L'IMPORTANZA DEL LAVORO DI EQUIPE IN PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE

Carmine Riccio
Unità Operativa di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva
Dipartimento di Cardiologia Azienda Ospedaliera San Sebastiano di Caserta

INTRODUZIONE
"Considerare la prevenzione una pratica clinica quotidiana" è uno degli obiettivi da perseguire per ottenere la riduzione della mortalità e morbilità per malattie cardiovascolari.
La scarsa incisività degli interventi di prevenzione secondaria è documentata dai dati dello studio Euroaspire condotto in 10 Paesi europei su pazienti dopo un infarto miocardico, che ha evidenziato l'alta percentuale di persistenza dei fattori di rischio a distanza di mesi dall'evento coronarico (Tab. 1).

Tabella 1
Persistenza dei fattori di rischio dopo un evento coronarico
Euroaspire
I
1995 - 96
II
1999-2000
Fumo
19%
21%
Sovrappeso (BMI>25)
78%
81%
Obesità (BMI>30)
25%
33%
Ipertensione
55%
50%
Ipercolesterolemia
67%
59%


D'altra parte dai dati dello stesso studio si evince che in Italia solo il 17% dei pz dopo un IMA viene avviato ad un programma strutturato di prevenzione secondaria, quale la riabilitazione cardiologica, i cui risultati in termini di mortalità, morbilità e miglioramento della qualità della vita sono ormai consolidati. La frequenza delle riospedalizzazioni, la spaventosa crescita epidemiologica dello SCC sono ulteriori spie di una errata strategia di prevenzione secondaria.

Le cause di questi deludenti risultati sono molteplici:
- una discordanza tra la rilevanza prevista per la prevenzione cardiovascolare dai piani sanitari nazionali e regionali e la esiguità delle risorse ad essa realmente destinata;
- le barriere culturali e la conseguente difficoltà ad incidere sugli stili di vita;
- la scarsità di incentivi per il personale addetto alla prevenzione ed il mancato riconoscimento tariffario delle attivita di counseling;
- l'assenza di collegamenti tra Ospedale e territorio.

Si avverte, inoltre, la mancanza di un approccio multidisciplinare a una patologia complessa, multifattoriale, quale quella cardiovascolare, dove solo un lavoro di equipe che impegni più operatori sanitari e in particolar modo il cardiologo, l'infermiere professionale, il terapista della riabilitazione, il dietista e lo psicologo può ottenere risultati positivi.
Infatti per ottimizzare gli interventi di prevenzione secondaria è necessario organizzare un percorso omnicomprensivo, realizzato su misura per il singolo paziente, che si avvii nella fase immediatamente post-acuta della malattia e che preveda:
- Una attenta stratificazione prognostica al fine di identificare i pazienti a maggior rischio;
- L'ottimizzazione della terapia per utilizzare i farmaci raccomandati alle massime dosi tollerate
- La correzione dei fattori di rischio per evitare o rallentare la progressione della malattia;
- Un' azione diretta sulla funzione endoteliale, utilizzando anche strategie non farmacologiche come il training fisico;
- Un intervento sul profilo psicologico del paziente, strutturato o meno a seconda della gravità.

Nell'ambito delle varie competenze, un ruolo di primaria importanza è quello svolto, o meglio, quello che potrebbe essere svolto, dalle figure professionali di area nursing.
Lo studio Carinex Surveyha analizzato quali siano le figure professionali più frequentemente coinvolte nei programmi di prevenzione secondaria all'interno di strutture di cardiologia riabilitativa (Tab. 2). Nel corso della loro pratica quotidiana, gli IP, i Tdr, i Tecinici di cardiologia, possono entrare in contatto con un numero elevato di persone e divenire promotori di "messaggi di salute". Gli infermieri che operano in ospedale, poi, assistendo i pazienti durante tutta la degenza, dall'ingresso alla dimissione, contribuiscono fattivamente ai programmi di prevenzione costituendo un anello fondamentale della continuità assistenziale.

