RISONANZA MAGNETICA E CARDIOPATIA ISCHEMICA

Massimo Lombardi
Laboratorio Risonanza Magnetica, Istituto di Fisiologia Clinica del C.N.R. - Pisa

Le tecnologie non invasive per l'imaging cardiologico hanno sostanzialmente cambiato lo scenario della difficile battaglia che la cardiologia moderna sta combattendo nei confronti delle cardiopatie e di quella ischemica in particolare. La disponibilità di apparecchiature per l'Ecocardiografia e di Medicina Nucleare sempre più efficienti e con una qualità delle immagini inimmaginabile solo pochi anni fa ha reso spesso possibile passare dalla semplice ipotesi alla una certezza diagnostica. Più recentemente un'altra metodica altrettanto promettente sta abbandonando i Laboratori di ricerca per affacciarsi sull'arena diagnostica: la Risonanza Magnetica per Immagini (MRI).
La MRI è oramai diventata la metodica di riferimento più raffinata per indagini funzionali del cuore godendo di una variabilità intra- inter-osservatore molto bassa (3-5%) con una qualità delle immagini costantemente elevata. Gli studi a disposizione ne sottolineano l'accuratezza diagnostica e soprattutto la ridottissima dipendenza dall'operatore anche in virtù della possibilità di un post-processing raffinato facilitato dalla natura digitalica delle immagini. Un discorso analogo si può fare per lo studio della vitalità miocardica con mezzo di contrasto e della pefusione miocardica con tecnica del primo passaggio che hanno raggiunto l'obiettivo ideale di mettere in evidenza la presenza rispettivamente di tessuto necrotico e di ischemia inducibile a distribuzione subendocardica.
Tutti gli studi concordano nel ritenere la MRI come metodica alternativa alle tecniche di medicina nucleare in questi compiti diagnostici. Mentre sono in corso studi multicentrici internazionali atti a validare la metodica su popolazioni numericamente significative, è opinione diffusa che sia per lo studio della vitalità che per la valutazione della per fusione la MRI rappresenti un nuovo strumento diagnostico capace di aggiungersi a quelli attualemtne in uso.
Più difficile appare invece lo studio dell'anatomia coronarica e dei by-pass che richiede una tecnologia attualmente disponibile in pochi centri altamente specializzati e necessita ancora di una maturazione tecnologica, che peraltro appare realizzabile in breve tempo. Va comunque sottolineato che la MRI rimane l'unica tecnica non invasiva capace di misurare il flusso e la riserva coronarica su tutti i tre vasi principali, ed un discorso analogo si può fare per i by-pass.
Conclusioni: da un punto di vista tecnologico la MRI appare oramai matura per l'uso sistematico nella cardiopatia ischemica. I residui problemi da risolvere rimangono l'accessibilità ridotta alle apparecchiature, la mancanza di una conoscenza diffusa sul territorio per l'utilizzo degli scanners in tal senso, e l'approccio gestionale del cardiologo clinico ancora desueto all'utilizzo di tale metodica.


La RMN cardiovascolare visualizza:
1. la necrosi miocardica
2. il miocardio ischemico
3. il miocardio vitale
4. la perfusione miocardica
5. tutte le precedenti X

La RMN ha il vantaggio di:
1. una bassa variabilità intraosservatore
2. una bassa variabilità interosservatore
3. le due precedenti X
4. una bassa accuratezza diagnostica
5. un basso valore predittivo negativo