LA RIDUZIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE: INTERVENTI UTILI, INUTILI, SUPERFLUI.

Vincenzo Capuano, Teodora D'Arminio, Giuseppe La Sala, Giuseppe Vecchio, Giuseppe Di Maso, Giuseppe Di Mauro, Domenico Caristo, Sergio Torre, Matteo Sonderegger.

Unità Operativa di Cardiologia ed UTIC - Ospedale "G. Fucito" Mercato San Severino (SA)


E' indubbio che il medico, ed in particolare il cardiologo, debba avere tra i suoi obiettivi quello di contribuire alla riduzione del rischio cardiovascolare.
Il fine della prevenzione cardiovascolare è quello di ridurre la morbosità e la mortalità delle malattie cardiovascolari, migliorando sia la qualità della vita sia la speranza di vita stessa.
Quando si parla di riduzione di rischio siamo abituati a pensare al paziente, più raramente ad una popolazione di soggetti.
Il cardiologo clinico esplica la sua attività quasi esclusivamente per l'urgenza e troppo spesso è costretto a demandare ad altri il compito della prevenzione cardiovascolare.
In questo articolo si vuole, invece, ricordare come sia indispensabile un approccio più globale al paziente e quali siano le possibilità di intervento, non solo farmacologiche, per poter ridurre il rischio cardiovascolare nel singolo paziente e nella comunità.

Azione globale di Prevenzione delle Malattie CardioVascolari (PMCV)
Un'azione globale per la PMCV comprende tre componenti:
La strategia di popolazione, la strategia dell'alto rischio, la prevenzione secondaria.
La strategia di popolazione, mira a modificare positivamente gli stili di vita ed i fattori di rischio ambientali nella popolazione. Questo dovrebbe essere un compito primario non solo del cardiologo, ma anche del medico di medicina generale che può attivare il proprio laboratorio come centro di informazione ed educazione sanitaria. La stessa funzione , con concordanza di materiali e contenuti, va svolta dagli ambulatori cardiologici, dove il ruolo di mediazione qualificata può essere svolto non solo dagli specialisti, ma anche e peculiarmente dal personale infermieristico.
In particolare a queste tre figure spetta il compito di divulgare i principi di uno stile di vita corretto, ma lungo il cammino andrebbero coinvolte numerose fugure professionali: psicologi, sociologi, mondo del volontariato, mondo della scuola, mondo dello sport.
Va ricordato, inoltre, l'importanza, per le strategie di popolazione di indagini epidemiologiche locali, al fine di ottimizzare gli interventi di popolazione.
La strategia dell'alto rischio va indirizzata ai soggetti con alto rischio cardiovascolare globale, che non hanno ancora sofferto di eventi clinici. Tra le varie possibilità di intervento ci pare opportuno sottolineare l'importanza di dedicare del tempo al rischio cardiovascolare dei parenti dei pazienti ricoverati nelle nostre UTIC.
La prevenzione secondaria va rivolta a quei pazienti, che hanno già una forma clinica di malattia cardiovascolare aterosclerotica e nei quali è fondamentale ridurre i fattori di rischio ed adottare le misure farmacologiche profilattiche indicate.
E' chiaro che anche la strategia dell'alto rischio e la prevenzione secondaria devono diventare un patrimonio culturale condiviso tra medici di medicina generale e cardiologi, che dovrebbe utilizzare precisi percorsi diagnostico-terapeutici, dove trovi sempre più spazio anche il ruolo dell'infermiere.
Nella strategia dell'alto rischio e negli interventi di prevenzione secondaria, oltre allo stile di vita, riveste particolare importanza l'uso appropriato dei farmaci.
Nell'individuazione dei soggetti da trattare si sta facendo sempre più strada il concetto di rischio globale e non la valutazione isolata dei singoli fattori di rischio.
Se analizziamo le tabelle in uso per il calcolo del rischio cardiovascolare si evince che oggi, nonostante si affaccino sulla scena numerosi altri fattori di rischio, quelli usati per stratificare i pazienti sono ancora i fattori di rischio classici (in particolare: colesterolo, fumo di sigaretta, diabete, ipertensione arteriosa) e alla riduzione di questi fattori è legata la nostra possibilità di intervento.