IL RUOLO NURSING NELLA PREVENZIONE
L'infermiere professionale può intervenire in tutte le strategie di prevenzione codificate già nel 1982 dall'OMS e riportate nel testo delle linee guida 1999, e cioè:
1. strategia di popolazione, in altre parole modificare lo stile di vita e i fattori ambientali responsabili dell'elevata incidenza delle patologie cardiovascolari nella popolazione generale';
2. strategia sui pazienti ad alto rischio;
3. strategia di prevenzione secondaria

Tabella 2

Figure Professionali Fase IntensivaEuropa Fase IntensivaItalia Fase EstensivaEuropa Fase EstensivaItalia
Terapisti della Riabilitazione (Tdr) 91,6 73,9 67,3 61,5
Infermieri (IP) 86,9 100 47,5 84,6
Dietisti 81,3 69,6 27,5 38,5
Assistenti Sociali 58,6 30,4 16,3 23,1
Terap. Occup. 33,1 13,0 7,8 7,7



In ciascuna di esse l'infermiere svolge un ruolo determinante, che può diversificarsi in un ruolo puramente tecnico, un ruolo di counseling e in un ruolo di supporto psicologico.

-Il ruolo tecnico
L'infermiere collabora con il medico per l'esecuzione di indagini strumentali che consentono di definire il profilo di rischio di ciascun paziente.
La stratificazione del rischio è uno dei momenti centrali di ogni strategia di prevenzione. L'esiguità delle risorse rende infatti indispensabile concentrare gli interventi laddove il rapporto costo-beneficio è maggiore. In prevenzione primaria è sufficiente conoscere i fattori di rischio per definire il profilo di ciascun soggetto. A tal fine, il modello più utilizzato è certamente il diagramma del rischio elaborato sui dati dello "storico" studio di Framingham. Oggi le carte del rischio europee con il calcolo Score e la recentissima carta del rischio italiana elaborata dall'ISS consentono di identificare con maggiore precisione i pazienti italiani ad alto rischio. In prevenzione secondaria la carta elaborata sui dati del Gissi prevenzione costituisce il modello di riferimento.
Personale infermieristico e tecnico, opportunamente preparato, in piena autonomia, potrebbe applicare i modelli delle carte del rischio in base ai dati clinici e laboratoristici di ogni paziente.

"L'educatore alla salute"
Il counseling, strumento di educazione alla salute, può essere definito come "un intervento volontario e consapevole del personale socio-sanitario nei processi decisionali del paziente per il raggiungimento di un obiettivo condiviso di miglioramento dello stato di salute". Il counseling, nato come modalità di aiuto psicologico sviluppata a partire dagli anni '30, da Rollo May e Carl Rogers, definisce una consulenza (cioè uno o più colloqui individuali approfonditi) condotta da un professionista che è attento alla relazione, e ha un approccio non direttivo. L'influenza dell'approccio non direttivo ha successivamente portato molte figure professionali che operano in ambito sanitario e sociale e che possono instaurare relazioni personali significative con i propri utenti/pazienti a sviluppare una pratica professionale meno prescrittiva, più attenta all'ascolto e alla relazione, e più rispettosa delle esigenze dell'utente/paziente, pur senza praticare il counseling psicologico propriamente detto. E' necessario dunque distinguere fra counseling come pratica terapeutica (competenza psicologica) e capacità di counseling, richiesta a ogni operatore impegnato in attività in ambito sanitario e sociale.
Secondo l'approccio centrato sul paziente il modo migliore di venire in aiuto a una persona che si trova in difficoltà non è dirle cosa fare ma aiutarla a comprendere la sua situazione attuale e a gestire il problema, prendendo da sola la responsabilità di eventuali scelte. L'aiuto consiste proprio nel rendere possibile una riattivazione e riorganizzazione delle sue energie (cognitive, emotive, strategiche) partendo dal presupposto che in ogni persona ci sono delle potenzialità che gli permettono di sfruttare l'aiuto ricevuto e di farlo diventare una propria risorsa.
Lo scopo dunque è quello di aiutare la persona a mobilitare le proprie risorse personali nell'affrontare il problema che viene portato all'interno della relazione di counseling.

