV.
Le più recenti Linee Guida di
profilassi antitrombotica sono state elaborate dall’American
College of Chest Physicians nel 2004 nell’ambito del “Seventh
ACCP Conference on Antithrombotic and Thrombolytic Therapy
2004”.(17).La novità sostanziale in queste nuove linee guida, è
l’approccio pragmatico, semplice, nella valutazione del rischio
tromboembolico e nella prescrizione del tipo di terapia
attuabile nel paziente, in rapporto al tipo di intervento o alla
patologia in atto.
Linee Guida 2004
American College of Chest Physicians
The Seventh ACCP
Conference on Antithrombotic and Thrombolytic Therapy 2004
Profilassi in
Chirurgia Generale
•
Calze elastiche se
rischio basso oppure elevato rischio emorragico
•
Basse dosi ENF:
5000 U bid rischio moderato
5000 U tid rischio elevato
•
EBPM: < 3400 U
die rischio moderato
> 3400 U die rischio elevato
•
Profilassi
prolungata (4 sett) se pz oncologici
Profilassi
in Chirurgia Ortopedica
•
Protesi elettiva
di anca: EBPM (regime N-A
o Eu)
Warfarin INR
2,5
Fondaparinux
2,5 mg 6h post-op
•
Protesi del
ginocchio: CPI, EBPM,
Warfarin INR 2,5
•
Frattura del
femore : EBPM, Warfarin
INR target 2,5
Profilassi in Neurochirurgia
•
Compressione
pneumatica intermittente
•
Calze elastiche
•
Calze
elastiche + EBPM post-op
Profilassi in Medicina
•
Infarto
miocardico: EBPM o ENF
•
Ictus : CPI o
CE (no anticoagulazione)
EBPM
•
Pz internistici:
EBPM o ENF
•
Pz oncologici:
EBPM o ENF
Warfarin (se portatori di
CVC)
•
Terapia
intensiva: CPI o CE (no
anticoagulazione) e/o EBPM
Altro punto importante nelle
nuove linee guida dell’ACCP, è la valutazione del paziente
oncologico, considerato soggetto ad altissimo rischio. Nel pz
oncologico il rischio di TEV ha molteplici concause tra le quali
l’attivazione coagulativa dovuta alla neoplasia, l’eventuale
chemioterapia, la sede anatomica, la presenza di cateteri venosi
centrali, la prolungata immobilizzazione. In questi pz il
trattamento profilattico del TEV deve essere
aggressivo e prolungato.(18)
Problemi aperti nella profilassi
del TEV
Problemi ad oggi ancora
irrisolti riguardano la “durata ottimale” della profilassi del
TEV, il “momento ottimale dell’inizio” ed il “minimo dosaggio
efficace”.
Alcuni studi sono stati condotti
in pz sottoposti a chirurgia ortopedica, eseguendo una
flebografia a tre settimane dalla dimissione (19,20) e valutando
l’incidenza di TEV tra pz ancora trattati e non trattati.
Da questi studi si possono
ricavare due messaggi: il primo relativo all’efficacia
profilattica dell’EBPM ed il secondo relativo alla durata
ottimale della profilassi: infatti l’interruzione della terapia
alla dimissione, quindi circa dopo una settimana
dall’intervento, risulta gravata da un’alta incidenza di eventi
tromboembolici.
In merito al secondo problema,
di quale sia il momento ideale per l’inizio della profilassi
del TEV in ambito chirurgico, lo studio di Strebel et al ,(21)
ha valutato diversi regimi di profilassi: somministrazione del
farmaco nel pre-operatorio, durante l’intervento e nel periodo
post-operatorio.
I risultati dimostrano che il
regime perioperatorio, a fronte di una lieve migliore protezione
antitrombotica, espone il paziente ad un rischio emorragico
maggiore, mentre non esistono sostanziali differenze in termini
di protezione dal rischio tromboembolico tra regime
pre-operatorio e regime post-operatorio.
La Profilassi Come e Quando
Tipo di
Chirurgia |
Momento
inizio |
Ripresa
profilassi |
Durata
ottimale |
Generale |
EBPM<
3400U 2-3h prima intervento
EBPM
>3400U 10-12 h prima intervento
Warfarin
5 mg sera precedente intervento |
12 h dopo
intervento
12 h dopo
intervento
Subito
dopo intervento
(INR
target 2-3) |
7 gg o
fino alla dimissione |
Ortopedica
Protesi
d’anca/ginocchio
Frattura
prossimale femore |
EBPM 12 h
prima intervento
Warfarin
5 mg sera precedente intervento o subito dopo
Preop se
ritardato.
Appena
ottenuta l’emostasi
se
urgenza |
12-24 h
dopo intervento dose piena, oppure 4-6 h dopo intervento
dose dimezzata (INR target 2-3) |
7-10 gg
fino a 5 settimane in pz alto rischio |
Urologica |
CE CPI
intraoperatoria
EBPM dopo
intervento in pz ad alto rischio |
|
Non nota |
Ginecologica |
CE Pre-op
ENF o
EBPM |
|
Non nota |
Neurochirurgica |
CE o CPI
intraoperatoria
EBPM
dopo l’intervento |
Non prima
di 24 h dall’intervento |
Non nota |
Una
considerazione finale sull’importanza della profilassi del TEV,
va posta anche in termini di spesa sanitaria: la profilassi del
TEV in tutti i pazienti ospedalizzati è fortemente supportata ad
un’analisi costo/efficacia, in quanto permette una riduzione
complessiva dei costi (23).
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