Trattamento non farmacologico
L'adozione di alcune misure igienico-dietetiche sullo stile di vita dovrebbero sempre essere consigliate ed accompagnare il trattamento farmacologico quando necessario.
In particolare si raccomanda:
- abolizione del fumo
- raggiungimento del peso ideale: riduzione dell'introito calorico e dei grassi in una dieta equilibrata
- attività fisica regolare
- dieta ricca di frutta, verdura, legumi e povera di sale
- riduzione del consumo di alcool (2-3 bicchieri di vino per gli uomini, 1-2 bicchieri per le donne)

Analizziamo, ora, brevemente alcuni concetti che dovrebbero guidarci nell'uso dei farmaci utili nel ridurre i singoli fattori di rischio.

Ipercolesterolemia
La maggior parte delle linee guida, basate sui numerosi trial clinici, consigliano la riduzione del colesterolo-LDL al di sotto di 100 mg/dl nelle successive categorie di pazienti:
- soggetti che abbiano già sviluppato una patologia cardiovascolare (coronarica, cerebrovascolare, periferica)
- pazienti con rischio di contrarre eventi cardiovascolari superiore al 20 % / 10 anni
- pazienti diabetici.
Negli ultimi mesi alcuni studi sembrano dimostrare che una riduzione più marcata della colesterolemia LDL possa portare ulteriori vantaggi ed è verosimile che nel prossimo futuro l'obiettivo possa diventare quello di ridurre i valori LDL al di sotto degli 80 mg/dl.
Nella scelta del farmaco ipolipidemizzante è opportuno che il medico tenga presente i costi delle molecole a parità di effetto.

Diabete
Per la prevenzione delle complicanze macrovascolari nei pazienti diabetici recenti studi hanno dimostrato come ancor più utile del controllo della glicemia sia il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare concomitanti.
Gli obiettivi sono:
- glicemia a digiuno < 126 mg/dl
- Hb glicosilata < 7%
- Colesterolo LDL < 100 mg/dl
- Trigliceridi < 150 mg/dl
- P.A. < 130/80 mm Hg usando gli ACE-inibitori come agenti di prima scelta, in particolar modo in soggetti con valori di proteinuria e/o albuminuria al di sopra della norma.
La cessazione dell'abitudine al fumo è ovviamente di capitale importanza ai fini preventivi.

Ipertensione arteriosa
All'ipertensione arteriosa è dedicato un articolo specifico per cui ci limitiamo a ricordare l'importanza di considerare nel paziente iperteso non solo i livelli pressori, ma anche:
- fattori di rischio che concorrono alla stratificazione del rischio
- danno d'organo dell'ipertensione
- condizioni cliniche associate
- i costi della terapia a parità di efficacia
I valori in mm Hg consentono di classificare i soggetti nelle seguenti categorie di P.A.:

  PAS PAD
1. Ottimale <120 <80
2. Normale <130 <85
3. Ai limiti della norma 130 - 139 85 - 89
4. Ipertensione lieve (grado 1) 140 - 59 90 - 99
5. Ipertensione moderata (grado 2) 160 - 179 100 - 109
6. Ipertensione severa (grado 3) >180 >110
7. Ipertensione sistolica isolata >140 <90


Altre terapie farmacologiche
Vengono di seguito analizzate alcune categorie di farmaci che si sono dimostrati utili anche in assenza delle condizioni specifiche per cui sono stati introdotti sul mercato.

ACE-inibitori
Gli ACE-inibitori hanno dimostrato di ridurre la mortalità per tutte le cause ed il rischio di scompenso non solo in pazienti dopo infarto miocardio o con disfunzione ventricolare sinistra, ma anche in pazienti con rischio cardiovascolare alto in assenza di disfunzione ventricolare sinistra o scompenso.

Betabloccanti
Dovrebbero essere somministrati a tutti i pazienti dopo IMA e che non abbiano controindicazioni specifiche.

Antiaggreganti

L'uso dell' aspirina è indiscusso in prevenzione secondaria e si è dimostrato utile anche i prevenzione primaria nei pazienti a più alto rischio cardiovascolare, mentre nei soggetti a basso rischio gli effetti collaterali ne sconsigliano l'uso.
In alcune categorie di pazienti la somministrazione di un doppio antiaggregante ha mostrato di ridurre ulteriormente il rischio cardiovascolare, in modo particolare:
- nei soggetti dopo angioplastica (aspirina associata a clopidogrel o ticlopidina)
nei soggetti dimessi per sindrome coronaria acuta senza ST sopraslivellato (clopidogrel e verosimilmente ticlopidina).

Il ruolo dell'infermiere
Prima di concludere sottolineiamo ancora una volta l'importanza di coinvolgere gli infermieri nelle campagne di prevenzione e nella divulgazione dei principi di un corretto stile di vita, sia perché possono amplificare enormemente l'azione del medico sia perché sono proprio loro a stare per più tempo a contatto con i pazienti.