Gli obiettivi generali del counseling sono:
- Fornire supporto nei momenti di crisi
- Aiutare il paziente a reperire informazioni sulla malattia, ad assimilarle e ad agire conformemente
- Incoraggiare il paziente al cambiamento, se necessario, dello stile di vita
- Sviluppare nel paziente l'autodeterminazione e la facoltà di operare scelte autonome
- Aiutare il paziente ad anticipare, prevenire o impedire l'instaurarsi di situazioni altamente critiche

L'avvio di un percorso di counseling dipende dalla qualità della relazione (empatia, capacità di ascolto, presenza, attenzione, assunzione di responsabilità, patto terapeutico, coerenza), dalla qualità della comunicazione, dal numero di contatti con l'utente nel tempo e dall'applicazione di un intervento strutturato di counseling. Il counseling infermieristico in prevenzione, attraverso l'instaurarsi di una relazione di aiuto, dovrebbe aiutare il paziente a smettere di fumare, alla gestione del comportamento alimentare (lipidi, zuccheri, sovrappeso-obesità), alla gestione della terapia farmacologica, ad aderire alle prescrizioni terapeutiche, ad effettuare attività fisica, al ritorno al lavoro, alla ripresa dell'attività sessuale.

Al fine di raggiungere gli obiettivi elencati riguardo ai suddetti contenuti è necessario che l'infermiere acquisisca :

a) conoscenze delle cognizioni, degli atteggiamenti e dei comportamenti che influenzano la percezione della salute e ne costituiscono la rappresentazione mentale (idee, conoscenze, convinzioni, dati di esperienza diretta o indiretta, aspettative, bilanci valutativi tra vantaggi e svantaggi, giudizio sui risultati)
b) competenze comunicative

All'interno del counseling infermieristico in prevenzione acquista particolare rilevanza l'aspetto motivazionale, che si pone l'obiettivo di valutare quanto il paziente si sente pronto a cambiare, quanto si ritiene in grado di poter cambiare e quanto forte sente la spinta al cambiamento. Il colloquio di motivazione è un approccio che ha lo scopo di aiutare gli utenti a costruire il coinvolgimento terapeutico necessario e a raggiungere la decisione di cambiare; aiuta le persone a riconoscere i loro problemi attuali o potenziali legati alla persistenza di un comportamento disadattivo e a mettere in atto le strategie necessarie per modificare questo comportamento. Conoscere i principi di base del colloquio motivazionale è importante anche solo per indirizzare le persone sulla via del cambiamento, o per preparare il terreno per un intervento specialistico.
L'analisi della letteratura riguardo alla efficacia degli interventi educazionali pone in evidenza la difficoltà di estrapolare che cosa esattamente sia efficace, poiché gli studi sono eterogenei dal punto di vista metodologico, contenutistico, e soprattutto non identificano le figure professionali coinvolte in modo chiaro.

In conclusione, il counseling infermieristico necessita di formazione su:
- teorie sui comportamenti rilevanti per la salute che evidenziano il ruolo delle variabili cognitive dalla rappresentazione mentale della malattia alla attuazione di comportamenti.
- abilità comunicative come strumento per facilitare la relazione di aiuto e per comprendere le rappresentazioni mentali di malattia del paziente.

Educare alla salute significa anche fornire una corretta informazione sulle terapie somministrate. I tarmaci da assumere per la cura delle malattie cardiovascolari sono in genere prescritti per lunghi periodi o, in alcuni casi, per tutta la vita, e la loro efficacia dipende dal grado di adesione dei pazienti. Spesso il personale tecnico ed infermieristico è il primo ad essere consultato dai pazienti circa le terapie da assumere e sugli eventuali effetti collaterali lamentati. È evidente che un'informazione inadeguata sugli scopi della terapia, sulle sue modalità di assunzione, sugli effetti collaterali da essa determinati porta frequentemente alla sospensione della terapia, con conseguenze immaginabili. Il processo di educazione del paziente alle terapie deve prevedere l'informazione su:
- gli scopi delle terapie intraprese;
- la durata prevista della terapia;
- la necessità di controlli periodici sia clinici che di laboratorio (ad esempio l'emostasi per i pazienti in terapia anticoagulante);
- la possibilità di interferenze farmacologiche, suggerendo di prendere contatto con il medico in caso di necessità di assunzione di altri tarmaci (ad esempio antibiotici, antipiretici o altro);
- la pericolosità di variazioni spontanee della dose;
- la necessità di assumere il farmaco agli orari prescritti;
- i più frequenti effetti collaterali indotti dal farmaco, chiarendo il loro significato, l'assoluta innocuità di alcuni di essi e la potenziale pericolosità di altri che richiedono la necessità di contattare rapidamente il medico curante;
- il maggior rischio di malattie cardiovascolari nelle donne che assumono terapie anticoncezionali orali, soprattutto quando sono presenti altri fattori di rischio, come fumo e ipertensione.

Allo stesso modo, è fondamentale informare il paziente sui vari esami diagnostici a cui dovrà sottoporsi, sulle relative tecniche di esecuzione, sulla durata e il rischio ad essi connesso, su eventuali misure di preparazione, quali ad esempio il digiuno, l'esecuzione di indagini preliminari ecc.
Educando il paziente all'autocontrollo del peso, della pressione arteriosa, del glucosio nel sangue lo si prepara ad affrontare con maggior consapevolezza la propria malattia e gli si conferisce anche un certo grado di responsabile autonomia. In particolare l'autogestione è fondamentale nella gestione del paziente affetto da scompenso cardiaco cronico. Per questi pazienti il personale tecnico ed infermieristico, adeguatamente formato, nell'ambito di protocolli condivisi potrebbe svolgere una attività prevalentemente ambulatoriale di supporto alla figura professionale del medico, sia esso di Famiglia, che Ospedaliero che Extraospedaliero, finalizzata a
· rendere il Pz autonomo nella cura di sé stesso;
· mantenere la stabilità emodinamica ottenuta;
· riconoscere precocemente eventuali segni e/o sintomi di instabilità al fine di:
- ridurre le reospedalizzazioni
- migliorare la qualità della vita
- ridurre la spesa complessiva per SCC


Il supporto psicologico
Le malattie cardiovascolari determinano spesso una serie di reazioni e comportamenti che condizionano la ripresa psicologica del paziente. Ansietà e depressione, irritabilità e aggressività che portano alla negazione della malattia, o, al contrario, a sentirsi "inutile", "di peso", ormai invalido, dipendente dal medico, dai farmaci e dai familiari, provocano gravi conflitti inferiori e difficoltà nel reinserimento familiare e sociale.
Spesso l'ambiente familiare tende ad assumere atteggiamenti iperprotettivi, con proibizioni "a prescindere", operando una serie di restrizioni inutili, che contribuiscono a creare ulteriori sensazioni di invalidità.
Queste reazioni emotive abnormi spesso prescindono dalla gravita della malattia, ma vanno piuttosto ricondotte a un'inadeguata informazione del paziente e della sua famiglia da parte del personale sanitario. Il controllo delle reazioni emotive va intrapreso sin dalle fasi iniziali del ricovero, soprattutto nei reparti di terapia intensiva: in un momento della malattia in cui scariche catecolaminiche possono essere fatali, accogliere bene il paziente, creando un'atmosfera distesa, rassicurandolo sull'andamento della malattia, su un decorso generalmente favorevole, sulla possibilità di riprendere una normale vita lavorativa e sociale, costituiscono interventi di prevenzione di straordinaria efficacia.

I LUOGHI DELLA PREVENZIONE
L'Ospedale costituisce il luogo privilegiato per la prevenzione secondaria, quanto meno nelle prime fasi dell'intervento. Ma i risultati ottenuti durante il ricovero andrebbero rapidamente persi se non adeguatamente sostenuti nel lungo termine con un progetto di follow up concordato con il paziente.
Non tutti gli ospedali sono organizzati per il follow-up sistematico dei pazienti, che è elemento essenziale per mantenere i cambiamenti dei fattori di rischio. Lo sviluppo di ambulatori specialistici, sia ospedalieri che di medicina di base, può risolvere queste lacune, costituendo un trait d'union tra l'ospedale e il territorio, creando, tra l'altro, un collegamento tra lo specialista e il medico di base. Questi ambulatori consentirebbero inoltre la messa a punto di programmi di prevenzione che possono essere monitorati e controllati in forma strutturata. I risultati degli studi in tale ambito indicano che gli ambulatori specialistici migliorano significativamente la prevenzione secondaria e riducono i ricoveri ospedalieri. Il loro obiettivo dovrebbe essere quello di fornire un consiglio esperto guidato dai dati evidence based e di facilitare il follow-up regolare dei pazienti. Il personale di base di un ambulatorio specialistico ospedaliero dovrebbe prevedere la presenza di un cardiologo e un infermiere professionale qualificato, con una formazione specifica in cardiologia e in prevenzione cardiovascolare.
Personale infermieristico con queste caratteristiche potrebbe coordinare in autonomia, nell'ambito di protocolli standardizzati, gli ambulatori sul territorio, collegati a banche dati dei pazienti e con canali di comunicazione privilegiata sia con i medici di base sia con gli ambulatori ospedalieri. Il soggetto che afferisce agli ambulatori territoriali, che dopo un'accurata anamnesi e un adeguato screening sui fattori di rischio rivela un profilo di rischio elevato, dovrebbe essere segnalato al relativo medico di base o invitato a recarsi presso ambulatori ospedalieri.

GLI STRUMENTI DELLA PREVENZIONE
II rapporto personale con il paziente rappresenta sempre lo strumento migliore per una strategia di prevenzione, soprattutto nelle prime fasi, quando va costruito un rapporto di stima, fiducia e collaborazione.
In molti studi - e anche nella nostra esperienza - si sono rivelate molto utili le riunioni organizzate con i pazienti e con i loro familiari. L'infermiere professionale, in accordo con il cardiologo, potrebbe costituire il punto di riferimento organizzativo, coinvolgendo, in base all'argomento trattato, altre figure professionali, come il dietista, lo psicologo, il fisiatra, il medico del lavoro. Con tale sistema si riesce a raggiungere un maggior numero di persone e al tempo stesso si coinvolgono i familiari, la cui collaborazione, come già detto in precedenza, è fondamentale. Queste riunioni possono essere organizzate anche in prevenzione primaria, soprattutto in grandi centri di aggregazione sociale.
Una volta stabilito il rapporto con i pazienti, si potranno utilizzare sistemi di rinforzo dei messaggi di prevenzione, utilizzando i tradizionali mezzi di comunicazione come il telefono, il fax, la posta. In un futuro non molto lontano prenderà sempre più spazio l'uso della posta elettronica e del teleconsulto le cui ampie potenzialità consentiranno di implementare i controlli a distanza.
Questi contatti tra infermieri e pazienti forniscono un'importante misura di sorveglianza, istruzione e supporto, con la possibilità anche per i medici generici di interagire con il sistema e di informarsi circa lo stato di salute dei propri assistiti. L'uso di sistemi informatizzati di elaborazione dati e l'applicazione di algoritmi standardizzati conferisce all'infermiere una certa autonomia decisionale e contribuisce alla standardizzazione delle cure e alla valutazione dei risultati, con una verifica di qualità del prodotto. Tutto ciò presuppone una conoscenza di base dei sistemi informatici e dei più importanti programmi di archivio e di gestione dei dati, non frequente nella pratica infermieristica odierna.
L'organizzazione di campagne di prevenzione sul territorio vede sicuramente coinvolti in prima linea gli infermieri professionali, sia nel ruolo tecnico, sia in quello di educatore alla salute. L'auspicio è che la riorganizzazione del sistema sanitario in chiave preventiva renda sempre meno necessario periodiche campagne di sensibilizzazione al problema prevenzione.

DATI IN LETTERATURA
Ancora oggi in letteratura vi sono pochi lavori sul ruolo dell'infermiere professionale nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. In alcune esperienze di intervento sui fattori di rischio si è verifìcato un miglior rapporto costo-effìcacia nell'intervento mediato dagli infermieri, rispetto ai programmi che prevedevano l'intervento dei medici. L'intervento sul fumo eseguito dagli infermieri mediante la consegna di opuscoli informativi ha evidenziato il miglior costo-efficacia rispetto a tutti gli altri interventi di cura e prevenzione della cardiopatia ischemica. Ciò è dovuto ai salari più bassi degli infermieri e a una maggiore efficacia di alcuni sistemi che prevedono rinforzi telefonici e postali effettuati dagli infermieri, piuttosto che le visite personali del medico.
Nei pochi studi condotti sui risultati dell'intervento degli infermieri nella prevenzione si è osservata una considerevole capacità di facilitare il controllo a lungo termine di ipertensione, diabete, astensione dal fumo e terapia farmacologica ipolipemizzante. In particolare, in uno studio effettuato in pazienti ricoverati per un infarto del miocardio, con il controllo sistematico della dieta ottimale e dell'assunzione delle terapie suggerite, si è constatata una riduzione fino a 107 mg/dl del colesterolo LDL, che è vicino al valore stabilito (100 mg/dl), per la regressione di lesioni aterosclerotiche e una riduzione di eventi clinici. In uno studio più recente di Allen et al, un programma di intervento affidato a personale infermieristico ha consentito di ridurre del 65% vs il 35% i valori di colesterolemia in un gruppo di pazienti reduci da un bypass aortocoronarico. Questo intervento ha determinato inoltre un incremento dell'attività fisica ed una più corretta alimentazione.
In un gruppo di pazienti affetti da ipercolesterolemia di tipo II, alcuni dei quali con precedenti ischemici documentati, Blair et al. hanno documentato una riduzione dell'ipercolesterolemia dal 19 al 25%, a seconda se i pazienti venivano trattati con la sola dieta o con l'aggiunta di terapie. Il programma era gestito da un infermiere professionale sotto la supervisione di un cardiologo, nell'ambito di un protocollo standardizzato.
Nel 1990 Taylor et al., della Stanford University, hanno pubblicato i risultati di un intervento eseguito dagli infermieri professionali, mirato all'astensione dal fumo in un gruppo di 173 pazienti reduci da un IMA. I pazienti randomizzati al gruppo trattati ricevevano informazioni specifiche sui rischi connessi al fumo sin dalla fase di ricovero e successivamente venivano eseguiti dei rinforzi telefonici delle informazioni ricevute. Agli altri venivano fomite le abituali generiche informazioni sulla necessità di abolire il fumo. Nel gruppo trattati si è osservata una riduzione del 29% di fumatori rispetto al gruppo controllo.
Nel 1978 Schnaper aveva riportato i dati di un intervento effettuato da personale infermieristico in pazienti affetti da ipertensione arteriosa. L'intervento si era dimostrato efficace in oltre 1'85% dei casi.
Nel trial Coach di recente pubblicato sono stati anlizzati i risultati di uno studio condotto da dietisti ai fini della riduzione dei valori di colesterolo, del miglioramento del profilo di rischio globale e della qualità di vita. L'intervento basato su raccomandazioni precise all'atto della dimisione e successivi rinforzi telefonici e per posta elettronica ha consentito di ridurre significativamente i valori di colesterolo e di migliorare il profilo di rischio e la qualità di vita rispetto al gruppo affidato all'usual care.
Pochi dati sono disponibili in letteratura circa il possibile ruolo autonomo dei terapisti della riabilitazione in prevenzione. La recente diffusione della cardiologia riabilitativa ha fatto sì che figure professionali finora dedicate ad attività di recupero neurologico o ortopedico siano oggi inserite con un ruolo di primo piano nell'equipe di cardiologia riabilitativa. Sebbene sia fondamentale che tutto il personale che si interessa di prevenzione abbia ben chiaro l'importanza dell'esercizio fisico, risulta evidente che i Tdr siano i primi attori di questo momento di prevenzione: D'altra parte la peculiarità dell'intervento riabilitativo nel cardiopatico rende indispensabile che i terapisti siano adeguatamente formati in cardiologia e completamente dedicati alla RC. Completamente diversa, infatti, è la tipologia dei pazienti, le eventuali emergenze da saper riconoscere e le prime misure di soccorso da saper praticare, per poter permettere che personale normalmente dedicato ad interventi riabilitativi di altro genere, sia occasionalmente destinato alla RC. Risulta ovvio che i Tdr oltre all'erogazione dell'esercizio fisico devono acquisire le nozioni della prevenzione e partecipare al processo di counseling con i pazienti.

RIFERIMENTI NORMATIVI
A riconoscere ufficialmente il ruolo dell'infermiere professionale nella prevenzione ha contribuito il decreto ministeriale n. 739 del 14 settembre 1994 che gli attribuisce specifiche competenze:
"L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l'assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria".
Il nuovo profilo definisce alcuni principi fondamentali:
o l'assistenza infermieristica è un campo specifico di intervento nell'ambito dell'assistenza sanitaria;
o la prevenzione, l'assistenza e l'educazione sanitaria sono funzioni proprie dell'infermiere, da svolgere in stretta collaborazione con il medico e con altri operatori;
o l'infermiere è un professionista con specifici campi di intervento, autonomia e responsabilità professionale;
o è necessario prevedere dei corsi di formazione e aggiornamento professionale per fornire agli infermieri professionali specifiche competenze.
Inoltre il codice deontologico afferma che l'infermiere promuove la salute del singolo e della collettività, operando contemporaneamente per la prevenzione, la cura e la riabilitazione

LA FORMAZIONE DEGLI INFERMIERI PROFESSIONALI IN CAMPO PREVENTIVO
Al di là delle esperienze descritte, spesso dovute all'interesse dei singoli, si riscontra una scarsa preparazione specifica degli infermieri professionali nel campo della prevenzione: i programmi di formazione sono carenti e, d'altra parte, non vi sono ancora riconoscimenti in termini di rimborsi e incentivi per coloro che seguono corsi di addestramento specifici da seguire dopo il diploma. Le stesse associazioni infermieristiche non hanno ancora definito regole e linee-guida per l'intervento sui fattori di rischio da parte degli infermieri. Alcune società scientifiche, tra cui l'ANMCO, hanno cercato di colmare queste lacune, organizzando corsi di aggiornamento allo scopo di formare competenze specifiche in campo preventivo in grado di fornire un "prodotto" adeguato alle esigenze del paziente.
Per espletare a pieno titolo un ruolo efficace nel campo della prevenzione, l'infermiere professionale deve:
- acquisire conoscenze e competenze specifiche nel campo della prevenzione delle malattie cardiovascolari, dall'epidemiologia ai risultati dei grandi trial di intervento;
- sviluppare capacità di comunicazione, attitudine al colloquio con i pazienti e i loro familiari, sensibilità nel trovare le parole giuste per informare sulle cause della malattia, il suo decorso, le terapie intraprese, adeguandosi al livello culturale del paziente, imparare ad ascoltare i pazienti e le loro richieste: molto spesso è più efficace far parlare piuttosto che parlare;
- avere dimestichezza con l'uso del computer, in particolare con sistemi informatizzati di archivio, gestione ed elaborazione dati.

CONCLUSIONI
La realtà è ancora lontana da quella auspicabile. Il personale infermieristico è concentrato sul trattamento della condizione acuta del paziente, non sulla riabilitazione o sul trattamento dei fattori di rischio. Pochi infermieri si sono sottoposti a un training formale sulla prevenzione, dalle basi scientifiche ai risultati dei trial clinici. I corsi di aggiornamento per gli infermieri sono per lo più dedicati al trattamento delle patologie acute, con scarsa attenzione ai problemi della prevenzione. D'altra parte non esiste un riconoscimento formale per gli addetti alla prevenzione per cui, anche partecipando a questi corsi di aggiornamento, non vi sono aspettative di lavoro che diano loro la possibilità di implementare la propria preparazione in una situazione pratica.
L'istruzione, quindi, non risolve da sola il problema della distribuzione inadeguata dei servizi di prevenzione nella pratica ospedaliera e territoriale.
È necessario che le energie destinate alla prevenzione non restino affidate unicamente a iniziative volontarie di pochi, ma siano riconosciute come servizio effettuato, con la stessa dignità e gli stessi riconoscimenti di quelli destinati alla cura dell'acuzie. Bisogna invertire la tendenza che vuole concentrare le risorse sulla cura, lasciando in secondo piano la prevenzione, compiendo in questo modo un errore di prospettiva che si lascia alle spalle un esercito di pazienti cronici, con un enorme costo per la collettività.
"Nonostante sia ormai evidente l'efficacia della prevenzione, la percentuale di pazienti ad alto rischio cardiovascolare che riceve un adeguato trattamento è bassa in misura allarmante". Questa affermazione, tratta dalla XXVII Conferenza di Bethesda, suona come un appello agli operatori sanitari e a tutti coloro che hanno un ruolo nella Sanità a dedicare maggiori risorse, sia economiche sia umane, alla prevenzione delle malattie cardiovascolari.


APPENDICE
Schemi di intervento sui principali fattori di rischio

Legenda:
+++: Fattori di rischio per i quali è stato dimostrato che gli interventi riducono il rischio di malattie cardiovascolari.
++: Fattori di rischio per i quali gli interventi probabilmente riducono il rischio di malattie cardiovascolari.

FUMO
Razionale
Si associa a un aumento della prevalenza di ateromi
Evidenza
+++
Obiettivo
Cessazione completa
Ruolo dell'IP
- Incoraggiare con decisione il paziente e la famiglia a smettere di fumare
- Fornire consigli, sostitutivi della nicotina e programmi formali di interruzione

ATTIVITÀ FISICA
Razionale
Influisce favorevolmente sull'assetto lipidico, sull'adiposità, sulla PA, sulla tolleranza glucidica e sulla capacità cardiovascolare e polmonare. Persone abituate a un esercizio ginnico, pari a un consumo di 2-3000 kcal/settimana, hanno 2-3 volte meno eventi coronarici di chi ha un consumo minore
Evidenza
++
Obiettivo
30 minuti da tre a quattro volte la settimana
Ruolo dell'IP
- Incoraggiare una regolare attività fisica, suggerendo di eseguire un test da sforzo per indirizzare la prescrizione
- Consigliare attività aerobiche (passeggiate, jogging, bicicletta) integrate da un aumento delle attività tipiche dello stile di vita quotidiano, ad esempio passeggiate, giardinaggio, lavori casalinghi, utilizzo di scale
- Dopo un evento acuto suggerire di partecipare a programmi di riabilitazione cardiologica

IPERCOLESTEROLEMIA
Razionale
La riduzione dei livelli di colesterolo sierico si associa con un minor rischio di eventi coronarici
Evidenza
+++
Obiettivo
Prevenzione primaria:
LDL< 130 mg/dl
Prevenzione secondaria:
LDL<100
Ruolo dell'IP
- Informarsi regolarmente sulle abitudini dietetiche
- Suggerire una dieta a basso contenuto di grassi
- Insistere sul controllo del peso e sull'incremento dell'attività fisica
- Nei pazienti con valori elevati, valutare la presenza di altri fattori di rischio e invitarli a un controllo con il medico curante
- Raccomandare l'assunzione delle terapie consigliate

IPERTENSIONE
Razionale
Si associa a un rischio più elevato di infarto del miocardio, accidenti cerebrovascolari
Evidenza
+++
Obiettivo
PA< 130/90
Ruolo dell'IP
- Misurare la PA in ogni adulto almeno ogni due anni
- Promuovere modifiche dello stile di vita: controllo del peso, attività fisica, ridurre l'introito di alcol e la quantità di sale negli alimenti
- Educare il paziente all'automisurazione della PA
- Ai pazienti già in terapia antipertensiva raccomandare l'importanza dell'assunzione costante del farmaco e informare su eventuali effetti collaterali.

DIABETE
Razionale
Nei diabetici la mortalità cardiovascolare rappresenta l'80% della mortalità totale e il rischio cardiovascolare è aumentato da due a cinque volte rispetto ai soggetti non diabetici
Evidenza
++
Obiettivo
HbA1c < 7%
Ruolo dell'IP
- Educare il paziente all'automisurazione della glicemia e nei casi di diabete di tipo I all'autosomministrazione di insulina
- Informare sui sintomi e segni premonitori di crisi ipo- o iperglicemiche e sulle misure da intraprendere
- Raccomandare l'astensione dal fumo
- Suggerire una dieta povera di grassi saturi, ma ricca di carboidrati complessi e fibre
- Incentivare l'attività fisica nella vita quotidiana

Ringraziamenti: a Emilia Cocco, Marinella Sommaruga, Paola Vaghi, Ornella Zanni, Vincenzo de Chiro.

LETTURE CONSIGLIATE

1. Prevention of Coronary heart disease in clinical practice. Eur Heart J 1998,19, 1434-1503.
2. Linee Guida nazionali ed Internazionali sulla Prevenzione della cardiopatia ischemica. II Conferenza Nazionale sulla Prevenzione della Cardiopatia Ischemica. 1999, Centro Scientifico Editore: Torino.
3. Scandinavian Simvastatin Survival Study Group. Randomized trial of cholesterol lowering in 4444 patients with coronary heart disease: thè Scandinavian Simvastatin Survival Study (4S). Lancet 1994,344 (8934), 1383-1389
4. Ross R. Thè pathogenesis of atherosclerosis: a perspective for thè 1990's. Nature 1993,362, 801-809
5. National Cholesterol Education Program. Second report of expert Panel on Detection, Evaluation and treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel II) . JAMA 1993, 269, 3015-3023.
6. National Cholesterol Education Program. Third report of the expert panel on detection, evaluation, and treatment of high blood cholesterol in adults (Adult Treatment Panel III). Circulation 2002,17/24,3145-3421
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